I MEDICI OMEOPATICI
      MIGNECO E PAPPALARDO
         
in occasione del cholera del 1865

                                                                                

                          MIGNECO E CESARE CAICO
                                    
16 luglio 2007
                                                                                     Federico Messana

Negli anni intorno al 1850 in tutta Europa scoppia una tremenda epidemia di colera, veramente funesta in Sicilia ed in modo particolare nei paesi del "Vallone"; alcuni paesi come Montedoro, in provincia di Caltanissetta, rischiano di restare decimate dal morbo che non da tregua, soprattutto nei primi mesi del 1865. E mentre infuriano le polemiche sui metodi curativi del flagello, Cesare Caico, un ricco signore proprietario di miniere di zolfo, cerca di correre ai ripari invitando in paese il medico omeopatico Giuseppe Migneco di Augusta che aveva sperimentato un metodo curativo che sembrava dare buoni effetti. I due entrano subito in sintonia, ed il Caico uomo d'azione, (che vantava meriti come avere ospitato il ministro Zanardelli per convincerlo a fare passare la ferrovia vicino al paese, per avere mandato il gonfalone del paese a Firenze in occasione del sesto centenario della nascita di Dante, di avere esposto a Vienna nel 1873 i prodotti della sua terra, di avere ottenuto un brevetto per un nuovo tipo di fucile, piuttosto che avere ospitato il romanziere Dumas Padre ed avere offerto il pranzo all'equipaggio della squadra navale italiana approdata a Palermo), offre i suoi aiuti non solo materiali al Migneco, ma si adopera col consiglio comunale, in data 27 luglio 1867, a diffondere con un "Appello ai cento comuni e popoli d'Italia, per la nuova alleanza di salute" il nuovo metodo curativo, che stava dando buoni risultati, chiedendo contribuzioni in denaro per lo sviluppo e la produzione dei nuovi farmaci. E dimostra i risultati del metodo curativo del "Genio enciclopedico" dottor Migneco a Montedoro, "dove tra 287 ammalati di sua cura, solo 16 ha perduto sinoggi, mentre la totalità dei morti, trattati con altri metodi, ascende a 117". Lo stesso Caico apre la sottoscrizione con ben 6375 lire, invitando i suoi concittadini a partecipare all'appello.
Ha inizio un lungo sodalizio tra la famiglia Caico ed il Migneco, i magazzini dei Caico diventano una succursale dei prodotti del Migneco, comincia la distribuzione dei miracolosi prodotti, nonostante l'ostracismo ed i malumori che si erano coagulati contro la figura dell'insigne medico. Tanti in paese gli sono riconoscenti per i suoi meriti: Michele Pappalardo lo difende contro Politini Vecchio, e Vincenzo De Castro lo associa negli elogi che dispensa a piene mani verso Cesare Caico, per i salutari soccorsi prestati in quella generale moria e che giovarono grandemente ad alleviare i gravissimi danni. Il 9 giugno del 1869 il consiglio comunale conferisce al Migneco un diploma ed una medgaglia, con l'avallo da Firenze del Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell'Interno.
Affettuose sono le lettere che si scambiano il Caico ed il Migneco, spesso in giro per l'Italia. Pure Giulia, sorella del Caico e Lucia, moglie del Migneco, si scambiano visite e lettere tra Montedoro e Catania, anche dopo la morte di quest'ultimo, avvenuta nel 1884.
Così Letizia, nipote di Cesare Caico, scrive da Catania al padre nel 1924: "Sono stata a comperare delle bottigline d'olio Migneco, e la signora Lucia mi ha regalato un ritratto di Migneco, e me ne ha fatto vedere un altro, che forse non conosci: meraviglioso".
Fino agli anni cinquanta era facile trovare presso un negozio-bazar del paese o nelle case dei privati i prodotti del dottor Migneco, a rimedio di un qualche malanno. Segno che i metodi curativi dell'insigne omeopata, a distanza di tanti anni, avevano lasciato il segno oltre che nel fisico dei pazienti anche nell'immaginario della popolazione.


                       



                              
CHE FINE HA FATTO MICHELE PAPPALARDO?
         
