la biddina
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                                                             Storia di una fantomatica biddina

                                                                                                          
                                                               
                                                                                                          Biddrina avvistata in contrada "Lavatore" (disegno di Gloria Falci)
               

Buttaci Giovanni da Campofranco fu una  creatura eccezionale. Nato nel 1749, al momento della nascita presentava una completa dentatura e il suo corpo era ricoperto da pelurie; e a 5 anni di età era alto e robusto come un giovane di 20.
Di voracità insaziabile e dotato di forza erculea, ancora bambino, come ci fa fede lo storico Giovanni Evangelista Di Blasi nella sua "Storia di Sicilia", sfidava alla lotta uomini maturi e li batteva. Invitato dal principe Antonio Lucchesi, si recò a Palermo, dove diede spettacolo della sua forza strabiliante.
E' ignoto l'anno e il luogo della sua morte.

 

Ci raccontavano i nonni, per intimorirci e farci stare buoni, che in contrada Lavatore, a circa un chilometro dal Paese, esisteva un mostro chiamato "Biddina": mostro terribile, enorme, con una testa simile ad una grancassa ed un corpo misterioso! Si aggirava tra gli alberi e le canne, mangiava uomini ed animali, e beveva l'acqua sulfurea della sorgente che lo rendeva forte ed invulnerabile. Era stato avvistato parecchie volte, solo di notte, per via degli occhi che sembravano due fari. 
                                                                      
                                                        


In un analogo racconto nei paesi limitrofi la biddina era rappresentato come un serpente gigante di sei metri con una mole tale da poter inghiottire in un solo boccone un agnello o addirittura un piccolo di uomo. Lo sentivano dire sempre ai nonni, quando descrivevano certi luoghi interdetti e aggiungevano: "la vipera può raggiungere sette cavalli in corsa e morderli uno alla volta". Era un modo per incutere timore e limitare così l'accesso ad aree ricche di fauna venatoria.
In altri luoghi era rappresentata come una donna particolarmente cattiva, e quindi da temere.

Anche a  Campobello di Licata, tra i miti e leggende è da ricordare" La Biddina" (dall’arabo grosso serpente d’acqua), che nella fantasia popolare diventava un mostro ferocissimo dagli occhi rossi e che divorava con la sua enorme bocca capretti e agnelli. Si diceva che una Biddina sarebbe stata stata uccisa a Cammuto dove esiste scolpita in una fontana la sua figura e la data dell’evento. Un’altra nella contrada Cosciu  negli anni 60: erano presenti all’evento i Carabinieri. Una contessina  ordinò che il rettile fosse bruciato. Sempre nel Salso negli anni 50 erano stati uccisi altri due esemplari da alcuni pastori nella vallata sotto il monte Saraceno.

Che la Biddina fosse il giovane Buttaci di Campofranco o il grosso serpente dei paesi vicini, questa era la
                                                       BIDDINA di MONTEDORO:

                                                              
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