Il Clan dei Montedoresi
A cura di T.Hunt e M.A. Tona
A circa 130 miglia a Ovest della città di New York,
un’organizzazione segreta prese piede, ai primi del ‘900, fra la
comunità Italiana dei lavoratori delle miniere di carbone nel nord est
della Pennsylvania.
L’organizzazione segreta conosciuta come "the
Men of Montedoro" giocò un ruolo importante nello sviluppo della
Mafia Americana, servendo da forza di coesione tra i clan di New York e
Buffalo, dirigendo il crimine organizzato nel lucrativo campo del
taglieggiamento dei lavoratori e operando al confine tra il racket
sotterraneo e le attività legali.
Le miniere di carbone
Gli abitanti della Pennsylvania divennero consapevoli
della presenza dei grandi depositi di antracite alla fine del 18°
secolo. Il duro e lucido carbone venne considerato una povera sorgente
di energia poiché difficoltoso ne era il controllo della combustione.
Per questo vi era poco interesse alla sua estrazione. Il sistema pratico
per usare l’antracite nel riscaldamento domestico venne sviluppato all’inizio
del 19° secolo.
La geograficamente isolata regione del Wyoming Valley,
nel Nor dest della Pennsylvania era particolarmente ricca di dura
antracite. Tuttavia, il costoso e pericoloso sistema di trasporto verso
i mercati attraverso i fitti boschi del Pocono Mountains o dell’infido
fiume Susquehanna frustrarono gli sforzi di sfruttamento minerario nella
regione. A metà del secolo, vennero realizzati dei canali per risolvere
il problema. Il North Branch Canal permise il trasporto del carbone in
direzione sud verso Filadelfia e Baltimora. Successivamente, l’estensione
verso nord consentì l’accesso ai mercati di New York e del New
England. Negli anni ’60 dell’ ‘800, la ferrovia iniziò a servire
la regione.
Non appena l’industria mineraria dell’antracite
iniziò la sua crescita, si ricorse all’impiego di minatori esperti
provenienti dalla Scozia e dal Galles. Questi primi arrivati andarono a
lavorare nell’area del Carbondale e gradualmente si mossero verso
sudovest lungo la valle, verso Scranton, Pittston e Wilkes-Barre. La
Wyoming Valley divenne una meta popolare per immigranti in cerca di
lavoro. Una notevole varietà di Europei in cerca di sistemazione, fra
essi Tedeschi, Polacchi, Italiani e Siciliani seguirono gli Scozzesi e i
Gallesi nella nascente comunità della Luzerne County di Pennsylvania.
Si stima in circa centomila gli immigrati sistemati nella regione tra il
1870 ed il 1915. Molti vivevano in ("mining patch") villaggi
affiancati, progettati, costruiti e controllati dalle compagnie che
tenevano in affitto l’area mineraria. I residenti nei villaggi
affiancati erano costretti a pagare l’affitto di baracche cadenti e
fare la spesa nei negozi di proprietà della compagnia medesima.
A cavallo del secolo, la Contea di Luzerne beneficiò
della esperienza di immigrati provenienti dalle miniere di zolfo della
Sicilia interna, famiglie di Montedoro e del vicino Serradifalco si
spostarono verso questa regione. Si concentrarono nella città in
espansione di Pittston, che cresceva lungo il fiume Suquehanna.
Montedoro da tempo era un centro di attività
mineraria in Sicilia, e molta della sua popolazione maschile, inclusi
adolescenti, erano impiegati nelle miniere. Il nome del Comune tradotto
in "mountain of gold", si credeva fosse riferito al prezioso
zolfo del sottosuolo. Mentre qualche strato di zolfo era cavato in
superficie, la maggior parte della estrazione si eseguiva attraverso
profondi scavi minerari, simili a quelli usati per estrarre il carbone
di antracite nella valle dello Wyoming.
Per altro, la emigrazione delle famiglie da Montedoro
non coincise con le peggiori condizione di lavoro minerario nelle
miniere di zolfo ma a causa del fallimento di alcune compagnie abusive.
Una storia riferisce, " Fu solo negli anni ’90, attraverso gli
sforzi di attivisti sociali tipo Luigi Sturzo (un prete Cattolico), che
norme contro il lavoro disumano e l’impiego dei ragazzi vennero
emanate". Non è dato sapere con certezza se gli sforzi per
regolare le attività minerarie fossero in relazione all’arrivo dei
Montedoresi a Pittston. Ma è necessario sottolineare che i nuovi
immigrati portarono con essi l’influenza corruttiva e abusiva della
Mafia della loro nazione di provenienza.
L’arrivo dei Montedoresi
Uno fra i primi ad arrivare da Montedoro fu Salvatore
Bufalino, che attraversò l’atlantico nella tarda estate del 1901.
Nell’Aprile del 1902, venne raggiunto dal cugino Giuseppe La Torre,
che entrò negli USA attraverso il porto di New York a bordo della S.S.
California e venne a vivere col Bufalino al n° 39 di Main Street in
Pittston.
L’area di Pittston rapidamente divenne la casa
adottiva di numerosi Bufalino, Sciandra, Lucchino e altri da Montedoro.
Molti si sistemarono in piccoli villaggi minerari chiamati Brandy Patch
nel sudest di Pittston. Altri si sistemarono in case di proprietà delle
Compagnie nei pressi di Brown Patch.
Il figlio maggiore di Giuseppe La Torre arrivò negli
USA nel Maggio 1903. Nato il 12 Marzo 1886, Stefano La Torre aveva 17
anni e probabilmente già Mafioso quando raggiunse New York sul
piroscafo Principe di Sicilia.
Stefano La Torre fece la traversata transatlantica
con Onofrio Morreale, nativo e compagno di Montedoro. Anche il Morreale
venne indirizzato verso Pittston. La moglie di Giuseppe La Torre, Maria
Marranca ed il resto dei ragazzi – Carmelo, Giovanna, Angela e
Salvatore ( la coppia ebbe un altro ragazzo, Calogero, mentre erano a
Pittston ), traversarono l’atlantico sei mesi dopo.
Due secondi cugini di Salvatore Bufalino, Angelo e
Calogero (Charles) raggiunsero il Brown Patch di Pittston intorno al
1903-1904.
Le indagini delle Autorità successivamente
conclusero che Charles Bufalino, come Stefano La Torre, erano membri
trapiantati della Mafia di Montedoro.
Nel 1906, Stefano La Torre pagò il biglietto per la
traversata al cognato, allora 26enne, capo della Mafia di Montedoro,
Santo Volpe. Volpe arrivò a New York il 30 Giugno e prosegui per
Pittston. Per le sette decadi seguenti, gli Uomini di Montedoro, delle
famiglie La Torre, Volpe, Bufalino e Sciandra comanderanno la
sotterranea Mafia locale e avranno grande influenza sulla politica, il
lavoro e l’industria della Wyoming Valley.
LEGAMI CON BUFFALO
Alcuni Montedoresi resistettero alla corrente verso
le miniere e si fermarono nell’affollata città di Buffalo. Questi
includevano molti parenti di quelli che popolavano Pittston. I Bufalino
e Sciandra hanno forti presenze a Buffalo. Dopo meno di un anno a
Pittston, Angelo Bufalino richiamò la moglie Cristina Buccoleri ed i
loro 4 figli – Giuseppa, Calogero, Cristina e Rosario. A dicembre 1903
la traversata fallì per problemi di salute. La famiglia infine
raggiunse gli USA nei prima del 1906, ma la giovane Cristina,
probabilmente ancora malata, resto indietro in Italia.
Angelo Bufalino morì in un incidente minerario prima
che la moglie ed i bambini raggiunsero New York City. I nuovi arrivati
rimasero per un certo tempo a Elizabeth Street in Manhattan prima di
dirigersi a ovest verso Buffalo. Calogero, che aveva americanizzato il
suo nome in Charles, s’impiegò come musicista teatrale. Rosario e
Giuseppina erano senza impiego. Dopo la morte della loro madre nel 1910,
tornarono in Italia per molti anni e di nuovo a Buffalo nel Febbraio del
1914. Qualche mese dopo il loro ritorno, Giuseppa Bufalino sposò Angelo
Cordaro barbiere a Buffalo che teneva due case di proprietà a Vermont
Street. I fratelli Charles e Rosario si spostarono anch’essi nella
residenza di Vermont Street. Rosario assunse il nome di Charles,
frequentò le scuole pubbliche di Buffalo e successivamente si impiegò
in una officina meccanica di automobili.
Carmelo Sciandra fu il primo membro della famiglia a
raggiungere gli Stati Uniti. Arrivò a NYC a bordo della SS Victoria l’11
Agosto 1897. Rimase in città per diverso tempo assieme al cognato
Salvatore Alaimo in Elizabeth Street. La moglie di Sciandra ed i figli
fecero la traversata nel 1900. Un altro Sciandra, cognato di Giuseppe
Licata di Serradifalco arrivò nel 1903. Licata venne in Sicilia nel
1905 e tornò all’inizio dell’anno appresso con la moglie ed i
figli. Restò per breve periodo col fratello Calogero in Pittston, ma
dal 1907, gli Sciandra, Licata e Alaimo si trasferirono a Buffalo.Si
stabilirono in un appartamento sopra un salone in Court Street.
Nell’estate del 1907, Angelo fratello di Carmelo
Sciandra, traversò l’Atlantico e si stabilì nel residence di Court
Street in Buffalo. La moglie di Angelo, Leonarda Laporta ed i loro tre
figli, Andrea, Giovanna e Pasqualina, arrivarono la primavera seguente.
La colonia siciliana di Buffalo,queste famiglie
montedoresi, caddero sotto l’influenza dei mafiosi di Castellammare
del Golfo e dell’area di Vallelunga-Valledolmo. Il Saloon appartenente
agli Sciandra ed Alaimo, nella residenza di Court Street venne adoperato
dal mafioso castellemmarese Angelo"Buffalo Bill" Palmeri, il
boss della mafia di Buffalo Giuseppe Di Carlo, originario di Vallelunga,
con radici in Valledolmo, gestiva una Compagnia di Import nelle
vicinanze. Palmeri era luogotenente della famiglia mafiosa di Di Carlo.
