- Matrimonio con Costanza
Federico divenne maggiorenne nel dicembre del 1208,
all’età di quattordici anni secondo la legge siculo-normanna.
Innocenzo III, che poco prima era riuscito a mettere un certo ordine in
Sicilia, concluse la sua tutela nei riguardi di Federico, che finalmente
poteva dimostrare d’essere in grado di governare con sicurezza ed
autorità.
Terminata la sua tutela, Innocenzo III pensò di dare
in moglie a Federico la venticinquenne Costanza d’Aragona, vedova del
re di Ungheria e di ben dieci anni più anziana. Alle ritrosie di
Federico, Innocenzo III gli inviò una lettera nella quale elogiava la
donna offertagli in sposa, ed i vantaggi che sarebbero derivati da tale
unione. Il Papa mirava a dare in sposa a Federico una donna ben accetta
alla Chiesa ed a tenere nel contempo lontani eventuali partiti tedeschi,
che avrebbero potuto nel tempo vantare diritti sulla Sicilia. Non era da
sottovalutare neanche la dote che gli avrebbe portato la nuova regina:
cinquecento cavalieri aragonesi ben armati ed equipaggiati. Federico
accettò di sposare Costanza senza averla mai vista, per convenienza,
anche se quel suggerimento suonava alle sue orecchie come una
imposizione, così come doveva succedere successivamente con le altre
due mogli; le nozze furono celebrate a Palermo, nell’aprile del 1209.
Ma dopo due mesi una pestilenza decimò la truppa giuntagli in dote,
compreso Alfonso di Provenza, fratello della nuova regina, sconvolgendo
i piani di Federico che intendeva iniziare immediatamente a mettere
ordine nel regno. Tra la raffinata regina, abituata a vivere a corte ed
il quattordicenne marito, aduso al maneggio delle armi ed avvezzo a
frequentare ambienti equivoci e grossolani, nacque miracolosamente una
profonda attrazione che si consolidò con la nascita del figlio Enrico.
Come riferiscono le cronache, nel volgere di pochi anni, Federico
apparì completamente trasformato. E molto presto si dimostrò il grande
amatore che sarebbe stato negli anni della maturità, mettendo al mondo
il primo dei tanti figli bastardi: Enzio.
Le prime iniziative
Nel frattempo, i baroni siciliani, approfittando del
disordine che regnava in Sicilia, ordirono una delle tante congiure che
avrebbero costellato la vita del sovrano. Scoperta la congiura, il
nobile calabrese Anfuso di Rota venne imprigionato ed i beni dei
congiurati confiscati ed annessi al demanio. Con una circolare, Federico
giustificava il suo operato e dimostrava ai baroni dell’Isola che a
Palermo non governava più un ragazzo, ma finalmente un re, capace di
mettere ordine, di seguire una politica d’indipendenza, e di sapere
anche contrastare le pretese ecclesiastiche. Allontanò infatti da
Palermo il cancelliere Gualtiero di Pagliara, poco docile ai suoi voleri
nelle elezioni dell’arcivescovo di Palermo, suscitando le proteste di
Innocenzo III. Il piccolo re cominciava ad avere le idee chiare su ciò
che necessitava fare per mettere ordine nel regno, e soprattutto
cominciava a rivaleggiare con la massima autorità ecclesiastica,
dimostrando di non temere la sua influenza e potenza, e di mettere
pericolosamente in forse le sue secolari prerogative di potere
temporale.
Parte per la Germania
Ma oltralpe, in Germania, Ottone IV che era stato
incoronato imperatore nel 1209, sopraffatto da violente ambizioni,
pensò di fare un solo boccone di Federico e del regno di Sicilia che, a
suo parere, gli spettava di diritto, in quanto facente parte dell’Impero.
E volendo emulare la politica di Enrico VI, cercò di seminare discordia
tra i comuni per trarne benefici, dispensò cariche ai suoi amici
tedeschi sparsi nell’Italia centrale e si lasciò persuadere in quell’impresa
dagli irrequieti baroni siciliani che poco prima si erano ribellati all’autorità
di Federico II. Ottone vedeva nel re di Sicilia un pericoloso
antagonista per l’Impero, in quanto poteva rivendicare la sua eredità
sveva. Nel 1210 iniziò la sua marcia verso l’Isola, e dopo pochi mesi
era già in Calabria. Innocenzo III, che aveva sistemato Federico in
Sicilia ed Ottone in Germania, s’accorse d’avere sbagliato i suoi
calcoli su quest’ultimo, al punto di pentirsi d’averlo incoronato
con le sue stesse mani: e, seduta stante, lo scomunicò. Ottone,
imperterrito, era in procinto di varcare lo stretto, e Federico pronto a
salpare in fuga verso l’Africa, quando Innocenzo III sciolse i suoi
sudditi tedeschi dal prestare obbedienza, rinnovando solennemente la
scomunica che, come in altre occasioni, sortì l’effetto desiderato.
In una dieta a Norimberga, Ottone fu deposto e la corona offerta a
Federico. Il Papa si ritrovava tra l’incudine ed il martello: dovette
caldeggiare una situazione che mai avrebbe voluto e che adesso era
giocoforza accettare, cioè il ricongiungimento della corona tedesca a
quella siciliana. Certo é che sarebbe stato più facile contrastare un
imperatore appena diciassettenne ed inesperto, che un Ottone
spalleggiato da un forte esercito. A Federico non parve vera l’occasione
che gli si presentava, e, nonostante la moglie Costanza fosse contraria
e fondati i timori dei suoi consiglieri siciliani, accettò la corona
imperiale dopo avere rassicurato Innocenzo III che non avrebbe in alcun
modo minato l’integrità della Chiesa, ed avrebbe tenuta separata la
corona tedesca da quella siciliana. Ebbe a dire che l’invito da parte
dell’ambasceria tedesca, ad accettare la corona, era stato quasi un
obbligo in quanto era "l’unico e l’ultimo" rimasto della
casa sveva, anche se questa, a differenza di quella normanna, non aveva
lasciato nell’Isola buoni ricordi, con Enrico VI. Ma certamente si
sentì investito della responsabilità dell’eredità sveva. E dal
momento che Ottone batteva in ritirata, Federico, in ottemperanza alla
promessa fatta al Papa, incoronò il figlio Enrico, di appena un anno,
re di Sicilia, e nel 1212 partì per la Germania, tra entusiastiche
ovazioni di popolo, per cingere la corona imperiale.
Non era facile giungere in Germania, ma con un po’
di fortuna e con l’aiuto degli amici, dopo avere evitato la flotta
pisana, giunse a Roma, dove, il giorno di Pasqua, abbracciò per la
prima ed ultima volta il suo vecchio tutore: Innocenzo III. Un giovane
re, povero ed inesperto, un re "chierico", come veniva
definito, lanciato in una avventura la cui meta era la conquista dell’impero,
si ritrovava al cospetto della persona più potente e smaliziata del
mondo! Chissà che impressione gli avrà fatto quel ragazzino che, con
al seguito soltanto una cinquantina di persone, e armato soltanto d’una
buona dose d’inesperienza, era diretto verso la tana di Ottone! Avesse
avuto il dono della veggenza, forse non l’avrebbe assecondato verso
quell’impossibile impresa. Papa Innocenzo affiancò all’inesperto
Federico, Ermanno di Salza, gran maestro dell’Ordine Teutonico, e
Berardo di Castacca, arcivescovo di Bari, che diverrà suo fedelissimo
consigliere e gli sarà sempre vicino, prodigo di consigli, nella gloria
e nelle sconfitte.