La
provincia di Caltanissetta è da sempre conosciuta come la
provincia dello zolfo. Ancor oggi le persone più anziane,
bonariamente, appellano i niseni, con il nomignolo i sulfarara
(gli zolfatari). Nella miniera Trabia conosciuta anche come
la Sulfara ranni i primi lavori estrattivi risalgono ai
primi anni del 1700; il minerale era così abbondante da essere
visibile senza bisogno di scavare per cui bastavano una una pala
ed un picone per raccoglierne grandi quantità. Secondo un
censimento fatto nel1834 le zolfare attive in Sicilia erano quasi
200; di queste ben 88 ricadevano nel comprensorio nisseno. Le più
importanti erano la già citata miniera Trabia accomunata
nella proprietà all'altra grande miniera Tallarita. Il
grande bacino minerario, sito tra Riesi e Sommatino è
attraversato dal fiume Imera Meridionale alla cui sinistra si
trova la Tallarita e alla destra la Trabia. Nel 1904 oltre
all'introduzione di metodi meccanici venne costruita anche una
teleferica lunga 10 km che collegava la stazione ferroviaria di
Campobello di Licata della linea Canicattì-Licata con il bacino
minerario Trabia-Tallarita.
Altre miniere importanti, quella di Gessolungo nella
quale vi fu una strage di operai nel 1882 a causa di un terribile
incendio, e la Trabonella, attiva sin dal 1825, che si
trovava sulla riva destra del fiume Imera, a 3 km dalla stazione
ferroviaria omonima della ferrovia Palermo-Catania.
Il minerale veniva incendiato nei Calcaroni, speciali
cumuli con canalette di colata da cui colava lo zolfo fuso poi
solidificato in panetti e pronto per la spedizione. Una variante
più perfezionata era il cosiddetto forno Gill. Erano
metodi altamente inquinanti per l'anidride solforosa immessa
nell'atmosfera in quantità enormi che bruciava i polmoni di
uomini e animali e la vegetazione circostante. Solo nel 1952, fu
introdotto il metodo di flottazione che sostituì quello obsoleto
di fusione. Nel 1957, un'esplosione di grisou fece franare il
pozzo Scordia della Trabia-Tallarita mietendo molte vittime. Nel
1962 l'Ente Minerario Siciliano assorbì le miniere rimaste in
funzione, chiuse tuttavia definitivamente nel 1975.
Le tremende condizioni di vita nelle miniere di zolfo sono
ricordate in Ciàula scopre la luna, di Luigi Pirandllo
dove si evidenzia il dramma dello sfruttamento del lavoro, dei carusi,
ragazzini usati per scendere anche a centinaia di metri nei caldi
cunicoli sotto terra, completamente nudi, e portare all’esterno
sulle spalle le sacche piene di zolfo. Venivano ceduti dalle
misere famiglie in cambio dell'anticipo di una somma esigua
divenendo uno strumento dei picconieri. Il caruso
riceveva solo il vitto, spesso solo pane, in miniera per tutta la
vita, subendo violenze di ogni tipo, con gli occhi bruciati dalla
polvere di zolfo, e la colonna vertebrale deviata per sempre. La
visita di leva, arrivava puntuale, ma tutti i ragazzi delle
miniere di zolfo venivano riformati per rachitismo, deformità o
cecità.