LO ZOLFO
cristalli di
zolfo
zolfo in polvere
Elemento
non metallico della famiglia dell'ossigeno.
Chimica.
Lo
zolfo è l'elemento chimico di numero atomico 16 e di peso
atomico 32,064, di simbolo S. È un solido di color giallo limone, privo
di odore e sapore di densità 2,07. È un cattivo conduttore del calore
e dell'elettricità. Fonde a 119 °C formando un liquido giallo chiaro,
che con l'aumentare della temperatura diventa più scuro e più viscoso;
a 200 °C è nero e pastoso; a temperatura maggiore ritorna fluido pur
restando nero; bolle a 444,6 °C. La densità del suo vapore varia con
la temperatura. Il comportamento dello zolfo liquido e di quello gassoso
si interpreta attribuendo allo zolfo appena al di sopra del punto di
fusione una molecola ciclica costituita da otto atomi S8,
indicata anche come Sm.
All'aumentare della temperatura si formerebbero lunghe catene di atomi
di zolfo, chiamate Sl,
che giustificano sia l'elevata viscosità sia il forte assorbimento
della luce. A 200 °C i polimeri hanno la loro massima lunghezza e,
intrecciandosi, assorbono completamente le radiazioni. Al di sopra di
tale temperatura le catene diventano sempre più corte e al punto di
ebollizione il vapore è costituito da molecole S8;
queste, all'aumentare della temperatura, diventano S6,
poi S4
e infine S2.
Anche allo stato solido si conoscono varie forme di zolfo. La forma
stabile a temperatura ambiente è lo zolfo rombico o a-
zolfo, di grandezza molecolare S8,
le cui caratteristiche fisiche sono riportate sopra. È insolubile in
acqua, poco solubile in benzene, molto solubile in solfuro di carbonio.
Riscaldato lentamente, si trasforma a 95,5 °C nello zolfo monoclino o
b-zolfo
che si può ottenere anche facendo raffreddare lentamente lo zolfo
fuso. Si presenta in aghi quasi incolori, di densità 1,96 e punto di
fusione 119,3 °C. Raffreddando rapidamente lo zolfo fuso e vicino al
punto di ebollizione, si ottiene una forma amorfa e plastica, detta g-
zolfo, formata in parte da molecole S8(solubili
in solfuro di carbonio) e da catene polimere (insolubili in solfuro di
carbonio). Questa modificazione si trasforma in a-
zolfo per lungo riposo. Raffreddando vapori di zolfo formati da molecole
S2
con azoto liquido, cioè a 195 °C, si ottiene il cosiddetto zolfo
purpureo, instabile, che riscaldato a temperatura ambiente si
trasforma in a-zolfo.
Addizionando idrogeno solforato a una soluzione acquosa di biossido di
zolfo, si ottiene il d-zolfo
o zolfo colloidale, dispersione colloidale di zolfo in acqua, mentre
il latte di zolfo, sospensione di zolfo in acqua, si prepara
aggiungendo un acido minerale diluito a una soluzione di polisolfuro
alcalino.
Chimicamente
lo zolfo presenta molte analogie con l'ossigeno, che può sostituire nei
composti. Si unisce a caldo con l'idrogeno e con il carbonio per dar
luogo rispettivamente al solfuro di idrogeno o idrogeno solforato H2S
e al solfuro di carbonio CS2,
di gran lunga meno stabili dell'acqua e del biossido di carbonio. I
metalli bruciano nei vapori di zolfo, come nell'ossigeno, formando
solfuri; così il miscuglio di limatura di ferro e di fiori di zolfo
diventa incandescente quando viene appena riscaldato e si trasforma in
solfuro FeS. Meno elettronegativo degli alogeni e dell'ossigeno, lo
zolfo si combina direttamente con il fluoro, il cloro, il bromo, e
brucia in aria con fiamma azzurra generando biossido di zolfo SO2.
