Caro Federico, ti scrivo a festa del Rosario finita domandandoti se è riuscita bene e se ti sei divertito. Spero che quest'ultima domanda non sia da te fraintesa nel senso che io ti creda leggero (non di … peso ma di carattere). Non ho quest'opinione di te in nessuna cosa e se ho coscienza di qualche tuo difetto (ho anche coscienza dei miei molti difetti grossi), è di un difetto di carattere quasi opposto. Quale è questo difetto? Se sarò interrogato risponderò e senza adulazioni che non ne so fare. Non credere che io me la pigli calda col tuo Camillo
Flammarion, grande e straordinario astronomo, geologo, antropologo, scienziato, poeta, idealista. No, se è vero che io non ci ho neppure il tuo
infatuamento, conservo però molto rispetto per questo signore che sarà grande ma che è stato come noi partorito da una donna, è nato da un accoppiamento umano non astrale e perciò sarà molto più grande di noi ma è pur sempre della stessa pasta di cui siamo fatti noi.
Ho letto di lui alcune pagine in un volumetto da te prestatomi allorché ero costì e me ne son fatto questo concetto, che in lui è il pregio del volgarizzatore delle scienza e cioè di renderle facilmente intelligibili ad un pubblico non esclusivo e cioè a gente di cultura anche mediocre e varia; ci è in lui il colorito, il fascino dell'idealista del poeta, ma v'ha il pericolo che l'idealista, il poeta, abbia spesso preso la mano allo scienziato sì da rendere l'opera fantastica in parte. Questo è il concetto che me ne son fatto; concetto che è stato rafforzato da una critica sul Flammarion in questi tempi.
La lettura delle opere di Flammarion è invitante e cattivante; lo stile piacevole e per nulla pesante. Che l'Astronomia rivista fondata nel 1887 e che è letta da settemila soci (questo computo è benevolo per i direttori di essa rivista, perché tu ti limiti nella tua lettura a dire che è ricevuta da settemila soci, il che non si sa da quanti poi è letta; io faccio dello spirito e spero di non darti sui nervi), abbia citato la tua opinione nulla di straordinario, perché sarà stata certamente dell'invasamento, un inno laudifico al
Flammarion; e l'incenso non dispiace neppure a grandi uomini, che anzi! Ma io non conosco il Flammarion e non ho motivo di credere che egli sfugge alla comune sorte dei mortali; e poi ciò è una reclame pel libro e ne aiuta la vendita. Non so se tu hai fatto mai l'esperienza di mandare una critica invece di una lode e di vedertela pubblicata.
Mi comunichi una cosa che mi ha fatto piacere e che ha aumentato la simpatia che sento per te, che avrai difetti, ma che hai un pregio e cioè quello di essere un carattere. La difesa che hai preso della Germania e l'aver fatto con questo imbestialire, come tu dici, mezzo Montedoro. L'esserti messo contro corrente è sempre una prova d'intelligenza e di coraggio, che può biasimarsi ma che pertanto deve riconoscersi che è un aspetto simpatico di un individuo. Questo quando lo si fa per sostenere un'idea che si sente non quando lo si fa per semplice spirito di opposizione. Il seguire la moltitudine, i più, gli altri, in idee che non sono nostre e che noi avversiamo è la prova più manifesta della propria vigliaccheria.
Io mi domando: 1° che cosa abbia fatto la Germania a Montedoro per far sì che la sua difesa la faccia imbestialire; 2° come mai e per qual movente l'abbia tu difesa. Misteri della psiche delle folle e dell'individuo!
Permettimi di manifestarti il mio pensiero sulla tua frase che la Germania sia la causa delle presenti carneficine. Se ricerchiamo la causa credo che entriamo in un circolo vizioso. V'ha un ring, un anello, dei giuocatori di foot ball, una palla che porta scritta la parola causa della guerra, i giuocatori (le potenze grandi e piccole) si scambiano a calci la palla. Dunque non parliamo di cause, entriamo in un circolo vizioso. Perché è la Germania e non la Russia, la Germania e non l'Inghilterra? La causa del formidabile peso degli armamenti perché è lo spirito di pirateria (così l'hanno definito) della Germania, e non lo spirito baldanzoso dell'impotenza francese che ha fatto sempre la voce grossa della
revanche, l'ha desiderata sempre come la salute ed ora si lagna dell'occupazione che le è venuta per realizzarla, di questo gallo
schiumazzante, assordante, prepotente che sa fare il valoroso senza dubbio in mezzo ad un popolo di galline, di questa Francia che nel passato con la forza ha conquistato mezzo mondo, ha fatto una politica d'imposizioni, di violenza, di baldanzose spavalderie, d'ingiurie e tirannie, e che oggi non ha più forza bastante per difendere il suo suolo e si deve far sostenere dalle baionette russe ed inglesi? Perché non credere che possa esserlo la volontà dell'Inghilterra di mantenere ad ogni costo la sua strapotenza mondiale, il dominio del mare e del mondo che si è saputo acquistare e che crede di dover mantenere ad infinito? Perché non credere che sia il sogno di quel mastodonte panslavismo, che vuol coprire tutta o quasi tutta la superficie del globo?….(può continuare). Non entriamo dunque in questo circolo vizioso che si chiama approfondimento delle cause. La verità è che causa lo sono state tutte e ciascuno per conto proprio; è una gara d'interessi e di appetiti che si vogliono soddisfare. Come ci era una coesistenza di questi appetiti che si celavano l'uno accanto all'altro, così c'è stato un'esplosione a uno stesso tempo, una contemporaneità.