Vi erano ulteriori rapporti tra i componenti malavitosi delle famiglie
trapiantate da Castellammare e Montedoro negli USA. John C, Montana,
originario di Montedoro, che giunse a Buffalo, nel 1905, divenne una
figura chiave della famiglia criminale di West N.Y. dopo che Di Carlo fu
rimpiazzato da Stefano Maggaddino di Castellammare.
Il clan Montana- Maggaddino venne vincolato dal
matrimonio del nipote Charles, nipote di John, con la figlia Giuseppina
Maggaddino e la nipote Francesca Montana con il figlio Peter di
Maggaddino.
Una concentrazione di Castellammaresi nella città di
Endicot, N.Y. 65 miglia a Nord di Pittston, migliorò gli stretti
rapporti tra i malavitosi di Cstellammare e gli uomini di Montedoro. I
malavitosi siciliani di Endicot, a volte erano sotto il controllo del
luogotenente di Maggaddino, nativo di Castellammare, Giuseppe Barbara,
che aveva lavorato a fianco dei montedoresi di Pittston e Buffalo.
Mafia e retate
Intorno ai primi del 900 la crescente comunità
italiana del Wyoming Valley si batteva contro gli estorsionisti della
Black-Hand, i quali chiedevano il pagamento di un tributo agli onesti
cittadini e commetteva atti di violenza contro coloro che si
rifiutavano. Una organizzazione civica anti-mafia venne formata nella
regione del Carbondale. Gestita dal prete cattolico locale padre
Antonino Cerruti, chiamata Associazione di Protezione San Giuseppe, la
quale si sviluppò nelle città di Scranton e di Pittston. Dal 1907 il
gruppo ottenne numerose successi contro la malavita della regione. Si
vociferava che la più potente organizzazione mafiosa della zona era
quella di Pittston.
Un articolo proveniente da Wilkes-Barre, pubblicato
sul giornale di Filadelfia, ai primi del 1907, descriveva la lotta
contro la Mano nera:
"Negli ultimi cinque anni la società della Mano
nera ha avuto mano libera nella contea. Essa ha sistematicamente
rilevato tributi sopra centinaia di italiani, i quali pagavano somme
considerevoli per la protezione con la violenza, ha commesso numerosi
oltraggi sopra gli altri che rifiutavano il ricatto. Le autorità erano
quasi impotenti. Fino all’avvento del corpo di polizia dello stato, l’ufficio
del Giudice distrettuale non aveva la forza per fare arresti di massa e
ottenere la collaborazione delle vittime. Il destino degli informatori
era ben noto poiché chi avesse portato delle prove avrebbe subito una
morte violenta. In diverse occasioni gli italiani taglieggiati avevano
informato la polizia di avere ricevuto la lettera firmata dalla Mano
nera oppure erano stati personalmente minacciati; ma non appena
denunziavano i fatti estortivi gli veniva richiesto di essere testimoni
dichiaravano che mai avrebbero identificato alcuno e che non avevano
alcun sospetto, non sarebbero tornati a fare altre denunzie e se ne
tornavano a casa. Molti andavano in altre città per evitare la
ritorsione della Mano Nera. Anche lo spostamento in altre città erano
insicuri. Alcuni mesi addietro un italiano che aveva rifiutato di pagare
si era spostato a Berwick e li un mattino venne chiamato alla porta e
colpito a morte. L’ucciso non aveva legami con i suoi assassini. Un
altro che aveva dato informazioni, alcuni anni addietro, contro l’organizzazione,
venne colpito a morte a tarda notte a Pittston Anche in questo caso non
c’era alcun collegamento. Un terzo venne assassinato e il suo corpo
venne buttato in un buco di miniera vicino Browntown…. E l’elenco
potrebbe continuare. Le case venivano colpite con la dinamite, agli
uomini venivano tesii agguati e colpiti, le donne venivano terrorizzate,
le case subivano incendi, ma raramente vi erano degli arresti."
Venerdì di primo mattino, 15 febbraio 1907, il capo
della polizia di Pittston Joseph Loftus, molti agenti della contea e 35
agenti della polizia di stato "Troop B" conversero sul
sobborgo Browntown di Pittston. Molti arresti vennero eseguiti. Il
gruppo di polizia venne diviso in squadre che vennero inviate in
spedizione nei villaggi vicini. Ventidue italiani vennero arrestati e
accusati di vari reati inclusa l’associazione a delinquere, tentato
omicidio, attentato dinamitardo, estorsione, esplosione contro le
abitazioni. Arrestati e caricati di una cauzione di mille dollari e
portati in prigione. Durante il raid la polizia rastrellò un vagone di
fucili e pistole, coltelli ed esplosivi. Diciotto dei detenuti vennero
allineati nei corridori della prigione di Wilkes- Barre e citati in
giudizio. Molti testimoni hanno descritto come la popolazione era stata
terrorizzata, facendo pagamenti periodici in contanti. Alcuni
testimoniavano che gli accusati erano membri di una società segreta con
più di 500 membri con ramificazione a N.Y.C., Buffalo, Rochester,
Scranton, Wilkes –Barre e altra mezza dozzina di città. Il Giudice
distrettuale Abram Salburg dichiara alla stampa che gli arresti hanno
sgominato la società criminale della zona e sono di ammonimento per i
detenuti.
LA MANO NERA A GIUDIZIO
Tredici degli accusati degli appartenenti alla Mano
nera vennero chiamati in giudizio il 22 aprile 1907 nell’aula di
Tribunale di Wilkes-Barre del giudice Gaius Leonard Halsey. Tra gli
accusati vi erano: Calogero Bufalino, Stefano La Torre, e Salvatore
Bufalino; altri accusati erano: Gioacchino Cimmone, Calogero e Josye
Comella, Calogero Dominici, Calogero Consaga, Vincenzo Lupona, Salvatore
e Pietro Lucchino, Antonio Tagliarino.
Il processo ebbe l’attenzione dei media nazionali e
venne seguito dai membri della polizia di N.Y.C. e dal servizio segreto
degli USA e nello stesso tempo da alcuni membri delle organizzazioni
criminali di N.Y. e Filadelfia. Il primo testimone dell’accusa fu
Calogero Rizzo il quale testimoniò che 20 degli accusati erano
coinvolti nell’attentato dinamitardo alla sua abitazione del 24
dicembre del 1905, in particolare indicò Stefano La Torre e due altri
accusati di essere tra coloro che piazzarono la bomba nella sua casa.
Rizzo disse che aveva avuto una richiesta scritta di 500 dollari. Questa
richiesta era accompagnata dall’avviso che in caso di mancato
pagamento sarebbe stato punito con la distruzione della casa o con la
morte. Piuttosto che pagare Rizzo portò la lettera al capo della
polizia Loftus.
Giuseppe Rizzo fratello di Calogero confermò la
testimonianza e fornì altri dettagli sulla lettera della Mano Nera che
anche lui aveva ricevuto. La lettera chiedeva 400 dollari da lasciare
nella miniera n.4 vicino Pittston. Nello sforzo di catturare gli
estorsori egli ad altri amici prepararono un’imboscata nella miniera.
Tuttavia i membri della Mano Nera non si fecero vivi. In una lettera
minatoria successiva aumentarono la richiesta a 500 dollari. L’accusato
Salvatore Lucchino emerse come figura centrale nell’organizzare l’estorsione
contro i fratelli Rizzo. Altri testimoni confermarono che Lucchino
organizzò l’attentato alla casa dei Rizzo e prese parte alla
sparatoria in altra occasione e personalmente aveva scritto le lettere
minatorie. Il testimone Giuseppe Jorge raccontò del precedente
tentativo di collaborazione insieme alla polizia locale che portò all’arresto
di Gonzaga e Lucchino relativamente alle estorsioni della Mano nera.
Alla chiusura del dibattimento, il 27 aprile, la stampa apprese che
lettere minatorie erano state ricevute dal giudice dell’accusa
Salsburg, dal capo della polizia Loftus, e il detective della contea
Edward Mackim. Le lettere promettevano la morte se gli imputati della
Mano Nera fossero stati condannati. Salsburg si rifiutò di discutere
delle minacce ma parlò della storia dell’organizzazione criminale
siciliana della regione:
"Sono fermamente convinto che esiste un cosca
della Mano Nera della contea. E’ una filiazione dell’organizzazione
della Mano Nera di N.Y. Sono portato a credere che (Luciano) Perrino,
meglio conosciuto come "Ox", era abbastanza attivo a Browntown,
sobborgo di Pittston, finché incontrò la morte per mano di un
assassino. Perrino era indubbiamente coinvolto nel mistero dell’assassinio
di "Barrel Murder Mystery" a N.Y. dopo che egli venne
rilasciato dalla prigione venne direttamente a Browntown, che
allora era il quartiere generale della locale Mano Nera. Egli fu astuto
e attento e riuscì ad ottenere grosse somme dai suoi paesani. Questa
situazione non durò a lungo finché un certo numero di italiani
estranei arrivarono da altre città. Ox introdusse gli estranei fra i
suoi benestanti amici italiani come suoi amici. Dopo qualche settimana
gli estranei se ne andarono ma lui rimase. Le lettere cominciarono ad
essere ricevute dai benestanti italiani comunicando loro che se non
avessero pagato una certa somma di denaro agli inviati della società le
loro vite sarebbero state in pericolo. Molti di quelli che ricevettero
le lettere di estorsione andarono dal signor Ox a chiedere come
comportarsi. Egli proponeva un accomodamento. Era l’accordo di
accettare il 50% di quanto richiesto e dava assicurazione che non
sarebbero più stati molestati in futuro. Nella maggior parte dei casi
il denaro venne pagato, il signor Ox prendeva i soldi ma fu molto
egoista. Egli tratteneva per sé la maggior parte del denaro. Questo
causò una discussione con il luogotenente e una notte fu ucciso per
strada. Il suo corpo non fu ritrovato se non l’indomani mattina. Fu
crivellato di proiettili mostrando che i suoi nemici lo odiavano con
accanimento. Questi italiani che si rifiutarono di pagare al signor Ox
presto sentirono il peso della Mano nera. Tre assassini ebbero luogo in
breve tempo io credo che gli assassinati furono vittime dell’organizzazione.
Non solo fecero ricorso agli assassini ma anche alle rapine.
