Pinocchiu
Pupu Parlanti
P R E S E N T A Z I O N E
Quanti di noi tutti, nella nostra infanzia o da adulti, non abbiamo avuto tra le mani il bellisimo poema di Collodi, Le avventure di
Pinochio? Credo nessuno o pochissimi alzeranno il dito per dire che non sanno di che si tratta. Se "l'italiano" Pinocchio è il libro più tradotto al mondo in una lingua diversa dall'originale, pare secondo solo alla Bibbia, un motivo ci
dev'essere. E' una fiaba talmente commovente ed appassionante, che ha superato l'esame del tempo alle varie latitudini. E, cosa impressionante, resiste alle moderne tecnologie
mediatiche, perché se una volta i bambini avevano come oggetto di svago un libro o un giochino innocente, attualmente si può dire che nascano col telecomando in mano, e sono bersagliati da mille fantasticherie che hanno come oggetto lotta e violenza: in poche parole nascono quasi smaliziati, rispetto a quelli di cinquanta o cento anni addietro.
Il racconto del pezzo di legno che diventa "pupu parlanti", con un corpo tutto snodato e un'anima, e che dopo un'infinità di peripezie diventa addirittura un bambino, un bravo
"carusu" che va a scuola, dovrebbe farli sorridere, e invece li appassiona come e più dei tempi di Collodi. C'è come un collante che li tiene legati al burattino, che sembra essere nato già
"'mparàtu", pieno di esperienze di vita, e li fa immedesimare in lui: appena creato comincia a fare i dispetti a Geppetto e viene per questo sgridato; dice le bugie ed il suo naso si allunga a dismisura; incontra il Gatto e la Volpe e viene buggerato a più
ruprese; s'imbatte nel serpente con la coda di fuoco; strapazza il Grillo parlante che voleva dare consigli a lui sgraditi; va nel Paese dei balocchi e diventa un ciuchino a tutti gli effetti; fa il cane da guardia; finisce dentro il Pesce-cane; va in galera tra due carabinieri. E su tutto aleggia la bella figura della Fata che diventa ora sorella, ora mamma: che lui, Pinocchio, non ha mai avuto e che tanto desidera.
Carlo Lorenzini ha saputo così bene disegnare, amalgamare e integrare i vari personaggi che non risultano mai estranei e fuori da "quella realtà" in cui si svolge l'azione. Perciò ogni bambino resta come preso, legato e immedesimato ad essi, quasi vivessero la loro parte nel dramma intenso e toccante che Pinocchio, una
"marrunata" dietro l’altra, vive in ogni istante: "Ca iddi stessi pari ca sunnu", come mi è scappato di dire più avanti, riepilogando la storia.
Su Pinocchio si sono scritte e si scriveranno in avvenire fiumi di parole, per cui questa breve nota non ha l'intenzione di spiegare o magnificare il poema. Volevano semplicemente giustificare l'interesse e la passione che mi hanno catturato a rileggerlo, ad una certa età, e l'idea, poi divenuta realtà, di tradurlo fedelmente in lingua siciliana, terra di pupi per eccellenza! Dal momento che andiamo verso il regionalismo, è bene che la cultura ed il patrimonio di certe tradizioni, come e soprattutto la lingua "volgare", quella parlata ed espressiva per eccellenza, non vengano né ignorate né dimenticate per sempre. In questi tempi, in cui la lingua italiana sta per essere soffocata, strozzata e imbarbarita dall'inglese, mi auguro che almeno il dialetto, che inevitabilmente ne soffre di conseguenza, venga tenuto in esercizio e coltivato come patrimonio inalienabile anche dai nostri figli.
Il dialetto siciliano parlato, come tutti i dialetti del resto, anche se comprensibile da tutti i siciliani, varia da area ad area, come il palermitano dal
nisseno, il catanese dall'agrigentino, il messinese dal trapanese, e da paese a paese nell'ambito della stessa area geografica. Nella traduzione mi sono attenuto ad una via di mezzo, al
nisseno, mia zona d'origine. Per cui eviterò di scrivere "parrari" ma
"parlari", "truvari" e non "ashari", "àutru" e non
"antru", etc. in modo che sia comprensibile e facile da leggere ai più, ed ho aggiunto forse qualche accento di troppo per facilitarne la giusta pronunzia.
Questo lavoro l'ho fatto con passione, sperando d'attirare l'attenzione degli amanti di questa storia, ma anche di quei pochi che ancora non si sono accostati alle avventure di questo recalcitrante burattino: che poi detto in siculo, "un pupu parlanti era"!