AVVENTURA TURCA agosto 1970


                                                                     

Rovistando in un cassetto ho trovato un pacco di foto risalenti all'agosto del 1970, ricordo di un viaggio alquanto avventuroso per l'Europa che mi appresto a raccontarvi.
Memore di un altro viaggio che l'anno precedente, in solitario, avevo fatto in Ungheria  a bordo di una magnifica cinquecento e munito di tenda canadese, convinsi il mio amico Carmelo di Centuripe a partecipare a questa nuova avventura un po' più impegnativa.
Scopo del viaggio era raggiungere Mamaia, in Romania sul mar Nero, meta all'epoca di quanti cercavano avventure un po' piccanti. Il percorso prevedeva Milano, Trieste, Lubjiana, Zagabria, Istanbul, Mamaia; il ritorno via Bucarest, Budapest, Trieste, Milano.  E perciò ci attrezzammo a dovere: una Giulia Alfa Romeo (comperata "usatissima" da un collega IBM), la solita tenda canadese, ed il baule dell'auto colmo di scatolame, pasta, oggetti vari e naturalmente tante calze di nylon, ricercatissime da quelle parti: almeno così correva voce..!   

     


                     Sofia

La partenza fu tranquilla: toccammo Lubjiana, Zagabria e quindi Belgrado attraverso una bellissima foresta sulla tremenda autostrada "di cemento", che costringeva l'auto a continui sobbalzi. Sembrava di essere in Italia, non si incontravano che macchine targate Milano, Padova, Treviso o Venezia, stracariche di vettovaglie e damigiane di vino. Alle fermate dei rifornimenti si sentiva per lo più il dialetto veneto e tutti dichiaravano entusiasti di recarsi in Romania, a ritrovare vecchi amori o a cercare nuove amicizie. 
Attraversammo la Bulgaria e finalmente ci trovammo a Edirne, in territorio turco. Praticamente eravamo a casa nostra, in Tracia, antica colonia romana.
E qui invece cominciarono i guai! A Kirklareli, 150 chilometri prima di Istanbul, un fastidioso rumore di ferraglia avvertiva che l'auto era in tilt: si erano fuse le bronzine! Perdiana, proprio lì, in un posto dimenticato da Dio, quasi un deserto, dovemmo andare alla ricerca di un meccanico. Si presentò un signore con baffetti dicendo d'essere un meccanico, e dopo una veloce "visita al paziente" sentenziò che forse era in grado di ripararla entro il mattino successivo. La sua officina non sembrava una delle più attrezzate, solo alcuni oggetti, pinze e cacciaviti, appesi alla parete di un angusto locale. Ma non c'erano alternative, bisognava fidarsi. Ci fu indicato un albergo e, tra la curiosità generale, decidemmo di fare due passi per il paese. Eravamo quasi all'imbrunire di una bella giornata d'agosto. In lontananza si sentiva la straziante voce del Muezin che invitava alla preghiera serale, e tutti correvano verso la moschea. Tornato il silenzio, dal fondo della strada si udì un piacevole suono di strumenti a corda, intanto che avanzava un carretto tutto addobbato con colori sgargianti e tanta gente che danzava intorno. Una stranissima ma piacevole e coinvolgente atmosfera di festa che ci lasciò di stucco. 
L'indomani, come promesso e parola di turco, l'auto era riparata, (sostituendo la bronzina con quella di una vecchia Ford americana) e dopo un misero compenso potemmo ripartire per Istanbul.     




   
             L'auto disastrata                                                 L'officina del turco                                  Lezione di "turco"
  
      
                                                      La Moschea Blu                                                                      Pranzo a Kirklareli
   
                         Il Gran Bazar                                      Un venditore "d'acqua"                  

Istanbul, la vecchia Bisanzio e quindi Costantinopoli (detta la nuova Roma), si presentò subito bellissima e piena di misteri. A cavallo delle acque blu del Bosforo vanta il privilegio di occupare due continenti, piena di minareti e di caotici bazar. Restammo impressionati dalle bellissime moschee, come Santa Sofia e la Moschea Blu, dalla Torre Galata, e naturalmente lo stupendo Topkapi: il palazzo del sultano trasformato in museo, un labirinto di costruzioni che si snodano attorno a quattro cortili. Un incredibile museo colmo di collezioni imperiali di cristalli, d'argento, di armi, di porcellane, costumi e famosi gioielli. L'aria del Gran Bazar era piena del profumo seducente della cannella, del cumino, dello zafferano, della menta, del timo e di tutte le altre erbe e spezie immaginabili.
Per completare la visita, prima di riprendere il viaggio, ci concedemmo un giro di traghetto lungo il Bosforo. 