Durante il dibattimento i nostri detective hanno
notato dentro e attorno all’aula del tribunale, degli italiani che
erano stati implicati in crimini sia a Filadelfia che a N:Y. e altre
grandi città. Sono sicuro che erano lì per non buoni propositi. Uno
dei testimoni venne intimidito, ma avendo aumentato il numero degli
agenti, siamo stati capaci di dare protezione ai nostri testimoni e sono
venuti a testimoniare senza alcun timore."
La difesa, inizio l’arringa il 29 aprile,
sostenendo che l’accusa aveva creato una cospirazione criminale
fantasiosa allo scopo di deprimere la fiducia degli immigrati nella
giustizia e per la loro libertà. L’avvocato della difesa accusava i
testimoni chiave dell’accusa, Charles e Josef Rizzo di condurre un
sala gioco d’azzardo illegale e di stare tentando di rimuovere il
potenziale rischio proveniente dalla presenza di residenti onesti nel
quartiere.
I testimoni della difesa elogiavano il buon carattere
degli accusati. L’accusato Dominici affermava che era arrivato negli
USA non prima del mese di luglio successivamente al verificarsi dei
fatti criminosi.
L’imputato Lucchino testimoniò il 2 maggio. Egli
negò ogni coinvolgimento nelle azioni terroristiche contro i fratelli
Rizzo. Seppe del fatto dell’attentato con le bombe alla casa dei Rizzo
il mattino dopo. L’accusa concluse la sua requisitoria venerdì 3
maggio. Il giudice Halsey investì la giuria il sabato mattina. La
giuria arrivò alla deliberazione prima di Mezzogiorno. La lista dei
giurati raggiunse il verdetto alle ore 20,15. Dopo che la Corte chiese
ulteriore aggiornamento il verdetto venne sigillato e chiuso a chiave.
Il lunedì mattino, 6 maggio, il verdetto venne aperto e letto nell’aula
di giustizia del giudice Halsey. Tutti gli imputati eccetto Volpe e
Paternostro furono condannati. Volpe fu immediatamente rilasciato.
Paternostro fu ritenuto per altra accusa. Il sabato il giudice in modo
sorprendente comminò pene leggere. Gli accusati vennero condannati ad
un anno di prigione. A ciascuno venne addebitata la spesa legale.
Crescita tranquilla
Santo Volpe, Stefano La Torre e Calogero Bufalino
tranquillamente estesero la loro influenza sulla loro organizzazione
mafiosa di Pittston durante il 1910.
Bufalino, conosciuto nella società segreta come
"The old man" usò le sue relazioni criminali per migliorare
la sua condizione finanziaria, ma in generale evitando ogni
responsabilità organizzativa. Il lavoro di guidare la mafia nelle varie
attività economiche venne lasciato a Volpe e La Torre. Mentre le loro
attività si allargavano nella regione evitando i colpi della giustizia
emergeva la loro vera occupazione. Fino al 1918 Volpe e La Torre erano
impiegati nei profondi pozzi di antracite della Pennsylvania Coal
Company. Dal 1920 ebbero sufficienti risorse e legami per diventare
appaltatori di miniere. Calogero Bufalino si associò a loro nell’impresa.
La loro piccola compagnia carbonifera arrivò al punto di comandare sull’estrazione
della PCC. Per il quarantenne Volpe l’ingresso in questa attività
lavorativa coincise col trasferimento nel bel residence a nord della via
principale di Pittston. E’ molto probabile che Volpe e La Torre, in
buoni rapporti con l’Unione dei lavoratori, portavano avanti una forma
di racket per minimizzare le spese e massimizzare i loro profitti. La
loro piccola Compagnia fu capace di selezionare la manodopera e riusciva
ad occupare quelli che non credevano nell’Unione.
Quelle persone che avevano scarso senso di adesione
all’Unione erano disposti a subire ritorsioni economiche.
Durante il 1920 un buon numero di parenti di Buffalo
si spostarono a Pittston e si dedicarono oltre alla attività mineraria
anche nella rapida ascesa dell’industria dell’abbigliamento. Grandi
manifatture di vestiario da N.Y. si trasferirono nella Wyoming Valley
negli anni 20, allontanando le costose organizzazioni dei lavoratori
della città. Essi trovarono tanti lavoratori non organizzati e
disoccupati ed anche mogli e figli. Jhon Sciandra di Buffalo, si sposò
con Giuseppina Mancino, il 30 gennaio 1931. Nel novembre dell’anno
seguente la coppia si trasferì a Pittston. Mentre il fratello maggiore
Andrea rimase a Buffalo i loro genitori, Angelo e Leonarda, e i giovani
Gasparino e Giacomo si trasferirono pure a Pittston. Un bambino nacque a
Giovanni e Giuseppina Sciandra nel 1924. Nel rispetto delle tradizioni
siciliane, essi chiamarono il figlio Angelo, in onore del nonno paterno.
Rosario Bufalino di Buffalo si sposò con Carolina Sciandra nel 9 agosto
del 1928. Essi si trasferirono nella Wyoming Valley nel 1940.
LOTTE OPERAIE
Le compagnie delle miniere di antracite e i loro
lavoratori organizzati ebbero, in generale, relazioni contrastanti,
durante le due decadi del 1902 che causò il crollo della produzione per
quasi tutto l’anno. I minatori si astennero dal lavoro nel 1906 e
quasi due mesi nel 1912. Un minacciato sciopero del 1920 venne bloccato
per ordine del Presidente USA Woodrow Wilson, ma in ogni caso
dopo manifestazioni violente. All’inizio dello sciopero il detective
Sam Lucchino parente acquisito di Stefano La Torre, venne assassinato.
La polizia arrestò due uomini: Pietro Erico e Antonio Puntario, che si
credeva fossero stati chiamati dal New Jersey, per eliminare Lucchino.
Un rivale politico di Lucchino, Calogero Consagra, si credeva che avesse
promesso ai pistoleri 35 mila dollari per l’assassinio. Erico e
Puntario vennero condannati alla pena di morte e giustiziati sulla sedia
elettrica. La sentenza venne eseguita il 25 settembre 1922 nel
penitenziario di Rockview. Pa. Durante lo sciopero un certo numero di
abitazioni di italiani a Pittston vennero colpite da bombe. La famiglia
di Stefano la Torre venne bersagliata in ben due attacchi. Una carica di
dinamite esplose nella casa di La Torre al 175 di Royal Road St, ai
primi di settembre del 1920, una settimana dopo, un condominio della
South Main St. La figlia di La Torre occupava una suite in questo
edificio. La violenza continuava nei mesi seguenti quando un emergente
Leader dei lavoratori Rinaldo Cappellini prese il controllo UMW- America
della regione. Cappellini, un alleato di Volpe e La Torre, salì al
potere con l’aiuto di James Joyse di Pittston. Subito dopo Cappellini
e Joyce diversificarono la loro posizione con Joyce che adottava una
gestione più conciliante. I due uomini si accusarono vicendevolmente di
avere avuto ricompense illecite da parte delle compagnie
carbonifere(probabile che lo fossero tutti e due). Cappellini fu
costretto ad ammettere di avere ricevuto 10mila dollari dalla Pa. Coal,
ma egli dichiarò che si trattava di un risarcimento danni per un
incidente di 15 anni prima, che gli aveva causato la perdita di un
braccio.
Il 16 gennaio 1921 la casa ed il negozio di Joyce
vennero distrutti di prima mattina, l’esplosione buttò giù il fronte
dell’edificio e fece crollare una parte della fondazione. Diverse case
del vicinato subirono danni però Joyce non subì danni.
Il governatore della Pennsylvania fece dei passi per
risolvere le dispute nel 1922-23. A conclusione di questi accordi, nell’estate
del 1925, vi fu, tuttavia, un crollo della produzione di antracite. Gli
operai non erano proprio a terra per fare delle concessioni. La
competizione tra le compagnie minerarie, la sovrapproduzione e lo
sviluppo di oli meno costosi come combustibili alternativi, avevano
fatto crollare il prezzo del carbone e i profitti per gli industriali.
Le più grandi compagnie, quelle impegnate nelle estrazioni profonde,
preferirono dare le miniere in affitto ad altri. Alcune compagnie
ridussero la produzione fermando gli operai nella speranza che la
scarsezza avrebbe fatto aumentare il prezzo al mercato. I lavoratori
fecero numerose richieste, incluso il "Check-off", attraverso
il quale quanto dovuto all’unione veniva dedotto dalla busta paga; un
dollaro al giorno di aumento; e il 10% di aumento del tasso d’uscita;
equalizzazione della produzione nella regione mineraria e la fine
del subappalto. L’accordo venne raggiunto dopo 164 giorni di sciopero
e un costo stimato di un miliardo di dollari. Molte delle richieste
rimasero irrisolte.
Guerra civile all’interno
della UMW
Ciccio Agati ebbe un ruolo importante nel N.E.
Pennsylvania durante la metà degli anni 20. Egli fu un organizzatore
della UMW in modo informale serviva da guardia del corpo e manforte per
Cappellini Presidente del popoloso Distretto 1. Segretamente e quindi
illegalmente Agati serviva come partner silenzioso di Volpe e La Torre
nella Compagnia mineraria, assicurando che la compagnia non avesse
problemi con i lavoratori. Alla fine del 27 una fazione anti Cappellini
emerse all’interno dell’ UMW.
Questa fazione diretta da Alex Campbell membro della
direzione internazionale dell’Unione, fu capace nel gennaio del ‘28,
di mettere sotto controllo il Local 1703 in cui lavoravano operai di sei
miniere della PCC. La Compagnia PCC fece in modo che in queste sei
miniere si riducesse la produzione dell’antracite. L’amministrazione
in difensiva di Cappellini cercò di eliminare Campbell nel tentativo di
riportare gli operai nella Unione. Il conflitto tra le due parti diede
luogo ad attentati dinamitardi alle abitazioni e ad omicidi.
Il 19 gennaio il nuovo tesoriere del Local 1703
Thomas Lillis venne assassinato in un agguato mentre tornava a casa da
una riunione dell’Unione. Lillis era Leader nel movimento riformista
di Campbell, venne colpito da 5 proiettili.
