Raminghi sorgono i miei
pensieri,
poi se ne vanno in alto fluttuando
come gabbiani, che già prigionieri,
scappano lievi, in ciel volteggiando.
Nessuno sa dove andranno a
finire,
e come trottole girano in tondo.
Da dove nascano vallo a capire:
la nostra mente è un pozzo profondo!
Ci si ritrova, in certi
momenti,
a ripensare ai nostri verdi anni,
quando ancor giovani ed impazienti
s’era con l’animo scevro d’affanni.
Nei pomeriggi, alla bella
stagione,
quando la vampa del sole scemava,
liberavamo un giallo aquilone,
che un armadio, geloso, celava.
Quell’aquilone, nel ciel
ondulante,
alle mie mani il filo rubava.
Nuvole, vento, una luce accecante,
l’accompagnavano mentre volava.
A far da sfondo l’immenso
celeste:
grande spettacolo per chi l’ammirava!
E con manovre precise e leste
ero il bambino che lo manovrava.
Avrei voluto che s’alzasse
tanto.
Gli davo filo… Ma se si spezzava?
Con lui sarebbe fuggito un incanto:
il sol pensiero mi terrorizzava ...
(Come una mamma che guarda
felice
il suo bambino che sa gattonare!
ma già lo pensa che fa le valige
perché il suo mondo vorrà esplorare …).
Poi s’allungavano le ombre
scure,
il pipistrello cacciava le prede,
e nei bambini nascevan paure:
"presto a casa che ancor ci si vede!"
Il sole, stanco, iniziava a
calare,
e l’orizzonte sembrava infuocato,
or l’aquilone poteva tornare
nel suo armadio... ed era appagato.