RITORNO AD AKRAGAS
Fanciullo, correvo tra le antiche rovine,
gių gių verso il limpido mare,
gli occhi sgranati di gioia
e le orecchie protese al richiamo
di sirene ammalianti.
Stupito, sentivo le voci sorgenti dal fondo marino
sparire verso l'odorosa pineta,
e poi l'eco tornare dalle antiche colonne del tempio dorato.
Un turbinio di pensieri, in quel silenzio assordante,
empiva l'animo ed il cuore ed i sensi
imbrigliati da effluvi di zagara e timo.
Solo un piccolo nibbio planava silente
le ali distese sospinte da tenera brezza,
leggero di pene e pensieri.
Il ritorno fu dolce, la mente agli antichi ricordi.
Ma che strazio, quei luoghi divini!
Fumi di ciminiere che anneriscono il cielo,
rumori assordanti che inondano i templi,
rifiuti, catrame e motori,
feriscono a morte e la terra ed il mare.
Il nibbio non vola pių, forse č morto,
gli dei son scappati all'Olimpo,
l'armonioso canto delle sirene
non emerge pių dal profondo mare.
Solo un corvo continua a gracchiare
annaspando nel cielo incolore.
Meditabondo, assiso sotto le colonne del tempio,
scruto il vecchio orizzonte
e ascolto, umidi gli occhi e la mente al passato,
l'antico infantile messaggio del mare.
Federico