      
La fine di Michele Pappalardo é ignota, poiché sembra essere sparito nel nulla: un giallo che non ha mai trovato soluzione, un mistero che dura da ben 150 anni.
   Accompagnato in carrozza da Montedoro alla stazione di Serradifalco (CL), diretto a Roma, di lui si persero le tracce per sempre. I parenti dicono che avesse con sé una boccettina del famoso rimedio Migneco o qualche nuovo prodotto di sua invenzione contro il colera, e che andasse a Roma per un eventuale deposito di brevetto. Correva l'anno 1870, e fresche erano le polemiche e gli odi contro il Migneco da parte di Politini Vecchio, nipote del Politini Trayna, curato con successo dal Migneco, come descritto in seguito. 
     Pappalardo aveva difeso strenuamente il suo "maestro" Migneco, con un libello di alcune pagine, e quindi si era reso inviso agli occhi dei tanti medici o stregoni che osteggiavano le nuove cure omeopatiche, o vedevano nel Pappalardo un pericoloso concorrente.
     L'unica notizia degna di qualche rilievo é che, dopo alcuni giorni dalla sua scomparsa, in casa del Pappalardo si presentarono due personaggi incappucciati minacciando una brutta fine dei familiari se avessero insistito nelle loro ricerche!       
 

 
                              MONTEDORO   27 LUGLIO 1867
                              Appello ai cento Comuni d'Italia

        
 
(formato powerpoint)

Curioso ed interessante documento inviato a tutti i Sindaci dei comuni Italiani a favore del metodo inventato dal medico omeopatico Giuseppe Migneco per debellare il "Cholera" che infestava l'intera Europa e la Sicilia in particolare. Fautore convinto Cesare Caico che ospitava i famosi rimedi del Migneco nei suoi magazzini di Montedoro. Migneco, per l'epoca, fu come il "Di Bella" dei nostri tempi: rimase inascoltato e subì parecchi processi intentati dai suoi detrattori, medici invidiosi coi quali era venuto in contrasto. 

                                                                                                                                                       

                                                       CHI  ERA  PAPPALARDO

                                                      

 Michele Pappalardo era un medico omeopatico di Montedoro, che lavorava in sintonia con lo stesso Migneco. Anzi era il farmacista che preparava i rimedi prescritti dal famoso medico. E si distinse in varie occasioni sia per le cure prestate ai malati, sia per la strenua difesa in favore del Migneco accusato di praticare "arte diabolica" .  I libri del Migneco vennero dati alle fiamme e fu costretto a scappare per evitare la galera.
I fatti.
Nell'aprile del 1868 in Palagonia il dottor Giuseppe Politini Trayna, "scenziato e medico di meritata fama"  veniva colpito da grave malattia, e si fece assistere dal nipote Giuseppe Politini Vecchio, che coabitava con lo zio ed aspirava alla sua eredità. Il giorno 17 delo stesso mese, Migneco riceve un dispaccio urgente col quale viene invitato a correre al capezzale del morente Trayna di cui era molto amico. Migneco s'accorse che il paziente si trovava "nell'ultimo periodo di tifo addominale", vicino alla morte. Il medico-nipote indispettito disse che suo zio era stato colpito da "cistite grave, era stato curato con semicupii, sanguisugio e noce vomica, che era sopravvenuta una febbre intermittente ed era stato fatto uso di chinino; quindi era stato colpito da pulmonite gravissima". Migneco fece osservare cistite, febbre e pulmonite non erano che forme di manifestazioni differenti di una sola malattia: il tifo. Politini Vecchio, sconcertato, abbandonò malato e medico, e se ne tornò a dormire. Migneco, cedendo alle istanze degli amici, praticò la sua cura e nel giro di dieci giorni, vedendo un netto miglioramento di salute, se ne tornò a casa. E sarebbe guarito se Politini Vecchio non avesse convinto lo zio ad abbandonare la cura del Migneco, somministrando "valerianato di chinino e arsenico a dosi non omeopatiche". Il Trayna morì tra le braccia del Migneco, corso per l'ultimo addio.
Politini Vecchio scrisse un libello contro il Migneco chiamandolo "Piccolo Cagliostro", diffamandolo pubblicamente.
Michele Pappalardo scrisse allora le pagine che seguono in difesa dell'amico Migneco. 

               
                                                                  
                                                      (formato powerpoint)

 
 
  

   Scoperta (in casa della farmacista Gigina Morreale) una boccettina del famoso olio  Migneco     
                                   
Nella foto si legge chiaramente G.M. (Giuseppe Migneco)     

                                                                                                     


         
                                  Dal libro di
ALBERTO LODISPOTO  -  STORIA DELLA OMEOPATIA IN ITALIA (Pag. 75)