Dio voglia che si finisca una buona volta con le sopraffazioni; con la violenza, con le piraterie, con le sopraffazioni dei deboli, con le carneficine delle guerre, etc etc. Dio voglia che venga veramente e realmente l'era della pace, del rispetto di tutte le libertà, rispetto vero, l'impero della sincerità, per cui ognuno metta d'accordo le sue opinioni con le sue parole.
Vedremo allora le paladine attuali della guerra delle indipendenze regionali, cioè l'Inghilterra e la Francia liberare dal loro gioco la Tunisia, l'Algeria, il Marocco, Senegal, India, Egitto, Transvaal, etc
etc, dare all'Italia la Corsica, Nizza e Savoia, perché terre italiane, Malta perché è italiana, abbattere Gibilterra che sbarra una porta che non chiude proprietà inglese, etc
etc; vedremo tante belle cose quel giorno… per ora assistiamo al trionfo dell'egoismo, della menzogna, dell'asineria, dell'interesse che fa mendace il labbro ed il cuore.
Quando verrà il giorno della sincerità, il regno della verità, se verrà sarà il momento di fare l'esperimento che io credo di tuo gusto e cioè di mettere in una gabbia i giornalisti guerrafondai, gli oratori che vogliono spingere le folle alla guerra, tutta questa e simile genia dentro una gabbia a combattersi fra loro e a bucarsi quelle pance che oggi tengono sane pei fichi mandando gli altri allo scannatoio.
Un popolo che si solleva, che fa una rivoluzione contro un'oppressione straniera o una violenza di casa propria, ha diritto a far guerra e fa bene a farlo, deve farlo; un popolo che combatte per schiacciare un altro prende un nome per compiere un delitto. Queste sono le mie idee e non credo di essermi messo in disaccordo con quanto ho altra volta detto. Prego quindi te di cambiare le idee erronee sul conto mio. Non desidero le discussioni e mi piace evitarle perché sono conscio della perfetta inutilità di esse. Però non posso con ciò tacere quando mi si vogliono attribuire idee a me ripugnanti.
Adesso parliamo di cose più .. civili e pacifiche. Il colossale telescopio di Luigi che doveva servire per seguire l'eclissi e che non funzionava per niente è stato un accenno grazioso. Mi immagino la scenetta graziosa che si sarà svolta.
Non sono mai andato nelle strade, né con i nazionalisti né con nessun altro…isti a gridare viva la guerra o viva altra cosa, almeno per ora, e perciò questo gusto non essendo mio non ho sentito il bisogno di cavarmelo. Sono stato invece in campagna dove ho accudito alle cose di famiglia. Parlami di te, di Montedoro, delle persone di costì. Poche volte ho scritto una lettera lunga come questa; ma con te non si può fare a meno di scrivere molto.
Mimì Amico è costì? Ricordo che una volta ebbimo una discussione sul progresso, sul miglioramento umano,
etc; io ero ottimista e lui pessimista. Oggi credo che forse aveva ragione più lui che io. Se è a Montedoro me lo devi salutare e così Gabriele, e il tuo amico Angelino Licata che mi è parso un giovano serio e molto educato. Non so quando, ma qualche volta dovrò pur venire costì. Questa idea ora non mi fa più piacere perché mi si presenta subito la prospettiva della mancanza probabile di te che non potrai stare sempre costì a perderti in un orizzonte così chiuso; a meno che accetti la vita di costì.
Sono contento di mantenere con te un contatto intellettuale a mezzo di lettera, giacché siamo lontani, perché ti stimo e sento affetto per te.
Gradisci un'affettuosa stretta di mano dal tuo
aff.mo cugino ed amico Luigino Guarino