Il 16 febbraio 1928 la polizia ricostruì l’omicidio
di Giuseppe Cicero, avvenuto nel West Wyoming Pa. Cicero venne trovato
con la gola tagliata. Ernesto Cassico e Samuele Savoca, figlio adottivo
della vittima, venne arrestato, destando meraviglia, in quanto Samuele
era un uomo di fiducia di Cicero.
Lo stesso giorno 3 uomini di Campbell (il Presidente
della Local 1703 Samuel Bonita, Stefano Mendola e Adam Moleski ) fecero
visita al quartiere generale dell’Unione di Wilkes Barre, per
incontrarsi con il membro del direttivo della UMW Augusto Lippi. Bonita
chiese l’assistenza di Lippi per riaprire i negoziati per le 6
miniere. Franco Agati, interruppe la riunione scambiando insulti con
Bonita e subito dopo, passarono alle pistolettate. Agati cadde
mortalmente, Bonita, Mendola e Moleski scapparono. Il giorno dopo Bonita
venne fermato dalla polizia e arrestato non appena fu dentro la stanza
del giudice. Le autorità inizialmente ritenevano che gli omicidi
fossero slegati tra di loro, ma poi questa ipotesi venne scartata.
Il 18 successivo "Big Sam" Grecio, un
leader riformista del UMW e cognato dell’ultima vittima Giuseppe
Cicero ebbe teso un agguato da uomini armati e colpito a morte. Grecio e
la moglie erano di ritorno da una visita alla famiglia di Cicero, quando
due uomini saltarono fuori dall’ombra. Uno bloccò Grecio e lo
tratteneva mentre l’altro gli sparava. Moribondo, nel letto dell’ospedale,
Grecio mandò a chiamare Alex Campbell e disse, al leader della fazione
riformista:"Stanno venendo anche per te, caro amico, stai molto
attento". Il preavviso divenne una realtà appena dieci giorni
dopo. La sera del 28 febbraio il 55 enne Campbell e il segretario locale
dell’Unione Pete Reilly (Pete Saudargas), di 22 anni, andavano assieme
verso casa avendo assistito alla conferenza dell’Unione, assieme alla
polizia, in merito all’eccidio di Franco Agati. Non appena il veicolo
che trasportava i due uomini raggiunse la casa di Campbell, un’altra
macchina si mise di traverso, uomini armati aprirono il fuoco con
pistole e revolver. Le indagini conclusero che il doppio omicidio venne
commesso da professionisti giunti da fuori regione. Voci li collegavano
a Vincenzo Damini che era scappato a New Orleans. Seguendo gli omicidi
di Campbell e Reilly, il sindaco di Pittston scrisse una lettera di
aiuto al Presidente della UMW d’America:
"Le fazioni ostili della locale organizzazione
hanno creato una situazione di terrore poiché sono accaduti con
frequenza attentati dinamitardi, omicidi e tentati omicidi. Due leader
emergenti del sindacato minerario sono stati assassinati a sangue freddo
nel cuore della città la scorsa sera. La nostra città è in preda al
terrore e all’agitazione.
La causa di questa sanguinosa faida o vendetta è
nota alle persone accorte nella regione mineraria. Questa disgraziata e
tragica situazione è attribuita direttamente alle ostilità che
esistono tra i responsabili delle miniere, gli appaltatori, i capi dell’Unione
dei lavoratori e i nuovi Leader emergenti collegati con la Compagnia
mineraria (PCC). La gente crede che voi stesso, il Presidente dell’Unione
distrettuale Cappellini e il capo della Compagnia mineraria PCC, potete
mettere fine a queste ostilità e chiudere questa campagna criminale, se
poi vi mettete assieme e fate un grande sforzo per sedare questi
contrasti."
In una affollata aula di giustizia a Wilkes- Barre l’11
di aprile Sam Bonita ammise di avere ucciso Franco Agati. Tuttavia
Bonita sosteneva che si trattava di legittima difesa. Diceva che Agati
aveva sparato il primo colpo. Steve Mendola e Adam Moleski, accusati di
essere complici, confermarono la versione di Bonita. Un perito balistico
chiamato dalla difesa confermava che un proiettile di calibro diverso da
quello esploso da Bonita era stato ritrovato in un muro del quartier
generale dell’Unione. Quel proiettile, sosteneva l’avvocato della
difesa, era quello sparato da Agati. Il collegio giudicante Bonita
restò riunito 43 ore per trovare il modo di accusarlo di omicidio
volontario. Il giudice raccomandò una sentenza mite. I giornali erano
simpatizzanti per Bonita e per la revisione del processo:
"Gli emergenti hanno duramente combattuto il
sistema contrattuale delle miniere della PCC di Pittston contestando gli
appaltatori che erano diventati ricchi con lo sfruttamento dei minatori
e che le condizioni contrattuali locali erano in contrasto con i criteri
del contratto nazionale e che tale sistema era permeato di
corruzione."
Di fronte a questa crescente opposizione Cappellini
rassegnò le dimissioni da Presidente dell’UMW Distretto n.1, a
partire dal 1 giugno 1928.
John Boyland, eletto in sostituzione, si impegnò a
porre fine al sistema del contratto minerario che sosteneva fosse una
maledizione per l’industria. A dispetto di questi buoni propositi il
sistema rimase in vigore fino alla chiusura delle miniere della Wyoming
Valley.
Nel 1929 la Compagnia mineraria guidata da Santo
Volpe, Stefano la Torre e Calogero Bufalino si sciolse. Quello che in un
primo momento sembrava essere stato causato dalla elezione di Boyland
può essere stato, invece, a causa del dissesto finanziario subito da
Stefano La Torre a causa del crollo della Borsa e gravi discordie tra
gli Uomini di Montedoro riguardo l’uccisione di Campbell e Reilly:
" Io credo che gli sviluppi dell’accordo della
società di Volpe, La Torre e Bufalino, ha subito un grave colpo per il
mancato, da parte di La Torre, risarcimento a favore di Campbell e
Reilly. Un informatore disse che la colletta fu organizzata da qualcuno
"dell’organizzazione" e quando La Torre rifiutò di pagare
la sua quota, Volpe e Bufalino dovettero partecipare con una quota
maggiore. L’informatore dichiarò che questo fu l’inizio della lite
tra La Torre e gli altri due."
A dispetto di avere pagato una loro quota per avere
pagato il sicario, sembrava che Volpe avesse ricevuto un grosso
beneficio dall’accordo sindacale. All’inizio del 1930 si trasferì
dalla casa di Main Str. nella nuova casa da 20 mila dollari al casa
Wyoming nel quartiere di West Pittston.
GLI
OMICIDI CONTINUANO
Alle otto di sera del 4 gennaio del 1931 Calogero
Calamera stava passeggiando lungo la Rail Road Str. quando due uomini lo
assalirono. Uno tirò fuori una pistola e sparò sei colpi, Calamera
cadde ferito a morte. Calamera, un altro nativo di Montedoro, da molto
tempo residente a Pittston arrivato nell’estate del 1903 dopo la
traversata dell’Atlantico. Calamera lavorava come minatore ed ebbe
molta influenza nella locale UMW. Periodicamente tornava in Sicilia dove
la moglie Maria Campanella e i suoi figli continuavano a vivere. Il suo
ultimo viaggio verso il suo vecchio paese era avvenuto pochi giorni
prima dell’omicidio, attraverso N.Y. il 30 dicembre del 1930.
Calamera visse abbastanza per rivelare alla polizia
che il locale mafioso Tony Morreale gli aveva sparato, probabilmente per
ordine di Santo Volpe e Calogero Bufalino. Non è noto se Calamera ha
fatto parte della mafia di Montedoro, ma i suoi stretti rapporti con i
membri sembrò evidente con la sua dichiarazione in punto di morte.
Calamera non identificò mai il secondo uomo
coinvolto nel ferimento. La polizia sospettava che Joseph Barbara avesse
aiutato il Morreale. La polizia arrestò Morreale con l’accusa di
omicidio e Barbara per sospetto. Calamera incluse Barbara tra quelli che
avevano un alibi, però sembrò chiaro che Barbara non fosse estraneo
all’attività criminale. Calamera sosteneva che al tempo dell’omicidio
di Pittston egli si trovava nella località di Old Forge impegnato in
una distilleria di alcool gestita dallo stesso. Senza ulteriori elementi
contro Barbara la polizia fu costretta a rilasciarlo.
Il 2 marzo avvenne un altro omicidio. Salvatore
Licata membro della UMW facente capo alla fazione gestita da Campbell e
amico di Calogero Calamera, fu ucciso mentre tornava, una sera, a casa
dalla sala bigliardo di Pittston. La polizia trovò il suo corpo senza
vita di fronte alla casa di Sam Lucchino. Licata era stato colpito da 5
colpi al petto, all’addome e alle spalle. Vi fu il sospetto che Licata
fu assassinato per avere informato la polizia sul ruolo avuto da Little
Jimmy Damini nell’omicidio di Alex Campbell.
FUORI DALLA
PENNSYLVANIA
Mentre gli uomini di Montedoro stavano sistemando i
loro affari con la fazione contrastante di Campbell in seno alla UMW di
Pittston, la mafia di N.Y. e delle altre maggiori città era impegnata
nella lotta interna conosciuta come Guerra Castellamarese. Il boss dei
boss Giuseppe Masseria di N.Y. e i suoi alleati di Chicago, Cleveland e
Detroit, erano in guerra contro i mafiosi di Castellammare e i loro
alleati.
Masseria era stato accusato di avere abusato della
sua autorità. Invece di essere l’arbitro delle dispute tra le varie
famiglie mafiose degli USA, Masseria si era mischiato all’interno
degli affari criminali delle famiglie e aveva ordinato gli omicidi nelle
famiglie avversarie.
Nell’aprile del 1931 Masseria venne assassinato da
qualcuno dei suoi luogotenenti, come conseguenza ci fu la pace con il
capo dei castellamaresi Salvatore Maranzano. Charlie Luciano e Vito
Genovese presero il posto di Massaria nella famiglia di N.Y..
Maranzano prese la posizione di capo dei capi,
finché a causa del suo abuso di potere venne assassinato meno di sei
mesi dopo.