È di conseguenza un riducente. Gli alcali fusi lo trasformano in
tiosolfato e polisolfuro, l'acido nitrico in acido solforico. con
i clorati o con i nitrati forma miscele esplosive. Lo zolfo è un
elemento diffuso in natura; si trova allo stato nativo in vicinanza
degli antichi vulcani, in mezzo a strati di gesso o di calcare,
soprattutto in Sicilia, nella Louisiana, nel Texas e in Giappone, dove
esistono i maggiori giacimenti. Più spesso lo zolfo si ritrova
combinato con vari metalli, come pirite FeS2,
blenda ZnS e galena PbS. Come solfato si ritrova nello spato pesante
BaSO4,
infine come idrogeno solforato è presente nelle emanazioni vulcaniche,
in alcuni gas naturali e in alcune acque, cui conferisce il
caratteristico odore di uova marce, oltre che nel gas naturale e nel
petrolio.
Estrazione
e usi.
I solfuri servono per ricavare i corrispondenti metalli e lo zolfo in
essi contenuto viene trasformato in biossido e poi in acido solforico.
Lo zolfo nativo si ottiene con metodi che consistono nel separarlo dalla
ganga per fusione. In Sicilia e in Romagna si usarono per lungo tempo i
calcaroni, forni scavati nel terreno, di solito in collina a mezza
costa, a cielo aperto, in cui parte dello zolfo brucia formando biossido
di zolfo e fornendo calore che fonde il rimanente, che cola in stampi.
Verso la fine del XIX
sec.
si diffusero i forni
Gill, insieme
di camere circolari in muratura, a funzionamento continuo, basate sullo
stesso principio dei calcaroni,
ma il cui rendimento era migliore. Lo zolfo fuso veniva poi purificato
per distillazione ottenendo, per raffreddamento sotto i 100 °C, lo
zolfo sublimato o fiori di zolfo, oppure, raffreddando a temperatura
sopra i 119 °C, lo zolfo fuso, che si colava in lingottiere per
ottenere zolfo in bastoni. L'ottenimento dello zolfo con i forni Gill
presenta molti inconvenienti; a parte la dura necessità di ottenere il
minerale per escavazione diretta, molto zolfo si disperde nell'atmosfera
sotto forma di biossido, che è un potentissimo fitotossico.
PROCESSO
FRASCH
Nel Texas e in alcuni giacimenti della Louisiana, la natura impermeabile
del terreno dei giacimenti e la disponibilità di grandi quantità di
combustibile a basso prezzo permettono di usare un procedimento di
estrazione del tutto diverso e molto più conveniente, che consiste nel
fondere lo zolfo nel giacimento stesso. Si utilizza il
processo Frasch,
consistente nell'introdurre alla profondità dello strato di zolfo una
sonda costituita da tre tubi concentrici; attraverso due di essi si
invia aria compressa e vapor d'acqua surriscaldato; questo fonde lo
zolfo che, per azione dell'aria, si sospende nell'acqua e risale nel
terzo tubo. La necessità di non inquinare l'aria con prodotti solforati
provenienti dalla lavorazione del petrolio, nei quali la presenza di
zolfo è altamente nociva, ha creato una nuova fonte di zolfo. I gas
contenenti zolfo vengono bruciati con grande eccesso di aria per
ottenere biossido di zolfo, mentre una parte viene trasformata in
idrogeno solforato. I due gas si introducono in torri da cui piove
acqua, ottenendo zolfo colloidale. Per quanto la maggior parte dello
zolfo venga utilizzato per produrre biossido e quindi acido solforico,
esistono numerosi altri impieghi dell'elemento. Serve nella
vulcanizzazione della gomma e per la produzione di ebanite; entra nella
composizione di alcuni esplosivi e dei fiammiferi; in agricoltura è
utilizzato come anticrittogamico.
Il
biossido di zolfo SO2,
detto anche anidride solforosa, conosciuto da lungo tempo, fu studiato
da Stahl; la sua composizione in volumi venne stabilita per sintesi da
Gay-Lussac. È un gas incolore, dall'odore soffocante e dal sapore
acido, di densità 2,3. Bolle a 10 °C e viene commerciato in bombole
di acciaio o di alluminio. È molto solubile in acqua a 0 °C, ma si
libera completamente come gas dalla soluzione acquosa a 100 °C. A
temperatura molto elevata si dissocia in zolfo e ossigeno. Viene ridotto
da pochi reagenti e non mantiene la combustione, però al calor rosso
l'idrogeno, il fosforo e il carbonio possono ridurlo a zolfo. Riscaldato
con ossigeno a contatto di un catalizzatore a base di platino, il
biossido di zolfo si trasforma in triossido SO3;
l'ossidazione è molto più facile in soluzione; ha luogo a freddo in
presenza di aria e dà acido solforico. Su queste reazioni è fondata la
preparazione industriale di questo importantissimo composto. Ne risulta
che il biossido di zolfo, e più ancora la sua soluzione nella quale è
presente come acido solforoso, sono energici riduttori che agiscono
sulle soluzioni degli alogeni e dei loro ossidi, sull'acido nitrico, sui
sali ferrici e sui sali dei metalli preziosi. Il biossido di zolfo
riduce, trasformandoli in sostanze incolori, anche molti coloranti. Il
biossido di zolfo è fra i costituenti delle emanazioni vulcaniche ed è
presente nell'atmosfera delle città perché è uno dei prodotti di
combustione del carbone e della nafta. Tra le principali conseguenze
della sua eccessiva concentrazione c’è anche il fenomeno delle piogge
acide, tristemente noto in molte città fortemente industrializzate.
