MARIO RAPISARDI
(Catania 1884-1912)
Il poeta della libertà e della giustizia, il flagellatore degli
ipocriti, dei venduti e degli sfruttatori della patria (De Amicis).
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Il canto dei mietitori
Non sono condizioni umane quelle dei mietitori prostrati dal latifondo
siciliano. Nella "veristica" trascrizione dei fatti, essi
emergono scalzi, cenciosi e affamati tanto da desiderare gli avanzi dei
cani. La schiera tragica dei mietitori al servizio dei ricchi possidenti
potrà, forse, un giorno, fare giustizia con la falce in pugno, nel
desiderio di un riscatto da troppo tempo agognato. |
Il canto dei mietitori
La falange noi siam de' mietitori
e falciamo le messi a lor signori.
Ben venga il sol cocente, il sol di giugno,
che ci arde il sangue, ci annerisce il grugno
e ci arroventa la falce nel pugno,
quando falciam le messi a lor signori.
Noi siam venuti da molto lontano
scalzi, cenciosi, con la canna in mano,
ammalati dall'aria del pantano,
per falciare le messi a lor signori.
I nostri figlioletti non han pane,
e chi sa? forse moriran domane,
invidiando il pranzo al vostro cane...
E noi falciam le messi a lor signori.
Ebbro di sole ognun di noi barcolla;
acqua ed aceto, un tozzo e una cipolla
ci disseta, ci allena, ci satolla.
Falciam, falciam le messi a quei signori.
Il sol ci cuoce, il sudore ci bagna,
suona la cornamusa e ci accompagna,
finché cadiamo all'aperta campagna.
Falciam, falciam le messi a quei signori.
Allegri, o mietitori, o mietitrici:
noi siamo, è vero, laceri e mendici,
ma quei signori son tanto felici!
Falciam, falciam le messi a quei signori.
Che volete? Noi siam povera plebe,
noi siamo nati a viver come zebe,(1)
ed a morir per ingrassar la glebe.
Falciam, falciam le messi a quei signori.
O benigni signori, o pingui eroi,
vengano un po' dove falciamo noi:
balleremo il trescon, la ridda,(2) e poi...
Poi falceremo le teste a lor signori.
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1) zebe = capre
2) trescon, ridda = antichi balli popolari
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