Disastroso viaggio di don Eugenio Caico
(Da Montedoro a Serradifalco, durante una tempesta di
. neve)
Caltanissetta 9 febbraio 1924
Cara Lina,
I miei malanni perdurano crudelmente e sento che non termineranno così presto. Le mie sofferenze hanno sede stabile e inamovibile nei reni. Le orine che abitualmente sono sempre limpide ed incolore, ora sono troppo colorite rossastre, ciò è indizio certo che i reni, per qualunque sia la causa, sono in uno stato ammalato e di irritazione, o quello che è.
Non v'è dubbio che la vita tumultuosa disagiatissima alla quale ho dovuto sottostare in questi ultimi tempi mi ha procurato il presente stato di sofferenza.
Il due di gennaio partito da Montedoro alle 5 del mattino in veicolo a due ruote dei più sgangheratissimi, sconquassato da non averne idea, quasi totalmente scoperto, in mezzo ad una tempesta di neve, per ben tre volte durante il viaggio, e quando più la neve calava violenta e folta, al cavallo si spezzò il cinghione di sotto che lo tiene legato alle aste del veicolo (sottopancia); la parte anteriore del detto veicolo si elevò in aria e quella di retro si adagiò sulla neve rotolando sulla medesima i viaggiatori che erano da quella parte; e ciò avvenne per ben tre volte perché le riparazioni difficili ed effimere avevano com'era naturale la durata di alcuni minuti; eravamo intirizziti, bagnati, senza parlare del povero cavallo che non ne poteva più ed aveva una specie di rantolo forte e rauco che faceva pena; ma ciò nonostante le frustate piovevano su di esso. Quando si arrivò sul piazzale della Stazione
(Serradifalco), il treno fischiava, è partito e si rimase per parecchie ore in quella stazione fredda e umida e sporca da non si dire.
Il capo stazione ebbe dei riguardi per me, ma tutto il freddo e l'umidità che avevo assorbito, le sue gentilezze non potevano togliermele.
Ma dopo cotesto disastroso viaggio, vari altri ho dovuto farne con la pioggia che ci gelava, col vento glaciale furioso da cui eravamo riparati da qualche resto di tendina sdrucita, bagnata, svolazzante che serviva piuttosto ad accrescere le nostre torture!
E qui in Caltanissetta essere costretto quasi ogni sera dopo le otto (ore venti) qui nell'albergo dopo aver pranzato al ristorante, in mezzo alla pioggia, coi piedi in mezzo all'acqua in questa (città) che è divenuta un letto di un burrone sempre perennemente pieno di melma e d'acqua da non potere essere scansata in una serata in cui gli elementi sono stati in convulsione; e coteste serate si sono tantissime volte ripetute e sono state invece rare quelle calme.
Tutto io ho voluto accennarlo per far capire le cause delle mie sofferenze attuali. E ciò perché tu vada a trovare il Dott. Bacchi e rimettermi in Montedoro qualche rimedio omeopatico che possa giovarmi, mentre che le sofferenze ai reni da vari giorni non mi danno tregua e sono veramente insopportabili.
I cerotti Bertelli che in altre occasioni mi hanno prontamente giovato, questa volta mi sembra che non mi servano gran che. Alcuni mi dicono che forse sono invecchiati, ma siccome qui in Caltanissetta è anche difficile averli, vedi se in Palermo si potessero avere di più fresca data di composizione.
Mi fermo ed attendo notizie qui sino a tutto lunedì 11 febbraio e quindi in Montedoro se vi potrò arrivare.
Tuo papā Eugenio