Lo
zolfo è preparato industrialmente per combustione dello zolfo o per
arrostimento dei solfuri metallici, in particolare della pirite. Questa,
riscaldata a circa 600 °C in corrente d'aria, genera un miscuglio
gassoso contenente l'8% di biossido di zolfo. Dal gas si eliminano le
polveri e si fa assorbire il biossido di zolfo in acqua. La maggior
parte del biossido preparato industrialmente viene trasformato in acido
solforico;
un'altra utilizzazione è la preparazione dei solfiti
e
dei tiosolfati. È usato in taluni tipi di macchine frigorifere perché
ha un elevato calore di evaporazione; serve come
candeggiante, specie della seta e della lana.
Poiché è un antifermentativo, viene utilizzato per disinfettare
le botti (solforazione)
e, a ben fissate concentrazioni, come conservante di alimenti. Il
triossido di zolfo o anidride solforica SO3,
isolato da A. Bussy nel 1824, si presenta normalmente in cristalli
trasparenti dall'aspetto setoso che fondono a 16,8 °C. In tal caso è
un trimero, ma si conoscono due forme polimere cristalline; allo stato
gassoso è un monomero. Per riscaldamento si dissocia in ossigeno e
biossido. Avidissimo di acqua, si combina con essa violentemente dando
acido solforico. È preparato industrialmente per ossidazione catalitica
del biossido.
Petrolchimica.
La
produzione di zolfo a partire dall'idrogeno solforato
contenuto nel petrolio grezzo o nei gas naturali ha acquisito notevole
importanza dopo la messa a punto di processi catalitici, che assicurano
elevati rendimenti. Le rilevanti riserve mondiali di idrogeno solforato
(solo quelle del Wyoming, negli Stati Uniti, sono stimate a 6 milioni e
mezzo di t) e il basso costo dello zolfo così ottenuto hanno reso
antieconomica l'escavazione del minerale. Tutti i processi di estrazione
si basano sulla concentrazione dell'idrogeno solforato, per assorbimento
su soluzioni di tioarseniato di sodio o di ortofosfato di potassio, con
successivo recupero del reagente. Questo avviene rispettivamente per
insufflazione d'aria, con produzione di zolfo elementare contenente
molte impurezze, o con uno stripping in due stadi. La desolforazione di
prodotti petroliferi col processo Girbotol utilizza invece una soluzione
di etanolammina, che viene rigenerata in una colonna a parte. Per la
conversione dell'idrogeno solforato in zolfo si usa ancora il processo
scoperto da Claus nel 1883 e perfezionato da Baher nel 1937. L'idrogeno
solforato viene bruciato in un forno con produzione di biossido di
zolfo; la reazione è altamente esotermica e i fumi uscenti alla
temperatura di 1.000 °C passano in uno scambiatore di calore per
abbassarne la temperatura al valore optimum della reazione di
conversione tra idrogeno solforato e biossido, ottenendo
contemporaneamente produzione di vapore sufficiente al fabbisogno
dell'intero impianto. La reazione
2
H2
S + SO2
D
3
S+2 H20+15.700
cal.
catalizzata
da bauxite avviene in un reattore da cui il gas ricco di zolfo è
inviato a una torre di lavaggio nella quale in controcorrente scorre
zolfo liquido. Il rendimento del processo può raggiungere circa il 95%,
con impurezze minori dello 0,03%.
(dal
Dizionario di chimica Minerva)