In una riunione, nell’autunno del 1931, si decise
di sostituire il singolo capo con un gruppo di sei capi mafia nota come
la Commissione. Il nuovo sistema collegiale fece la sua prima sfida nell’estate
del 1932. Il capo mafia di Pittsburgh John Bazzano aveva organizzato l’assassinio
di tre più importanti capibanda napoletani nel West Pennsylvania. Vito
Genovese, il più influente dei mafiosi napoletani della zona, accusò
Bazzano di rispondere del crimine prima che si facesse un’assemblea a
Brooklyn. Il corpo morto di Bazzano, trafitto da numerosi colpi di aste
appuntite, all’interno di un grande sacco di juta fu trovato l’otto
agosto del 1932.
Saputo della presenza di tanti mafiosi fuori sede, la
polizia fece numerosi perquisizioni negli hotel di Brooklyn e Manhattan.
Arrestarono 14 uomini accusandoli di avere partecipato all’assassinio
di Bazzano. Santo Volpe di Pittston ed il suo luogotenente mafioso
Angelo Polizzi di Dunmore, Pennsylvania, furono due degli accusati.
Questo gruppo includeva anche i mafiosi Albert Anastasia, John Oddo,
Cassandro Bonasera, Ciro Gallo e Joseph Traina di Brookyn. Calogero
Spallino, Michele Bua, Franck Adrano, Michele Russo di Pittston. Paolo
Palmeri di Niagara Falls, Salvatore Di Carlo di Buffalo, Pietro Lombardo
di Trenton N.J.. I sospettati vennero trattenuti per molti giorni mentre
la polizia e gli accusatori studiavano come risolvere il caso. Le prove
mancarono e i 14 vennero rilasciati.
IL CONTRABBANDO
Durante il periodo del proibizionismo le attività
legate alla fabbricazione degli alcolici ebbero meno risonanza rispetto
a quello sanguinoso legato al controllo delle attività minerarie del
Nord Est del Pennsylvania. Tuttavia, un numero di incidenti metteva in
evidenza che l’alcool di contrabbando entrava e usciva dalla regione
in gran quantità.
A metà gennaio del 1931 la polizia della
Pennsylvania fermò un trasporto sull’autostrada tra Wilkes Barre e
Pittston. All’interno del veicolo furono trovate 200 contenitori da 5
galloni. L’autista del camion era Mannie Kline di N.Y.C. ed un certo
Morris Okom di Brooklyn. Il mezzo apparteneva alla Compagnia di
autotrasporto Aywon di Brooklin. Kline e Okon vennero arrestati e il
mezzo e il carico venne confiscati dalla polizia.
L’ultimo anno di proibizionismo gli uomini di
Montedoro subirono il furto di un carico di whiskey appartenente a Santo
Volpe. L’autore del furto era un piccolo contrabbandiere, Sam Wichner,
residente a Lee Park vicino a Wilkes Barre. Il giorno di San Valentino
del 1933 Wichner fu convocato ad un incontro a casa di Joseph Barbara a
Endicott N.Y. in quanto sembrava che fosse il mandante del furto. Alla
discussione erano presenti assieme a Barbara, Santo Volpe e Angelo
Polizzi, in merito all’attività di contrabbando. Wichner fu invitato
a tornare la sera seguente senza fare parola a nessuno. La sera del 16
febbraio il corpo di Wichner venne trovato impacchettato in un auto
parcheggiata in una strada di Scranton. Una corda era stretta al collo e
l’altra estremità era legata alle ginocchia sollevate. Wichner si era
strangolato da solo nel tentativo di liberarsi.
Avvisati dalla moglie di Wichner, del recente
incontro, la polizia arrestò Barbara e Polizzi. Gli investigatori
scoprirono che un testimone aveva visto 3 uomini lasciare l’automobile
parcheggiata ed andare via con un'altra auto. Tuttavia il testimone non
aveva potuto identificare né Barbara, né Polizzi che, quindi, vennero
rilasciati.
Nel gennaio del 1941, molti anni dalla fine del
proibizionismo, Stefano La Torre venne arrestato per violazione della
legge sugli alcolici. L’ufficio di controllo degli alcolici fece una
ispezione in una distilleria della città di Harding Pa. gestita da La
Torre il quale fu accusato per possesso illegale, manifattura e
trasporto di alcool. L’accusa decadde il 3 novembre, tuttavia La Torre
fu costretto a pagare le tasse sulla distillazione. Ebbe sospesa una
pena di 3 mesi e una multa di 100 dollari.
LA TORRE FUORI GIOCO
La Torre inizio a perseguire i propri interessi
distaccandosi dagli uomini di Montedoro a metà del 1930. Diversi fatti
lo portarono ad allontanarsi dalla società criminale. Questo era stato
determinato dalla differente visione nella gestione delle fazioni
minerarie e a causa dei debiti accumulati da Volpe e Bufalino durante la
gestione successiva alla scomparsa di Campbell e Rilley.
I rapporti si deteriorano ulteriormente quando John
Sciandra tentò di persuadere uno dei figli di La Torre a dargli aiuto
nel picchettaggio dei lavoratori dell’unione al pozzo di Schooley. La
Torre impedì che il figlio partecipasse.
La Torre divenne uno dei proprietari di una piccola
società di carbone, Saporito, nel 1938. Il fondatore della società
Carlo Saporito si associò a La Torre in modo da avere una protezione
contro Volpe, Bufalino e Sciandra. Quindi Saporito lasciò l’attività
mineraria del pozzo di Schooley per andarsene alla PCC. Alcuni anni dopo
La Torre aprì una sala bigliardo e un negozio di tabacchi nella via
principale di Pittston. Intorno al 1940, Santo Volpe che di fatto
gestiva la Volpe Coal Co., anche si allontanò dalla mafia regionale. A
60 anni di età, il personaggio che era conosciuto come "il re
della notte" girò il controllo della famiglia criminale a John
Sciandra. Volpe emerse dall’ombra e divenne una importante figura nell’industria
nazionale mineraria carbonifera e nella politica dello stato. Il
governatore Artur James era uno che aveva fatto breccia nella gestione
mineraria della Contea di Luzerne, uno dei fautori del "laissez-faire"
negli affari, raccomandò Volpe per il Comitato di 9 uomini (Anthracite
Emergency Committee). Volpe fu uno dei tre operatori minerari
rappresentati nel comitato che aveva lo scopo di rivalutare l’industria.
Durante la seconda Guerra mondiale si adoperò, come
operatore minerario, a negoziare a N.Y. con i rappresentanti della UMW
per porre fine ad una situazione di crisi.
Per porre fine ad un grande periodo di scioperi dei
lavoratori del carbone, i quali avevano bloccato la produzione dell’acciaio
e rallentato i trasporti ferroviari. Il Presidente F. Roosevelt impiegò
i poteri di emergenza in tempo di guerra. Il 1 maggio 1943 ordinò il
sequestro federale di tutti i campi minerari dell’Est degli USA e
obbligò i minatori a riprendere il lavoro. Il Presidente stabilì che
sarebbero andati sotto le armi tutti i minatori che si fossero assentati
dal lavoro. L’UMW continuò sporadicamente gli scioperi al solo scopo
di ottenere aumenti salariali. I gestori minerari e i rappresentanti dei
minatori vennero chiamati a regolare le loro controversie sebbene le
regole federali in tempo di guerra proibivano aumenti salariali. Quando
i principali operatori del settore vennero chiamati ad un incontro con
il Presidente Roosevelt a Washington, nel maggio del 1943, Santo Volpe e
F.W. Leamy Sr. Della Hudson Coal Co. Di N.Y. si sedettero al tavolo dei
negoziati.
Gli scioperi cessarono nel giugno del 1943 con una
modifica dei regolamenti. Storicamente il tempo di lavoro era calcolato
a partire dal momento in cui gli operai raggiungevano il carbone nella
profondità dei pozzi e tunnel. Il negoziato permise di considerare l’inizio
dell’orario e la fine dell’orario di lavoro dall’ingresso all’uscita
della miniera, permettendo così ai minatori di essere compensati per il
tempo impiegato per entrare ed uscire dalla miniera.
Volpe e La Torre smisero la loro attività mineraria
nel 1943: Volpe volontariamente, La Torre no. Volpe vendette la sua
ditta omonima alla compagnia Jermyn-Green Coal Co.(Egli rimase
proprietario della Gateway Coal Co. Fino alla morte).
La Torre fu messo fuori dalla Saporito Coal Co. A
seguito delle manovre di John Sciandra, il quale ritenne come missione
personale recuperare tutti i fondi di La Torre che riteneva
appartenessero a Volpe-Bufalino. Sciandra divenne una forza di controllo
della compagnia che venne ribattezzata come Knox Coal Co.
Sciandra rivolse la sua attenzione verso la sala
bigliardi ed il negozio di tabacchi di La Torre. Egli citò La Torre nel
tribunale mafioso nel 1944 presso lo Sterling Hotel in Wilkes-Barre. L’incontro
comprendeva Sciandra, Santo Volpe, Angelo Polizzi, Joseph Barbara di
Endicott e Angelo Parrino di Stamford Ct.
Parrino membro della famiglia criminale Luciano-
Genovese di N.Y. con frequenza chiamava e visitava Stefano La Torre e
probabilmente serviva da protettore occulto.
Durante il Meeting Sciandra sfidò La Torre a
rivelare chi lo avesse autorizzato di aprire l’attività nella via
principale di Pittston. Se l’attività fosse stata approvata da
Parrino, sosteneva Sciandra, allora Parrino avrebbe avuto la sua parte
di profitto. La Torre si infuriò a causa delle domande che aveva fatto
Sciandra. Si allontanò dal Meeting dicendo a tutti : "andate all’inferno".
Dopo quell’incontro La Torre non ebbe più contatti con la mafia di
Pittston. Parrino forse si era convinto che fosse stato usato da
Sciandra, e continuò a mantenere le sue relazioni con La Torre. Le
telefonate e le visite tra La Torre e Parrino continuarono per decenni.
L’ASCESA DI BUFALINO
Vito Genovese trascorse in Italia il periodo della
seconda guerra mondiale, accusato di omicidio negli USA. Alla fine della
guerra Genovese collaborò con l’esercito americano di occupazione
come traduttore e allo stesso tempo faceva il mercato nero. Nell’agosto
del ‘44 il traffico clandestino venne alla luce e venne arrestato.