     
                                                                          Costumi ed armi del museo Topkapi             

   
             Vista del Bosforo
         
    
               Le tre ragazze ceche spingono la Giulia e l'incontro con un asinello (in fondo s'intravede il confine)
    
      

Stanchi ed ubriachi delle bellezze di Istanbul, riprendemmo il viaggio verso Varna, la perla del Mar Nero, capitale estiva della Bulgaria, per poi entrare in Romania, ignari dei guai che ci attendevano, ma momentaneamente fortunati. 
Finalmente tre belle ragazze col pollice in alto che chiedono un passaggio! Immediata frenata e piena disponibilità alle loro richieste. Erano tre ragazze ceche che si recavano in Romania: che culo!
Caricammo i loro voluminosi e pesanti zaini sulla macchina, e via verso Mamaia. La corsa durò poco, però. Alla prima salitella il solito rantolo dell'auto ci avvisò che non tutte le ciambelle riescono col buco! Eravamo ancora in panne, porca miseria. L'auto stracarica non aveva resistito allo sforzo. Le maledizioni andarono subito al  meccanico turco, naturalmente. In piena campagna, non ci restava che aspettare che passasse qualche anima gentile per darci una mano. Passò un camion carico di pietre, ed il gentile autista si prestò a trainarci verso il villaggio più vicino dove, ci disse, in una fattoria esisteva un meccanico in grado di assisterci. "Il solito meccanico del piffero!", pensammo io e Carmelo.  Ci muovemmo al traino di una grossa corda: ma dopo qualche chilometro, una brusca frenata del camion e di conseguenza della mia, spezzò la corda e fummo ancora fermi. Con disappunto nostro e delle ragazze, l'autista del camion ci salutò dicendo che aveva premura, e di attendere con pazienza il suo ritorno dalla discarica. Fummo però fortunati: dopo circa un'ora una jeep ci rimorchiò fino alla fantomatica fattoria.
E qui cominciarono le scene alla "fantozzi". L'esperto meccanico, preso un grosso e lungo cacciavite, l'appoggiò al motore, accostò il suo sensibile orecchio al robusto manico e cominciò ad auscultare i suoi laconici lamenti, alla ricerca di una malattia e della conseguente cura! Non ci restò che buttarci per terra tenendoci la pancia ed a pisciarci dalle risate! Mai avevamo assistito ad una scena così comica ed opprimente allo stesso tempo, data la nostra critica situazione. Il referto medico fu: "Non vi resta che andare ad Istanbul, all'Alfa Romeo!". Che bella scoperta!
Essendo a pochi chilometri dalla Romania, decidemmo di farci trainare fino al confine per poi chiedere assistenza all'Automobil Club del posto che, mi avevano detto, funzionava bene.
Con l'aiuto di un grosso trattore giungemmo a circa un chilometro dalle sbarre di confine; e lì l'autista ci mollò dicendo che era pericoloso per lui andare più avanti. Ma oramai eravamo quasi giunti a destinazione. Stanchi e distrutti dalla fatica, tirammo fuori gli attrezzi da campeggio ed a bordo di un prato consumammo una spaghettata ristoratrice. Intorno s'era riunita una piccola folla di ragazzi curiosi, più per ammirare la Giulia Alfa Romeo che per consolare i nostri guai. E mentre "incazzato" e indispettito prendevo a pedate l'auto, questi mi trattenevano dicendo: "No! No! Alfa Romeo good, best, good!". Ed io che dicevo: "No! No! Caput, caput!" 
L'autista, salito sul trattore ed estratto un giornale, credo fosse "football illustrato", venendomi incontro continuava a dire: "Italia! Rivera! Mazzola! Good!". 
A spinta, con la collaborazione delle ragazze (vedi foto), giungemmo alla sbarra di confine, e cosa incredibile a raccontarsi, il casuale ribaltamento della copertura del cassetto porta oggetti andando a cozzare contro il pomello dell'autoradio la mise in funzione, ed a tutto volume si sentirono le note di: "O sole mio!". Tutti si girarono ad osservare la scena, per la verità, poco idilliaca: una Alfa Romeo spinta verso il confine da tre ragazze ceche e due italiani, accompagnati dalla musica.
Ci vennero subito incontro due guardie dicendo, a gesti, che c'erano dei problemi a passare il confine in quello stato, ma alla vista e soprattutto al tocco, di due pacchi di pasta "Barilla" e di due scatolette Simmenthal, che infilarono subito sotto il giubbotto, ci diedero precedenza assoluta, ed in pochi minuti fummo in Romania!  

