La nascita
"In quello vecchio, là, fuori di mano",
cioè nella basilica di Sant’Ambrogio di Milano, città che aveva
saccheggiato pochi anni prima, l’imperatore Federico Barbarossa, il 27
gennaio del 1186, assisteva al matrimonio di suo Figlio Enrico VI con
Costanza d’Altavilla, bionda e avvenente figlia postuma di Ruggero II,
re di Sicilia.
Il nuovo Imperatore Enrico VI, ancora fresco della
corona ferrea imposta sul suo capo, partì per la conquista dell’Italia
meridionale. Dopo anni di alterne vicende, assieme a Costanza e
provenienti dalla Germania, erano in viaggio verso Palermo, dove sarebbe
dovuta avvenire l’incoronazione a re di Sicilia. Ma solo Enrico poté
proseguire per Palermo, perché Costanza, in avanzato stato di
gravidanza, dovette fermarsi nell’Italia centrale, a Iesi, nelle
Marche, per evitare i rigori del freddo inverno e la durezza d’un
viaggio pieno di rischi e pericoli. In quei frangenti, venne alla luce
Federico Ruggero.
Come spesso é accaduto, e accade, per tanti
personaggi, destinati a diventare famosi e a dominare la scena della
propria epoca, un alone di mistero avvolse il piccolo Federico, sin dai
primi vagiti. E poiché grande ed illustre è stata la sua figura,
cronisti, storici, scrittori e ricercatori, nell’arco di otto secoli,
si sono sbizzarriti in interpretazioni ed attribuzioni di circostanze,
fatti e luoghi. Ed appigliandosi alle narrazioni dei fatti tramandati
dai cronisti, più o meno seri e credibili, tanti, ammaliati dalla sua
mitica figura, ne hanno persino rivendicato la concittadinanza.
"A.D. 1195. Natus est Imperatori
Enrico filius in valle Spoletana in civitate Asis, nocte quae praecedit
dormitionem Iohannis evangelistae et 15 episcopis et cardinalibus
praesentibus est baptizatus dictusque est Fridericus".
Stando dunque alla cronaca del monaco tedesco Alberto
Stadense, il 26 dicembre del 1194, a Costanza d’Altavilla, figlia del
normanno Ruggero II e moglie del violento Enrico VI, da poche ore Re di
Sicilia, nasceva un figlio, l’unico, cui fu imposto il nome di
Federico Ruggero, quasi ad indicare che il neonato era erede della
tradizione degli Hohenstaufen ed allo stesso tempo degli Altavilla.
Secondo l’interpretazione fatta da certa
letteratura degli scritti del monaco tedesco, morto nel 1261, Federico
sarebbe dunque nato ad Assisi, e non a Iesi come sostengono i cronisti,
da Salimbene De Adam di Parma, a Riccardo di San Germano. Ma perché
Assisi? Perché lo Stadense parla di Asis (Assisi) e non di Aesis
(Iesi)! Un semplice errore di omissione di una vocale?
Il bimbo, appena nato, venne affidato alle cure del
duca Corrado di Lutzen, e portato a Foligno, secondo il volere del padre
Enrico. Secondo il Fortini, nella sua "Assisi nel medio evo",
Corrado di Lutzen, era duca di Spoleto e conte di Assisi, con abituale
residenza nella rocca della stessa città. A causa della sua stranezza,
era chiamato "Mosca in cervello(Eo quod plerunque quasi demens
videretur, secondo Pietro da Eboli)".
Alberto Stadense specifica nella sua cronaca, che
Federico nacque e fu battezzato in valle spoletana, e anche il Baronio (Annales,
1197) assicura che Federico fu battezzato in Assisi (baptizatus autem
Assisii in valle spoletana sita civitate). Perché, dunque, Federico
sarebbe nato a Iesi, per poi essere battezzato in Assisi?
Tutti gli storici, però, sono concordi nel
riconoscere che Federico nacque a Iesi, fu affidato allo svevo Corrado
di Urslingen (non di Lutzen), duca di Spoleto e conte di Assisi, e fu
battezzato in Assisi, visto che anche lui stesso, in età avanzata,
chiama Costanza "nostra divina genitrice" e Iesi "la
nostra Betlemme".
