NOTE SULLA MITICA CINQUECENTO


Chi non ha posseduto o avuto a che fare con una cinquecento? Fu il prodotto più azzeccato che riuscì a motorizzare, con poche lire, tutta l’Italia. Una macchina piccola, affidabile e anche veloce per quegli anni: raggiungeva i 95 km. all’ora! Raffreddata ad aria non esisteva il pericolo di lasciare a secco il radiatore, ed il piccolo motore posteriore, che stava nel pugno di una mano, era un vero portento. Certo l’abitacolo non era dei più comodi e confortevoli, ma chi la guidava aveva il vantaggio di stare a contatto (!) col passeggero a fianco.
Anch’io ebbi la fortuna di possedere una bella cinquecento. Ne acquistai una a Milano nel maggio del ’67 per la modica cifra di 490 mila lire: una cifra alta per uno studente universitario, ma pagata a rate ….! A giugno, dopo avere reso ribaltabili i sedili anteriori (era quasi un obbligo) e caricata una tenda canadese partii per l’Ungheria, destinazione lago di Balaton. Che avventura, amici! Attraversavo a 90 all’ora quelle strade sgangherate, praticate soltanto da Skoda, e tutti mi guardavano come un extra terrestre.
La mia cinquecento attraversò l’Italia parecchie volte, da Milano a Montedoro (CL), (quando l’autostrada finiva a Eboli), senza mai fermarsi o dare particolari problemi.
Era di casa in Svizzera, presso gli amici di Campione d’Italia, varcò alcune volte il Moncenisio verso Lione, attraversò le Dolomiti fin sotto le cime di Lavaredo… e qui successe forse l’unico inghippo: si spezzò l’attacco del carburatore, la domenica mattina del ritorno. La disperazione del carissimo amico Paolo Augello, che ricordo sempre con tanto affetto, fu grande. Come fare? Semplice: lo fissai alla base con uno spago, giungendo a Milano senza problemi!

Ricordo un curioso episodio avvenuto a Montedoro nel 1960. Mio cugino Salvatore Chiarelli, medico a Caltanissetta, aveva acquistato una 500, auto sicuramente adatta alla sua statura. Giunto in paese andò a trovare mio zio Ludovico, fabbro ferraio e meccanico tuttofare, posteggiando la sua nuova auto fiammante dinanzi la porta di questi. Mio zio, incuriosito alla vista di quella macchinetta, cominciò a girarle intorno, la osservò in tutte le sue parti, aprì il cofano anteriore e posteriore, infilò la testa nello sportello per meglio osservare l'interno, toccò lo sterzo, la fece dondolare con una spintarella. Quindi dopo una breve riflessione, con aria tra il faceto e lo sfottò, apostrofò il proprietario dicendo: "In tre giorni te ne faccio una migliore di questa!".
     
Piccola-grande cinquecento! Quanti ricordi.

Era il '68. Scorrazzavo per Milano, quando vengo fermato da due carabinieri che, fattomi accostare a destra, come da rito, mi chiedono i documenti. E mentre uno li consulta l'altro si appresta a preparare un verbale dicendomi che in quella macchinina eravamo in cinque, nonostante le mie rimostranze che la quinta persona era piccolina. 
"Ah! ma lei é di Montedoro", mi apostrofa il primo carabiniere. 
E mentre rispondevo affermativamente, come del resto dicevano i documenti, mi ricordai di quella fisionomia e subito la collegai ad un triste episodio avvenuto alcuni anni prima. 
"Ma lei, gli dico, non é per caso uno di quei carabinieri preso a "scarpate" dalle sorelle di un detenuto che ammanettato stava per essere trasferito alle carceri di Caltanissetta?".
Preso in contropiede e perplesso, non si aspettava evidentemente la rievocazione di un simile episodio, con un sorriso un po' amaro, mi ritorna i documenti dicendomi: "Vada pure, ma non più di quattro in cinquecento!".

Un altro episodio esilarante mi successe, sempre a Milano. Posteggiata l'auto regolarmente entrai in banca. All'uscita mi accorsi che un vigile stava multando la mia auto nonostante, a mio modo di vedere, tutto fosse in regola.
"Non é accostata a dovere al marciapiede", mi dice il vigile.
"Ma come, rispondo, non vede che l'auto davanti é ad oltre mezzo metro fuori dalla mia, verso la strada?".
"Non importa, la sua non é accostata al marciapiede!".
A questo punto mi metto ad urlare, mi rifiuto di pagare la multa e pretendo un verbale che riporti la misura della distanza della mia piccola cinquecento dal marciapiede. Il vigile imbarazzato, che non ha un metro, corre nel negozio di fronte dal quale nel frattempo erano uscite alcuni avventori, incuriositi dalla strana contestazione.
Finalmente torna col metro, esegue la misura, e segna sul verbale la distanza: 70 centimetri!
"Bene, ci vediamo fra poco dal suo comandante", gli dico.
E presso il comando dei vigili succede il bello. Mostro il verbale al capo, spiegando l'episodio a dir poco inusuale. Mi dice di attendere e che avrebbe sentito l'estensore del verbale. 
Nella stanza a fianco avviene il finimondo, perché sento urlare e sbattere i pugni sul tavolo.            
Dopo una mezz'ora torna il capo, ancora un po' arrossato in viso, con in mano il verbale a pezzi, e che mi dice:
"Ci scusi dell'inconveniente, può andare!". 

Un vero mito, questa cinquecento.

     
    

              Lago Balaton (Ungheria)                                                   Lugano