Preso in custodia dall’esercito venne rimpatriato negli USA a bordo
della nave James Lykes nel maggio del 45; giunse a N.Y. il primo giugno.
Il procedimento a carico di Genovese per omicidio divenne impossibile
poiché il testimone chiave era morto in prigione a causa di overdose.
Genovese venne liberato il 10 giugno.
Il 24 giugno 1946 i capi mafia dell’area Est degli
USA si incontrarono all’hotel Diplomat di Manhattam per dare il ben
tornato casa a Genovese. Il ritorno di Genovese mise in discussione la
posizione di Santo Volpe come membro anziano dell’associazione
clandestina ed allo stesso tempo i rapporti tra Genovese e la famiglia
della Pennsylvania.
"Ventotto personaggi della Est Coast erano
seduti attorno ad un tavolo rettangolare e si alzarono non appena
Genovese fece l’ingresso. Santo Volpe, boss di Pittston andò incontro
a Genovese, scambiarono una stretta di mano. Volpe porse a Genovese una
poltrona di pelle a capo tavola. Il protocollo mafioso riteneva che
essendo Volpe il più anziano doveva dare il benvenuto a Genovese.
Mentre Volpe era tenuto in grande stima dai suoi
colleghi, il comando quotidiano era stato affidato a elementi più
giovani. Dopo la morte di John Sciandra, avvenuta intorno al 1949,
Russell Bufalino, divenne la figura più importante della mafia di
Pittston. Volpe serviva nel ruolo di rappresentanza e Bufalino venne
chiamato il "proiettile".
Bufalino visse lontano da Pittston rispetto ai
precedenti capi degli uomini di Montedoro. Dopo aver vissuto per un
periodo ad Endicott N.Y. e Pittston lui e la moglie si erano sistemati
in un sobborgo di Kingston Pa. Mentre l’autorità degli Usa lo
consideravano un capo mafia "potente e straniero", Bufalino
teneva il ruolo di dirigente dell’industria dell’abbigliamento. Egli
ebbe parte nella Società Penn Drape & Curtaim Co. Di Pittston,
Alaimo Dress Co. Ed altre fabbriche di abbigliamento.
Corruzione implacabile
La corruzione nell’area mineraria del Nord Est
della Pennsylvania continuò per tutti gli anni 50. John S. Fine, figlio
di un minatore e per lungo tempo leader della politica repubblicana
della contea di Luzerne, vinse le elezioni come governatore nel 1950.
Vittoria di stretta misura rispetto al riformista democratico Richardson
Dilwrth dovuto alla politica conservatrice repubblicana. Sebbene
sostenuto da Santo Volpe e dai suoi alleati Fine non ebbe i voti della
base della comunità mineraria di Pittston, Scranton e Wilkes –Barre.
Il governatore Fine restò solidale con gli interessi
delle compagnie minerarie, in particolare con la Newport Excavating Co.
di Nanticoke, una zona mineraria gestita da Lawrence Biscontini. Santo
Volpe risultò vicepresidente di questa Compagnia.
Fin dall’inizio del suo mandato di governatore,
Fine lavorava con Biscontini e Santo Volpe per escogitare un sistema
attraverso il quale la società Newport Excavating avrebbe evitato di
pagare le tasse gonfiando in modo artificioso i ruoli paga. Il
gonfiaggio dei ruoli paga continuò al termine del mandato di Fine e per
altri 4 anni ancora.
La Knox Coal Co.,fondata dall’ultimo John Sciandra,
era coinvolta in pratiche illegali. Nel 1950, Augusto Lippi, allora
Presidente del Distretto 1 del UMW e Presidente del comitato esecutivo
della First National Bank di Exeter, in modo illecito divenne socio
della Knox Coal Co..
Nel 1956 Lippi ricevette grossi pagamenti in contante
per assicurare un lavoro tranquillo. Domenico Alaimo, un altro dirigente
della UMW, ricevette pagamenti contanti sottobanco. Le sue piccole
ricompense illecite dalla Knox Coal perdurarono fino al 1954. Esse
continuarono su base bisettimanale fino al 1959.
Non appena il governatore Fine lasciò il suo
incarico nel 1955, la Newport Excavating Co., iniziò un progetto di
rinnovamento per 62 mila dollari nella azienda casearia dello stesso in
Loyalville Pa. La compagnia, sotto la direzione di Biscontini, costruì
un’area per il Pic nic e uno stagno per la pesca e fece dei
miglioramenti nella foresteria e nei bagni della casa.
Fine divenne socio della Newport Excavating non
appena tornò a fare attività legale in Wilkes Barre. La Newport
Excavating lo inserì nel consiglio generale con un salario di 25 mila
dollari all’anno.
APALACHIN
Russell Bufalino evitò l’attenzione della legge
fino al 1957 in cui si tenne l’incontro organizzato da Stefano
Maggaddino nella tenuta di proprietà di Giuseppe Barbara.
Vi era una grande confusione nella mafia degli USA
nel 1957. Il dittatore cubano Batista, protettore degli investimenti
della mafia legati al gioco d’azzardo e del traffico dei narcotici,
fece fronte alle crescenti minacce del rivoluzionario Fidel Castro. Gli
interessi stabiliti a Cuba con Batista continuarono anche dopo con
trasporto segreto di armi a Castro. Luciano, successore di Frank
Costello, sopravvisse ad un tentato omicidio nel mese di maggio e decise
di ritirarsi nella sua famiglia criminale di N.Y. passando il comando a
Vito Genovese. L’ambizioso boss mafioso Alberto Nastasia (con
investimenti nel settore dell’industria dell’abbigliamento nel Nord
Est della Pennsylvania e il suo vice Frank Scalise vennero assassinati,
così che Carlo Gambino prese il controllo della loro organizzazione. Un
altro boss di N.Y., Giuseppe Bonanno, tornò in Sicilia, nel mese di
settembre, per lavorare con la mafia del vecchio mondo, nell’organizzare
un traffico internazionale di contrabbando di narcotici.
Vito Genovese organizzò una riunione in modo da
imporre definitivamente se stesso ed il suo alleato Gambino come boss
della famiglia criminale ed eliminare i conflitti che erano venuti fuori
durante l’anno. Stefano Maggaddino venne avvicinato per organizzare l’incontro.
Egli decise che si sarebbe tenuto nella villa di Barbara, il quale aveva
ospitato una riunione della malavita l’anno precedente.
Tenere la riunione ad Apalachin risulterà un errore.
Il sergente della polizia di stato di N.Y. Edgar Croswell, in servizio a
Vestal, si era reso conto del Meeting del 1956 come anche della
connessione con l’organizzazione criminale di Barbara. Così, quando
seppe che Barbara era in attesa di ricevere compagnia, nel novembre del
1957, tenne sotto controllo la sua casa. Nel mattino del 14 novembre,
Croswell notò la presenza di un gran numero di auto di lusso nella
villa di Barbara, molte con targhe di altri stati. Egli chiamò la
polizia di stato e del dipartimento del tesoro federale per organizzare
un posto di blocco.
Nel primo pomeriggio, i mafiosi presenti nella villa
di Barbara seppero della presenza delle forze dell’ordine, ed
istintivamente si dileguarono. Alcuni si sparpagliarono nei boschi e
nelle fattorie attorno alla villa. Altri saltarono sulle automobili nel
tentativo di raggiungere l’autostrada. La polizia catturò la maggior
parte degli uomini che si erano spostati a piedi e fermarono le auto che
lasciavano la villa.
La prima auto fermata dal posto di blocco fu di poco
interesse per la polizia.
Vi era un vecchio amico di Barbara, Emanuele Zicari
di Endicott ed un uomo del racket dell’UMW Domenico Alaimo di Pittston.
Nell’auto successiva fecero centro. Nell’auto "1957 Chrysler
Imperial", la polizia trovò Russell Bufalino, il capomafia del N.J.,
Vito Genovese, Gerardo Catena, Giuseppe Ida e Domenico Oliveto.
La polizia elencò circa 60 mafiosi provenienti da
tutte le parti. Nessuno diede una ragionevole spiegazione sul fatto di
trovarsi nella villa di Barbara.
Visto che non avevano alcuna giustificazione per
trattenere i mafiosi la polizia fece dei controllo sui loro precedenti
prima di rilasciarli. Nessun arresto venne eseguito, ma l’evento di
Apalachin fu di enorme danno per la malavita. Ufficiali di polizia,
deputati dello stato e federali e l’opinione pubblica in generale,
divennero coscienti istantaneamente che l’organizzazione criminale
delle varie regioni della nazione coordinavano le loro attività a
livelli nazionale.
Molta della conseguente attenzione venne concentrata
sulla malavita di Apalachin N.Y. e sulla mafia della vicina area del
Nord Est Pennsylvania.
LE CONSEGUENZE DI APALACHIN
Ai primi del 58, alcuni quotidiani pubblicarono la
notizia riguardante l’influenza della malavita organizzata nel Nord
Est della Pennsylvania conosciuta come "Gli Uomini di Montedoro".
La notizia venne ripresa da tutti i giornali della nazione, affermavano
che il gruppo era molto potente nel Nord Est della Pennsylvania e a N.Y.
e aveva una grande influenza in tutti gli altri stati USA.
Il capitolo mafioso degli uomini di Montedoro fu
iniziato all’inizio del 900 dalle famiglie La Torre, Sciandra, Volpe e
Bufalino che furono le prime famiglie di Montedoro a sistemarsi a Brandy
Patch. Questi primi arrivati divennero molto influenti e ricchi,
divenendo appaltatori minerari e anche proprietari impiegando uomini per
i quali stabilivano il salario.
Secondo certi giornali gli uomini di Montedoro furono
responsabili di molte estorsioni negli USA e anche raggiunsero su uno
yacht il N.J. nel settembre del ‘57 per eseguire l’omicidio di
Albert Anastasia.
Un gran numero di indagini, federali e statali,
vennero promosse come conseguenza della conferenza di Apalachin e della
relativa grande pubblicità. Queste indagini continuarono per diversi
anni.