Il fonte battesimale fu lo stesso, nella Cattedrale
di San Rufino, che pochi anni prima aveva visto segnare con l’acqua
benedetta i benestanti Francesco (1182-1236), che poi venderà i suoi
panni nella piazza del mercato di Foligno, e Chiara (1194-1253). I due,
che vivranno in simbiosi di preghiera e penitenza, saranno destinati a
diventare mitici Santi, mentre il nostro Federico per la Chiesa sarà il
demonio da combattere fino al suo totale annientamento. Così infatti
recitava la leggenda dei tre compagni: "Oggi in questa contrada
(anche se fra i due c’erano dodici anni di differenza), sono nati due
pargoli: il primo sarà uno dei migliori uomini del mondo, destinato a
fare grande la Chiesa, l’altro sarà uno dei peggiori e tenterà di
distruggerla!". E’ ovvio che il primo pargolo sia S. Francesco e
l’altro Federico II, "..colui che gli uomini si compiacquero di
raffigurare come l’anticristo". Sarebbe bello comunque
immaginarsi Francesco, Chiara e Federico giocare per le strade di Assisi
o davanti la Cattedrale di S. Rufino! Utopico, certamente, ma chissà se
il focoso sedicenne Francesco, salito fino alla Rocca a rendere omaggio
al suo signore Corrado, non abbia intravisto il moccioso Federico
sgambettare tra i cortili del maniero.
Dicevamo in precedenza degli errori commessi dai
cronisti dell’epoca! Evidentemente lo Stadense commise un errore nello
scrivere Asis al posto di Aesis, e qualche altro cronista riferì
erroneamente che Federico fosse stato affidato al duca Corrado di Lutzen
anziché a Corrado di Urslingen, che effettivamente abitava la rocca di
Assisi!
Secondo la leggenda, Federico vide la luce in un
tendone, piazzato nel centro della piazza del mercato di Iesi, e per
rendere più credibile la sua maternità, Costanza allattava il piccolo
alla presenza di quanti, curiosi, si avvicinavano per constatare il
prodigioso evento.
Tanti misero in dubbio la maternità di Costanza,
ormai quarantenne, e quindi, per l’epoca, età molto avanzata per
mettere alla luce un figlio, e subito circolarono voci che davano
Federico come figlio del beccaio di Iesi, e non di Costanza e di Enrico
VI. Era evidente in queste dicerie la preoccupazione e lo zampino del
Papa, il quale temeva che la nuova dinastia potesse congiungere il regno
di Sicilia con quello di Germania, con grande pericolo per i domini
papali dell’Italia centrale. Ed i suoi timori erano ben fondati!
All’età di trentadue anni, nel 1197, moriva in
Messina Enrico VI, ammalatosi durante una battuta di caccia, passione
che avrebbe lasciata in eredità al figlio. La preoccupazione principale
di Costanza fu quella di assicurare al figlio Federico l’eredità del
regno di Sicilia, che in quel periodo era percorso da fremiti di
ribellione contro la dominazione straniera. Costanza era stata costretta
ad assistere alle torture contro i congiurati ed ai saccheggi che gli
Svevi perpetravano in Sicilia, spedendo in Germania i tesori dell’Isola
e persino il prezioso manto del padre Ruggero, indossato il giorno dell’incoronazione.
Adesso, morto il marito e libera da ogni vincolo svevo, si comportò da
vera normanna e siciliana, bandendo i tedeschi dall’Isola, tra cui
Marcovaldo di Anwiller e Gualtiero di Pagliara, vescovo di Troia
(Puglia) e cancelliere di Enrico. Con l’appoggio di Papa Innocenzo III,
appena salito al trono pontificio, riuscì ad assicurare al figlio
Federico il regno di Sicilia, anche se a duro prezzo. Il Pontefice, che
reclamava il potere temporale nell’Italia centrale, a salvaguardia dei
suoi confini territoriali ottenne la separazione della corona siciliana
da quella tedesca ed il riconoscimento della sua autorità ecclesiale
sul regno isolano. In seguito a ciò, Costanza portò a Palermo il
figlio di appena tre anni, e lo fece incoronare re di Sicilia, nella
Cattedrale addobbata in pompa magna. Furono giorni di gioia e di
speranza per tutto il popolo, in ricordo dei vecchi fasti normanni. Ma l’anno
appresso, nel 1198, moriva anche Costanza, lasciando il figlio orfano
nelle mani di Innocenzo III, quale reggente. Era evidente che, in
assenza di una guida forte e sicura, Marcovaldo ed i suoi mercenari
avrebbero tentato l’impossibile per tornare in possesso delle redini
di comando dell’Isola.
La Sicilia, infatti, cadde in preda al caos assoluto.
Marcovaldo ed i suoi mercenari avevano ripreso il potere, i Saraceni
saccheggiavano e rubavano, i pisani pretendevano diritti sui porti dell’Isola,
l’influenza di Innocenzo III sul suo protetto Federico, abbandonato a
sé stesso, era praticamente inesistente.