LA PIAZZA

 

In convulso passeggiare,
anime in pena,
se ne vanno da mattino a sera
per la piazza grande,
da fantasmi agitati e da visioni
accomunati da un unico problema.

A due o tre insieme,
a braccetto per farsi più coraggio,
sguardo assente e occhi rassegnati,
come soldati nella piazza d'armi
marciano al ritmo d'una banda assente,
piena la mente di pensieri grandi.

Giunti in cima alla piazza,
quasi alla Chiesa,
con sincronismo da sergente ardito
tornano indietro fino all'altro capo
per poi tornare al punto di partenza.

Inchini e saluti a non finire
incrociandosi ad altri,
chissà se vivi,
assillati dagli stessi pensieri di domani,
discorrendo di problemi esistenziali.

Quando le verdi acacie ti facean corona
era una festa:
di bianchi fiori odorosi tutta adornata
dispensavi meriggi di ristoro
a sfaccendati in cerca di frescura.

E grande sollievo regalavi
ai vecchietti che da mane a sera
sotto le ampie fronde riposavano
raccontando di guerre e di sventure,
gli occhi velati di perenne pena.

Le tue bancarelle il dì di festa
eran la gioia di tutti noi bambini,
felici dei regali in bella vista
o sulla giostra girar da burattini.

Hai visto transitare tutti i Santi,
la Madonna piangente dietro la bara,
la banda in palco suonare le marcette,
scoppiare i fuochi tra gente impaurita.

Miserie ne hai viste proprio tante:
disperati cercare un po’ di pane,
mietitori imploranti sul selciato,
innocenti cadere sotto il piombo
di crudeli mafiosi e di briganti.

Povera piazza,
che visioni e che discorsi strani
hai dovuto subire in tanti anni:
potessi riordinar la tua memoria,
riscriveresti del paese
tutta la storia!