Santo Volpe, re della notte di Pittston, non visse
abbastanza per vedere la fine dell’indagine. Dopo una lunga malattia
morì nella sua casa di West Pittston il 2 dicembre del 1958.
Nel mese di maggio del 1959, gli agenti federali dell’antinarcotici
presero 27 dei presenti alla riunione di Apalachin e li accusarono di
associazione a delinquere. Russel Bufalino, boss criminale del Nord Est
di Pennsylvania, uno dei 27, fu accusato di ostacolare la giustizia
alterando gli scopi della riunione di Apalachin al gran giurì e agli
altri organi investigativi. Trentasei altri mafiosi vennero indagati
come associati.
Qualche giorno dopo questi arresti il 53 enne Joseph
Barbara ebbe un serio attacco cardiaco. Venne portato all’ospedale a
N.Y. e mai dimesso. Morì il 17 giugno 1959.
Ventidue degli indagati vennero rinviati a giudizio
nell’ottobre del 1959. Quattro degli originali 27 non vennero
individuati dalla polizia e Joseph Bonanno fu escluso dal gruppo a causa
delle condizioni cardiache. Non appena si aprì il processo il mafioso
dell’Ohio
John De Marco subì un attacco cardiaco e venne
escluso dal processo.
Il giudice Kaufman stabilì che non vi erano
sufficienti prove contro il mafioso di Boston Frank Cucchiara e venne
rilasciato. I restanti 20 accusati vennero giudicati il 18 dicembre. Il
mese successivo il giudice Kaufman li condannò a 5 anni di prigione.
Il 28 novembre del 1960 si aprì il processo di
appello con l’accusa di associazione sovversiva. La corte sostenne che
gli accusati dovevano essere giudicati sia per associazione a delinquere
tra di loro che per la loro personale condotta criminale, ma non ebbe le
prove sufficienti per dimostrare lo scopo illegale della riunione di
Apalachin.
Come conseguenza del clamore suscitato dalla riunione
di Apalachin, l’ufficio immigrazione e naturalizzazione degli USA
portò avanti dei controlli su coloro che avevano partecipato alla
riunione di Apalachin.
Russell Bufalino, sostenne di essere nato a Pittston
e sarebbe stato in grado di produrre il certificato di nascita come
prova. Gli investigatori rifiutarono il documento come falso e ottennero
una copia dell’atto di nascita del 1903 dal comune di Montedoro. La
nascita a Montedoro venne confermata dai registri scolastici di Buffalo.
L’INS istruì la pratica di rimpatrio contro
Bufalino sulla base di due false dichiarazioni di cittadinanza americana
rese dallo stesso al suo rientro negli USA dopo un viaggio a L’Avana e
a Bimini. (Ndt : Bufalino era sull’aereo per essere rimpatriato, ma l’ordinanza
venne contestata dai legali in quanto nel certificato di nascita
risultava chiamarsi Rosario Alberto Bufalino e non Rosario Bufalino come
era scritto nell’ordinanza, e rimase negli USA).
DISASTRO MINERARIO DI KNOX
Il 22 gennaio 1959 gli abitanti di Pittston vennero
allarmati da un grande boato. Quelli che abitavano lungo il corso del
fiume Susquehanna videro il fiume ghiacciato trasformarsi in un grande
vortice.
La miniera della Knox Coal Co. scavata nelle
vicinanze del fiume era crollata, permettendo a più di 10 milioni di
galloni d’acqua di penetrare in un pozzo di 400 piedi. Settantaquattro
minatori rimasero intrappolati all’interno. Sessantadue di loro
vennero salvati. La restante dozzina mori. Nell’inutile sforzo di
tappare il buco di 20 piedi nella base del fiume, gli addetti alla
miniera precipitarono dentro vagoni ferroviari, autocarri della miniera,
balle di fieno, legname da costruzione, terra e rocce nel vortice del
fiume Susquehanna. Nessuno dei tentativi ebbe successo.
L’acqua del fiume riempì molte delle
interconnessioni delle miniere di carbone nelle adiacenze di Pittston,
bloccando la produzione di antracite.
Il disastro minerario causò la fine della estrazione
in profondità nella Wyoming Valley. La Knox Coal Co., fondata 22 anni
prima come Saporito Coal Co., fu messa fuori produzione.
Le indagini sulle cause del disastro rivelarono la
corruzione ad alto livello ed una gestione negligente dell’attività.
Secondo un resoconto, Stefano La Torre parlò francamente con gli
investigatori riguardo la corruzione nella industria mineraria ed ammise
i suoi trascorsi come membro della Mafia.(Un informatore della polizia
non riuscì a spiegarsi come mai La Torre non fosse stato assassinato a
quell’epoca ).
La normativa dello Stato proibiva gli scavi minerari
a meno di 35 piedi dal fondo del fiume. Gli investigatori scoprirono che
la compagnia diede istruzioni al personale di ignorare la restrizione
mentre seguivano il filone verso l’alto. I minatori avevano cavato un
blocco entro pochi piedi dal letto del fiume quando il tetto della
miniera veniva giù sotto il peso dell’acqua.
I pagamenti in nero fatto ai capi della UMW venne
facilmente alla luce. Il 3 Marzo, un gran jurì di Scranton indiziò
Dominick Alaimo per avere accettato ricompense illecite per 4 anni e
mezzo realizzando un guadagno di oltre 30 mila dollari. Il grand juri
indicò la Knox Coal Co., il presidente della stessa Robert Dougherty ed
il Vice Presidente Louis Fabrizio per avere fatto i pagamenti illeciti.
Seguendo le accuse, la UMW annunciò il licenziamento di Alaimo dalla
posizione di responsabile della sezione Locale 8005 di Scranton.
L’8 di Settembre, un gran juri della contea di
Luzerne, accusò 7 persone per omicidio preterintenzionale per il
disastro della miniera Knox. Gli accusati erano : il presidente in
carica della Knox C.Co. Louis Fabrizio, il predecessore Robert Dougherty,
Augusto Lippi presidente del distretto 1 della UMW, l’ingegnere capo
della Knox Coal Co. Fritz Renner, Ralph Fries ingegnere di distretto
della Pennsylvania Coal C, Robert Groves precedente sovrintendente della
Knox Coal Co. ed il precedente assistente Foremen William Receski. Il
gran juri accusò Fabrizio Dougherty e Lippi per associazione a
delinquere.
Groves e Receski vennero processati per omicidio
involontario, il 9 aprile 1960, nella città di Wilkes Barre. Il
giudizio degli altri 5 accusati venne programmato per il mese
successivo.
Prima che iniziasse il processo, il giudice federale
di Willmington, nel Delaware, imputò il cinquantanovenne Augusto Lippi
peri tre fatti di corruzione. Ogni capo era punibile fino ad un anno di
detenzione e 10 mila dollari di multa. Il giudice apparentemente non
credette alla difesa di Lippi (che i 10117 dollari che ricevette dalla
Knox Coal Co. fossero pagamenti per un vecchio credito fatto a John
Sciandra). La sentenza contro Lippi, per omicidio involontario, venne
differita dal giudice Caleb Wright. (Lippi successivamente fece appello
e vinse la nuova causa).
Dopo che l’accusa presentò le proprie prove nel
caso dell’omicidio involontario, il giudice Carleton Woodring decise
che le prove contro Fritz Renner e Ralph Fries erano lacunose. Il
giudice rilasciò ambedue gli uomini. Il 13 luglio Lippi e Fabrizio
vennero condannati per omicidio preterintenzionale. Robert Dougherty
venne scagionato da questa accusa. I tre accusati vennero condannati per
associazione a delinquere, i quali, assieme a Lippi, proprietario della
Knox Co. non avevano riconosciuto i diritti dei minatori previsti dalla
legge dello stato e dai contratti collettivi di lavoro della UMW.
Sette mesi dopo, la regione del Nord Est Pennsylvania
restò sbalordita, quando le accuse di omicidio e associazione a
delinquere vennero capovolte. Il giudice Woodring decise che gli
imputati non dovevano essere caricati dei reati entro i due anni
previsti dalla legge. Il giudice faceva notare che molte delle recenti
violazione della legge statale sulle miniere non erano incluse nelle
incriminazioni.
A gennaio del 1960, l’ultimo governatore Fine fu
incriminato due volte per evasione fiscale. La prima accusa per un
tentativo di evitare il pagamento delle tasse, per gli esosi lavori
fatti dalla ditta Newport Excavatin Co. nella sua fattoria. La seconda
accusa per avere evitato le imposte societarie durante i lavori con
Albert Biscontini della Newport Excavating. Biscontini fu incriminato
solo per questo secondo caso.
Se Santo Volpe fosse stato in vita sarebbe stato
accusato di questo reato.
Fine evitò la punizione, un giudice lo trovò non
imputabile di evasione fiscale per i miglioramenti nella fattoria. L’accusa
federale fece cadere tutte le altre imputazioni.
Domenico Alaimo fu condannato, per avere accettato le
mazzette, il 10 marzo 1961 a due anni di prigione e 7651 dollari di
multa.
Nel 1964 il caso del disastro della Knox Mine giunse
a conclusione. Il giudice Frederick Follmer condannò alla multa di 2000
dollari la signora Giuseppina Sciandra. La condannò anche a tre anni di
libertà vigilata e ordinò che pagasse 39 mila dollari di tasse in
scadenza. Giuseppina Mancino Sciandra era diventata socia della Knox
Coal Co. dopo la morte del marito Giovanni Sciandra. Il giudice
condannò Louis Fabrizio a 6 mesi di detenzione e 2000 dollari di multa.
TEFLON DON ?
L’ufficio immigrazione e naturalizzazione continuò
i suoi sforzi per l’espulsione di Rosario Bufalino durante il 1960 ed
oltre. Furono capaci di ottenere l’ordine di espulsione per Bufalino
ma egli rimase negli USA quando l’Italia rifiutò di permettere il suo
ritorno.
Nel 1969 il sessantaquattrenne Bufalino fu trascinato
davanti ad una Corte Federale assieme a Salvatore Todaro e Giovanni
Sacco, soci della famiglia criminale di Buffalo, accusati di
associazione a delinquere. Questi tre uomini vennero accusati di avere
trasportato da Buffalo a Pittston, nella primavera del 1968, sessanta
televisori a colori rubati per un ammontare di 25mila dollari. I
televisori erano stati presi da un negozio di elettrodomestici.
