L’anno dell’Alleluia
In quegli anni era sorto nell’Italia settentrionale
un movimento che, tra tanti odi e disordini, predicava pace, fratellanza
e amore tra gli uomini. Predicatori domenicani e francescani si
diffusero in tutto il territorio ottenendo risultati straordinari. Tra i
primi vi fu il francescano Antonio, originario di Lisbona, ma detto da
Padova per essere morto lì nel 1231. Dovunque passava, la sua parola
pacificava gli animi e portava gioia e letizia nei cuori. L’apice di
questo movimento si ebbe nel 1233 che fu detto appunto l’anno dell’Alleluia.
Fra Salimbene da Parma, nella sua Cronica, ci offre
una pittoresca descrizione di questo movimento e di tanti curiosi
personaggi.
"Fu l’Alleluja un periodo di tempo così
chiamato più tardi, perché le armi posarono e fu di quiete e pace, di
giocondità e di letizia, di gaudio e di esultanza, di laude e
giubilazione. E cavalieri e fanti, cittadini e villani, giovini e
vergini e vecchi con più giovani, cantavano cantilene e lodi a Dio. In
tutta Italia ci fu questa devozione, ed io vidi che nella mia città di
Parma ogni contrada voleva avere il suo vessillo per le processioni che
si facevano, e sul vessillo il genere del martirio del suo santo. Così
anche venivano dalle ville in città con vessilli e in gran compagnie
uomini e donne, fanciulli e fanciulle per udire prediche e lodare Dio e
cantavano con voci più divine che umane. E portavano rami d’albero e
candele accese, e si predicava di sera e di mattina e a mezzodì. E
facevano sosta nelle chiese e nelle piazze e alzavano le mani a Dio per
lodarlo e benedirlo nei secoli, e non potevano restare dalle lodi di Dio
tanto erano inebriati d’amor divino. Prima venne a Parma frate
Benedetto che chiamavano frate di Cornetta, uomo semplice e illetterato,
innocente e d’onesta vita, che vidi ed ebbi famigliare a Parma e poi a
Pisa. Era della valle di Spoleto o delle terre di Romagna. Non
apparteneva ad alcun ordine, viveva a sé e si studiava di piacere a
Dio; molto era amico dei frati minori. Pareva quasi un altro Giovanni
Battista, che a Dio volesse preparare un popolo perfetto. Egli aveva in
capo un cappello armeno e barba lunga e nera e una tromba di rame o di
oricalco, piccola, con cui bucinava, e la sua tromba roboava
terribilmente, ma anche non senza dolcezza; cinto d’una fascia di
vello, abito nero come un sacco di tela grezza e lungo fino ai piedi,
mantello a guisa di cappa, e davanti e dietro dal collo fino ai piedi,
una croce grande e larga e lunga e rossa, come nelle pianete dei
sacerdoti. Così vestito egli andava con la sua tromba e predicava nelle
chiese e nelle piazze e lodava Dio, e gran turba di ragazzi lo seguiva,
spesso con rami di alberi e candele accese. Ed io stesso da un muro del
palazzo del vescovo, che allora si andava costruendo, lo vidi più volte
predicare e lodare Dio. E cominciava le sue lodi così, e diceva in
volgare: "Laudato e benedetto e glorificato sia lo Patre". E i
fanciulli ciò che aveva detto ripetevano ad alta voce. Per la terza
volta ripeteva il detto, aggiungendovi: "Sia lo Spirito", e
poi: "Alleluja, Alleluja, Alleluja". Poi suonava, quindi
predicava, dicendo buone parole in lode di Dio, e in fine della predica
salutava la beata Vergine così: "Ave, Maria, clemente e pia, di
grazia piena, Vergin serena, ".
Presto però il movimento sorto spontaneamente, da
mistico e religioso si trasformò in politico col domenicano Giovanni da
Vicenza. Questi ottenne un grande successo come predicatore; ma se da un
lato invitava alla pace ed alla fratellanza, dall’altro imponeva una
lotta senza quartiere contro gli eretici, al punto da spingere le stesse
persone che si erano appena scambiati il segno della pace, a
perseguitarli e bruciarli. A Verona, in un mese, ben sessanta eretici
finirono sul rogo! Fra Giovanni, forte del suo carisma, fu eletto
podestà a Verona ed a Vicenza, ottenendo fortezze e castelli, e
divenendo in pratica un dittatore. Ripresero gli odi e le violenze di
prima, mentre il movimento si esauriva miseramente.