Son già trascorsi oltre cinquant’anni
da quando è apparsa un’auto portentosa
che ancora gira senza tanti affanni
e questo per l’intuito di Giacosa.
L’Italia andava in Vespa o in Lambretta;
per molti quattro ruote erano un sogno
ma la ripresa esigeva fretta,
necessitava uscire dal bisogno.
L’idea allora parse niente male:
cilindri ne bastavan due soltanto;
ne venne fuori un’auto eccezionale
che per il genio italico resta un vanto.
Vettura che di rado si guastava,
serviva allora solo una pinzetta
e di sicuro a casa ti portava:
con calma … pian pianino … senza fretta.
Volendo accelerare l’andatura
lezioni prese dal Signor Carletto,
che allo Scorpione chiese una puntura
così creando un bolide perfetto.
Conobbe poi tant’altri bei Cinquini
che assieme a lei facevano le gare.
Venivan preparati da Giannini,
come il Carletto matto da legare.
Col tempo, da che era sbarazzina,
un poco volle fare la leziosa.
E diventata bella signorina
andava in giro sempre più graziosa.
Adesso è diventata un grande mito;
chi non ce l’ha ne vuole presto una
-amante che nessuno ha mai tradito-:
Volerla non è poi chieder la luna!
Per questo ti ringrazio Cinquecento:
giammai tramonterà la tua stagione
ancora oggi quando io ti sento
son presto preso dalla commozione.
Se gli anni son passati, la passione
rimane come allora, tale e quale.
Per rivederla è buona ogni occasione,
non c’è bisogno d’aspettar Natale.
Cinquecentista guarda la tua agenda:
non senti? sale il ritmo dei pistoni,
ti chiamano gli amici di Garlenda
per far con Lei il pieno d’emozioni.