Si bagna il culo nel Lambro
Incassati i finanziamenti papali, di cui aveva
urgentemente bisogno, s’imbarcò su una galea alla volta di Genova,
sua alleata, dove giunse dopo essere stato ostacolato dalle navi pisane,
sempre in aspra contesa coi genovesi per il predominio del commercio in
Sicilia. La strada per giungere in Germania si presentava alquanto
impervia e piena d’insidie, dal momento che buona parte dei territori
che doveva attraversare, come Milano, Lodi, Piacenza, e Merano, gli
erano ostili, mentre Pavia, Cremona, Mantova, Verona e Trento erano
dalla sua parte. L’attraversamento della Lombardia, risultò molto
pericoloso per Federico, visto che la notizia del suo passaggio aveva
scatenato la caccia al piccolo re. Poco mancò che venisse catturato al
confine milanese, e dovette guadare di gran carriera il fiume Lambro,
nei pressi di Cremona, per non cadere in mano nemica. Ai milanesi non
restò che la soddisfazione di avere visto "il re chierico
lavarsi le mutande nel Lambro!".
Giunse comunque a Coira, città sveva, festeggiato
dal vescovo Arnoldo e da tutta la popolazione. La posizione di Ottone,
sorretto dalle forze guelfe e dall’Inghilterra, era però molto forte,
e la città di Costanza già si apprestava a riceverlo con tutti gli
onori, quando giunse in anticipo Federico ed il suo seguito, trovando
serrate le porte della città. Solo la lettura, da parte del vescovo
Berardo, del decreto di scomunica papale verso Ottone, riuscì a fare
aprire le porte della città ed a farlo entrare trionfalmente, lasciando
scornato Ottone, giunto poche ore dopo!
Mentre tra Federico ed Ottone si consumava la lotta
civile per il predominio sulla Germania, in Francia si era accesa una
lotta dinastica tra Filippo Augusto e Giovanni Senza Terra che, chiamato
al trono d’Inghilterra, reclamava diritti anche sul trono francese.
Filippo Augusto, che sarebbe diventato Luigi VIII, padre di S. Luigi,
prese accordi con Federico, di non stipulare alcuna pace con Ottone; in
cambio ricevette una forte somma di denaro che Federico, mostrandosi
magnanimo e munifico, elargì per addomesticare e ricompensare i
principi tedeschi a lui fedeli. Il 5 Dicembre del 1212, Federico veniva
eletto imperatore ed il 9 dello stesso mese incoronato re di Germania a
Magonza e non ad Aquisgrana, ancora in mano ad Ottone. Federico
cominciava a conquistare tutti i nobili col suo fascino giovanile, col
suo altruismo, col suo carattere gioviale. Il suo lavoro diplomatico fu
instancabile, in quegli anni; passando di contea in contea, praticamente
conquistò tutta la parte meridionale della Germania, senza fare uso
della spada, ma con la persuasione della sua personalità e della sua
autorevolezza. Studiava molto le lingue, si occupava di amministrazione,
andava a caccia tra i boschi molto ricchi di selvaggina. E non
disdegnava i rapporti amorosi, dal momento che pare abbia avuto due
figli da una nobile damigella tedesca.
Con la Bolla d’oro di Eger, nella domenica di
Pentecoste del 1213, Federico riconfermava tutte le promesse fatte ad
Innocenzo nel Diploma di Messina, prima della sua partenza per la
Germania. Il documento, per espressa volontà dello stesso Papa, che
poco si fidava del nuovo astro nascente, fu sottoscritto anche dai
principi tedeschi. La guerra tra Ottone e Filippo Augusto era ormai
inevitabile: il 27 luglio del 1214, a Bouvines, nelle Fiandre, Ottone
venne sonoramente sconfitto dal re francese, e messo definitivamente
fuori causa. Federico era riuscito ad arruolare un piccolo esercito per
correre in aiuto dell’amico, ma ormai le sorti della battaglia erano
decise. Senza tante difficoltà, nel 1215 Federico riuscì a conquistare
Colonia ed entrare in Aquisgrana, capitale storica del sacro Romano
Impero.
Diventa mistico
Qui, il 25 luglio del 1215, cinse nuovamente la
corona imperiale, per mano dell’arcivescovo di Magonza, e partecipò
alla solenne cerimonia della traslazione delle ossa di Carlo Magno,
mostrandosi al mondo con un gesto eclatante: prese il martello ed
inchiodò personalmente la cassa al cospetto di tutti. Ormai il suo
slancio mistico era irrefrenabile: chiese di essere ammesso all’ordine
dei cistercensi, e fatto inspiegabile che gli sarebbe costato caro, brandì
la croce, sollevandola alta su tutti i fedeli, facendo voto d’intraprendere
una crociata per liberare i luoghi santi dall’oppressione degli
infedeli islamici. La richiesta di ammissione all’ordine monastico era
una prassi dei re tedeschi, ma la crociata contro i musulmani suonava
strana ed anacronistica per Federico pervaso dall’Islam, di cui aveva
grande rispetto ed ammirazione. Bisogna forse interpretare questo fatto
come un segno di riconoscenza verso il divino, folgorato dai tanti
benefici forse neppure sognati, e caduti sul suo capo come una manna in
pochi anni, quasi un miracolo. Quella croce sollevata verso i fedeli in
segno di voto per una crociata in Terra Santa, peserà però sul suo
capo come un enorme macigno, e sarà un’arma micidiale di ricatto
in mano ai successori del pontefice Innocenzo III, sicuramente l’artefice
delle fortune di Federico II.
Ottone IV moriva a trentasei anni, il 19 maggio del
1218, nel castello di Harzburg, tra umiliazioni e penitenze.