Cinquantanove di questi erano stati nascosti in una casa di Buffalo,
dove gli agenti della FBI scoprirono pellicce e argenteria rubati.
Quando il caso decadde, Bufalino andò presso la stampa con una storia
di angheria da parte della legge. In una intervista dell’estate del
1970 Bufalino dichiarò che era un perseguitato dalla polizia e dagli
agenti federali fin da quando era stato trovato ad Apalachin nel 1957.
"Io non voglio andare a vivere in Italia. Io
ho 67 anni e mi rimangono pochi anni da vivere su questa terra. Non
voglio diventare Presidente di questa nazione. Io voglio soltanto essere
un americano libero di incontrarmi con gli altri, libero dalle
intercettazioni telefoniche, che la polizia ha ammesso, libero di vivere
la mia vita. Io non sono mai stato condannato per alcun crimine."
Bufalino, il quale raramente parlava con la stampa,
diede un’altra intervista in una saletta privata dello Scranton Club
"C&C", a metà aprile del 1973, quando venne preso in
custodia dalla FBI. Egli fu uno dei 18 personaggi della malavita tra
Buffalo, Rochester e Scranton ad essere arrestati con l’accusa di
estorsione. L’atto di accusa fu riformulato, nel mese di maggio, e
portò gli imputati a 24.
Bufalino fu citato in relazione a tre differenti
fatti criminali. Egli ed altri 15 vennero accusati per associazione, per
avere tenuto sotto controllo macchinette distributrici di sigarette con
una associazione a delinquere con lo scopo di battere la concorrenza.
Bufalino ed altri due vennero accusati per l’estorsione di 100 mila
dollari al proprietario di Discount nella città di Geneva nello stato
di N.Y. Il gran giurì accusò sei membri della famiglia criminale di
Bufalino per furto a Brackney Pa. in due armerie. Ancora una volta
Bufalino fu scagionato dalle accuse contro di lui.
HOFFA
Dal 1960, James Riddle "Jimmy" Hoffa,
presidente della IBT, divenne un simbolo della corruzione nella Unione
del lavoro. Hoffa aveva raggiunto una posizione d’importanza nell’Unione
tramite l’uso di carte false create con l’aiuto dei mafiosi di N.Y.
e l’illegale intercettazione telefonica dei concorrenti. Quando si
assicurò il controllo dell’Unione, si collegò con individui mafiosi
e fece confluire milioni di dollari dal fondo pensione della IBT ai
mafiosi che operavano nei casino di Las Vegas.
Hoffa venne conosciuto per avere stretti rapporti con
importanti mafiosi compreso Antony "Tony Pro" Provenzano della
famiglia mafiosa di Genovese, Antony "Tony Ducks" Corallo e
Johnny "Dio" Dioguardi della famiglia criminale di Lucchesi, e
Russell Bufalino e Franck " The Irishman" Sheeran.
I primi tentativi di condannare il boss della
Teamster per le malefatte fu inutile. Vi erano all’apparenza buone
ragioni per le quali i giurati fecero pressione su Hoffa.
Nel 1962 fu condannato per tentativo di corruzione
della giuria. Due anni dopo venne condannato per distrazione dei fondi
pensione della Teamster. Alla conclusione degli appelli, Hoffa venne
condannato a 13 anni di prigione, nel 1967. Quando Hoffa e Antonio
Provenzano si trovarono insieme rinchiusi nella stessa prigione di
Lewisburg Pa, i vecchi amici ebbero una terribile depressione. Il
Presidente degli USA Nixon commutò la pena al cinquantottenne Hoffa a
condizione che non assumesse incarichi di responsabilità nel sindacato
fino alla primavera del 1980. A dispetto di questa condizione, Hoffa fu
determinato a guadagnare il controllo dell’unione. Nell’estate del
1975 chiese un incontro con i rappresentanti della mafia nel tentativo
di sistemare le controversie con Antonio Provenzano e chiarire il modo
per tornare al comando. La malavita, tuttavia, fu d’accordo con il
successore Frank Fitzsimmons e considerò Hoffa una minaccia. Si ritiene
che Hoffa lasciò la sua casa nel lago Orion Mi. il 30 luglio 1975, con
l’intenzione di incontrare il boss mafioso di Detroit, Antonio
"Tony Jack" Giacalone, in un ristorante. Lui credeva di
incontrare anche Russell Bufalino e Antonio Provenzano.
Hoffa non fece più ritorno a casa e nessuna traccia
di lui è stata mai ritrovata.
Alla fine dell’anno gli investigatori ritenevano
che i soci di Provenzano, Salvatore e Gabriele Briguglio e Tommaso
Andretta, tutti del N.J., fossero coinvolti nella scomparsa di Hoffa.
Voci persistenti indicavano che Russell Bufalino, come mandante, ordinò
l’assassinio di Hoffa. Tuttavia non fu mai incolpato per l’organizzazione
della scomparsa.
VIAGGIO A DAMBURY
Un’altra accusa federale venne predisposta contro
Bufalino, nell’ottobre del 1976. Questa volta l’accusa era di
estorsione per il tentativo di recuperare 25 mila dollari di debito
dovuto da un gestore di bar, Jack Napoli, ad un amico di Bufalino,
Herbert Jacobs. Napoli aveva comprato dei gioielli da Jacobs a credito e
si era rifiutato di pagare.
Jacobs, Bufalino, Michael Sparber di Manhattan e
Giuseppe Lapadura di Brooklyn costrinsero Napoli al pagamento del debito
con le minacce.
Non avendo riconosciuto gli estorsori, Napoli andò
dall’FBI e si mise d’accordo per registrare un colloquio con
Bufalino e gli altri. Da questa registrazione vennero rilevate le
seguenti parole:" Sto venendo ad ammazzarti con le mie mani".
Napoli entrò nel programma di protezione dei testimoni e rese
testimonianze in tribunale.
I 4 accusati vennero condannati. All’età di 73
anni Bufalino ebbe la fedina penale macchiata. Il 21 ottobre 1977 fu
condannato a 4 anni di prigione federale. Rimase libero su cauzione
finché gli appelli non vennero celebrati. Bufalino entrò in prigione
nell’agosto del 1978. Edoardo Sciandra cugino del Boss Giovanni
Sciandra e consigliere della famiglia criminale all’apparenza scalò l’organizzazione
criminale in assenza di Bufalino. Sciandra era nato a Montedoro e si era
stabilito a N.Y.C. Successivamente si era spostato a Bellemore N.Y, a
160 miglia dalla famiglia criminale di base a Pittston.
A seguito della buona condotta Bufalino fu ritenuto
idoneo a lasciare le prigioni di Dambury CT. l’8 Maggio 1981. Appena
lasciato la prigione venne accolto dal personale della INS, i quali lo
misero sull’avviso che egli era nella lista di osservazione e che i
loro tentativi erano continui per estradarlo in Italia.
Bufalino tornò di nuovo nella corte federale nell’ottobre
del 1981. Egli fu condannato per associazione sovversiva per il
tentativo di assassinio del testimone federale Jack Napoli. Il testimone
chiave del processo fu il mafioso Aladena "Jimmy The Weasel"
Fratianno. Fratianno disse che Bufalino intendeva uccidere l’informatore,
lo istruì a rintracciare Napoli, che si credeva essere stato trasferito
dalle autorità federali a Walnut Crek, Ca.
Questa accusa fece condannare Bufalino a 10 anni di
prigione. Entrò in prigione nel 1982 e venne rilasciato dopo sei anni e
otto mesi.
LA FINE DI LA TORRE
Sebbene egli avesse violato il codice della mafia
opponendosi ai suoi superiori, in diverse occasioni, e parlato con le
forze dell’ordine della società criminale, Stefano La Torre visse una
vita estremamente lunga, a Pittston.
Nonostante le perdite La Torre rimase interessato al
mercato della Borsa. Durante gli anni 70 egli giornalmente si recava nel
suo ufficio di Broker a Wilkes Barre. Con l’avanzare degli anni La
Torre ebbe, anche, altri interessi. Gli investigatori federali appresero
che faceva delle frequenti visite in una casa di appuntanti con donne di
mezza età a Wilkes Barre. La sera giocava a carte nel circolo C. La
Torre di Pittston.
Il 13 giugno 1967 ebbe un serio incidente
automobilistico e sembrava che non avrebbe più potuto andare in giro in
automobile. La patente gli venne revocata e continuò a viaggiare da
Pittston a Wilkes Barre in autobus. I contatti con gli agenti di polizia
erano amichevoli, tuttavia evitava di parlare dei fatti relativi alla
malavita. Nel 1970, quando un giornale di Wilkes Barre pubblicò una
serie di articoli sulla storia della mafia locale, La Torre rimase
turbato. La sua immagine venne rappresentata come uno dei primi leader
della mafia della regione. La Torre morì a Pittston nel luglio del
1984, aveva 98 anni.
L’ULTIMO UOMO DI MONTEDORO
Russell Bufalino morì il 25 febbraio del 1994 nell’ospedale
di Kingston Pa. Aveva 90 anni. Bufalino lasciava la mafia di Nord Est
Pennsylvania nelle mani di Edoardo Sciandra. Di circa 10 anni più
giovane di Bufalino, Sciandra probabilmente era un boss attivo durante
la sua detenzione, negli anni 70 e 80. Tuttavia, nel 1988, la
commissione anticrimine della Pennsylvania faceva notare che William
"Billy" D’Elia di Hughestown, un tempo autista di Bufalino,
era un suo fidato confidente e lo rappresentava nelle riunioni con altri
membri dell’organizzazione.
Nel 1990 la commissione stabilì che D’Elia era un
membro importante della famiglia criminale e che aveva frequenti
contatti con i membri delle altre famiglie mafiose. Sembrava che D’Elia
venisse preparato per scalare i vertici della famiglia criminale,
formalmente tenuta dagli uomini di Montedoro. D’Elia divenne il capo,
all’incirca nel 2001.
L’ultimo uomo di Montedoro a comandare la mafia
della regione fu Edoardo Sciandra ritiratosi in Florida nella città
Hallandale. Vi Morì il 13 luglio del 2003.