            
    
                                                                                       La spiaggia di Mamaia


Le tre ragazze ci "abbandonarono" dandoci appuntamento a Mamaia!
Altra triste scoperta fu l'inesistenza del famoso "Automobil Club", per cui non ci restava che affidarci nuovamente ad un traino per giungere a Costanza, dove effettivamente esisteva un'officina Fiat. Un gentile signore che con una grossa jeep si recava a Bucarest si prestò, facendo una piccola deviazione, a trainarci fino a Costanza: con un grosso cavo d'acciaio, questa volta! Furono venti chilometri di apprensione e di paura! Quel disgraziato andava come un fulmine, nonostante le mie suonate di clacson. Ad ogni sua frenata seguiva la mia ed il conseguente strappo per la brusca partenza. Finalmente eravamo a Costanza e solo una curva ci separava dall'agognata officina: la solita frenata improvvisa, la mia frenata, la brusca partenza, ed il cavo d'acciaio si spezza in due, proiettandosi a razzo verso il marciapiede, andando a colpire alle gambe un ignaro signore, per fortuna alto e grosso e mandandolo a gambe in aria. Ci precipitammo a dargli soccorso, visto che sanguinava vistosamente, applicando un fazzoletto come benda. Volevamo accompagnarlo in ospedale ma lui, un turista polacco, rifiutò ogni aiuto dicendo che se la sarebbe cavata da solo. Ci era andata bene! E l'autista della jeep? Sparito!
Con un taxi trasbordammo attrezzi e viveri sulla spiaggia, portando l'auto nella vicina officina. Finalmente furono giorni di relax nella bella spiaggia di Mamaia.


                                       
                                     Con l'amica Alexandra di Bucarest                            La sala del Trono

L'inevitabile partenza verso Bucarest fu alquanto triste: non poteva essere diversamente!
Visitando la città facemmo la conoscenza di Alexandra, una bella e gentilissima ragazza universitaria che parlava il francese e che si prestò volentieri a farci da guida. Era il periodo della ferrea dittatura di Ceausescu (che doveva finire tragicamente nel 1989), e parlare di politica era molto pericoloso. Ricordo che riuscimmo a scambiare qualche parere solo all'aperto e con molta circospezione. Al momento di cercare un albergo la ragazza si offrì di ospitarci a casa sua, con nostra meraviglia ed incredulità, visto che i suoi, così ci disse, erano momentaneamente in vacanza. Ci offrì una stanzetta con due letti in una bella casa, spiegandoci che quel grande appartamento era condiviso da più famiglie, com'era uso nei regimi comunisti: unica separazione una porta! Ancora oggi ci chiediamo quale fosse la famiglia di questa ragazza così disinibita e vogliosa di libertà, e di cui ci ricordiamo solo il nome.


 
         Davanti ad un ristorante                          L'ingresso alla sala del Trono              Ponte in costruzione sul Danubio

Prima di lasciare Bucarest, Carmelo fece uno strano incontro: un suo cugino che non vedeva da oltre dieci anni! Doveva andare fino in Romania per incontrarlo?
Lasciata Bucarest ci dirigemmo verso l'Ungheria:  giunti ad Oradea, passammo il confine e ci inoltrammo in direzione di Budapest. 
Fermandoci per chiedere un'informazione, ci imbattemmo in una simpatica famiglia che, parlando un linguaggio "avveniristico", ci ospitò in casa offrendoci da bere e dei pasticcini. Non abbiamo capito gran ché, anzi una parola me la ricordo ancora: "Colleghino". Pretendevano di farsi capire in lingua "Esperanto" da due siculi che parlavano il siculo! 
Ma le sorprese non erano finite: prima di giungere a Budapest si bucò un pistone dell'auto e non funzionava più l'accensione! Visto che la città è ricca di saliscendi, l'unico accorgimento fu di posteggiare la macchina in salita, sfruttando la discesa per metterla in moto. 

 
         In battello sul lago Balaton

   
                    Danubio                                               Una famiglia ungherese                                      Budapest

Dopo una veloce visita alla città di Budapest, fu la volta del lago Balaton che attraversammo in battello. Quindi ripartimmo per l'Italia, facendo tappa a Postumia. Non potevamo passare vicino alle bellissime grotte senza fare una visita (vedi foto).


   

            

 
                                                                         Visita alle grotte di Postumia
                                       

Giunti a Trieste, distrutti fisicamente, restammo in albergo a dormire per un'intera giornata!

"E le tante agognate avventure galanti?", vi chiederete.  "Ci furono! Ci furono!".