Tra gli scrittori sepolti nel mondo della
dimenticanza abbiamo trovato, anche grazie a Matteo Collura, all’editore
Sciascia di Caltanissetta ed al chiarissimo Professor Mineo dell’Università
di Catania, Angelo Petyx che è un autore veramente straordinario la cui
opera resterà certamente scolpita nei nostri cuori e nelle nostri menti
perché ha saputo toccare corde profonde della nostra vita e della
nostra umanità con uno stile semplice e disarmante, uno stile che
diventa musica popolare, sinfonia degli umili e degli oppressi. Oggi
forse Petyx potrebbe essere definito un minimalista.
Angelo Petyx nasce a Montedoro in provincia di
Caltanissetta il 2 novembre 1912 e sente subito l’esigenza di cultura
e di letture che non lo abbandonerà più e che diventerà rigorosa
regola di vita. Segue un corso di studi irregolare da autodidatta. Si
oppone al fascismo, per cui rifiuta la chiamata all’arruolamento nella
milizia, rifiuta durante la ferma militare di iscriversi al corso per
allievi ufficiali.
Allo scoppio della guerra, è demandato dapprima al
reclusorio militare di Gaeta come insegnante dei reclusi, poi viene
trasferito in Emilia.
Partecipa quindi alla campagna di guerra nel sud
della Francia con la IV armata.
Dopo l’otto settembre resta sbandato in Piemonte ed aderisce alle
formazioni partigiane di Giustizia e Libertà.
Trova rifugio a Tarantasca presso una famiglia
antifascista e l’8 settembre 1948 sposa la figlia primogenita Lena di
questo antifascista che sarà la Ada del romanzo "Gli
sbandati" pubblicato nel 1971.
Nel 1945 ritorna in Sicilia dove inizia l’
attività di insegnante, mai prima intrapresa per la rifiutata adesione
al partito fascista.
Nel 1949 si trasferisce in Piemonte dapprima a
Villafaletto dove insegna per 11 anni ed infine a Cuneo.
Per la sua militanza antifascista gli furono offerti vari incarichi che
Lui rifiutò, come respinse l’invito di Elio Vittorini di trasferirsi
a Milano, "per il suo avvenire di scrittore," e potere vivere
più intensamente la vita letteraria dell’Italia risorta.
Ma Petyx doveva essere un uomo strano, un tipo
ribelle e preferì restare a Cuneo rifiutando il grande proscenio
letterario.
Ma questo non gli impedì di continuare la sua vita
di scrittore raffinato collaborando a riviste quali "Gente
nostra", "Il Subalpino", La via del Piemonte",
"La fiera letteraria", "Prove di letteratura ed
arte", "Diogene", "Incidenza" ed al giornale
"L’Unità".
Nel 1957 Elio Vittoriani gli pubblica, nella collana
della Mondadori, "La Medusa degli italiani" "La miniera
occupata", dicendo di Petyx: "da prova di possedere delle
qualità di primordine. Certi dialoghi tra gli zolfatari sono molto
suggestivi: con quella loro voce dialettale lavorata fino a diventare
musica"; e del quale Italo Calvino ebbe a dire: " Il libro La
miniera occupata è scritto con semplicità sobrietà e gusto. Di tutti
i libri del dopoguerra, che trattavano delle lotte sociali
contemporanee, questo era uno dei più schietti e attraenti alla
lettura.
Mi faccio vanto di essere il suo
scopritore."Sebastiano Addamo ebbe a scrivere: "Il libro di
Petyx lo troviamo quando ha inizio l’azione della miniera, allora la
prosa sembra sciogliersi da tutti gli impacci, le parole trovano
rispondenza nelle cose e negli atti, il racconto procede libero, spedito
e trova alla fine la sua forza: la morte della madre di Frischetta, l’omicidio
che costui commette, il suo arresto sono vicende che fanno da sfondo
allo sciopero e alla resistenza degli zolfatari nella miniera, e Petyx
non ha nemmeno bisogno di cercare le parole perché queste vengono si
può dire da sole- laddove per il personaggio di Paolo si avvertiva
questa necessità di ricerca, e per questo in esso c’è più schema
che vita, più velleità che verità.
Gli è che adesso la scrittura ha trovato le proprie
finalità, e si fa distesa e ampia, corale e animata e di colpo immette
Petyx in quella schiera di narratori che della loro terra sanno cogliere
il duro lamento delle cose.
Nel 1971 con Rebellato pubblica "Gli
sbandati", nel 1976 con la casa editrice Teodoriana di Milano
pubblica "Liillà ed altri racconti", nel 1979 con la stessa
casa editrice pubblica "Il sogno di un pazzo", nel 1984
"Le notti insonni di Liillà", nel 1986 "Il lungo
viaggio", nel 1991 "Anna è felice" e nel 1994 "L’Amore
respinto".
Angelo Petix muore il 30 marzo 1997.
Nel marzo del 2002 l’editore Salvatore Sciascia di
Caltanissetta ripubblica i "Racconti" e "La miniera
occupata" con una brillantissima prefazione del Professor Mineo
allora Preside della facoltà di lettere dell’Università di Catania.
Ed oggi noi siamo a Villaggio Mosè di Agrigento, che
è stato uno dei centri minerari più importanti della Sicilia, per
presentare il libro "La miniera occupata" che ha la grande
capacità di fare rivivere quel mondo del dopoguerra che va tra la fine
degli anni quaranta e i primi degli anni cinquanta.
Rivivono gli scontri sociali e politici, il mondo operaio di quei primi
anni di democrazia, gli scontri tra un popolo che sogna il riscatto, il
sol dell’avvenire ed un padrone ancorato a concezioni fasciste e
monarchiche che riuscivano a salvaguardare gli interessi dei padroni
contro i lavoratori.
E’ da dire a tal proposito che il libro nasce da un
racconto di Angelo Petyx del 1950 "Il bolscevico" pubblicato
nella rivista "La galleria" nel 1959 con il titolo "Vita
di miniera" ed ora da Sciascia con il titolo "Il sole dell’avvenire".
I personaggi del libro rappresentano un coro di
proletari, un coro della tragedia greca che vive il dramma di una vita
piena di stenti, sotto la terra e sopra la terra nelle taverne dove solo
il vino riesce a fare dimenticare l’amaro della vita.
Il libro, oltre ad avere il carattere della tragedia
greca, è soprattutto una sinfonia degli ultimi, ultimi che hanno un
cuore e sentimenti veri.
I componenti del coro sono Paolo che ama Antonietta (
ma che non sposerà per ragioni di censo, e di ceto sociale), Fasanaro,
Don Federico, Serraviddu, Campanella, Tabaccu, Cacasenno, Favarisi,
Montagna, Rosa, Pippo, (il sarto che si fidanzerà con Antonietta
perché benestante), Frischetta la cui moglie Teresa è presa da
libidine sessuale per cui cornifica continuamente il marito che è
costretto ad ucciderla, Arcadipane, Zaccaria, Formichina il droghiere,
Solavecchia il calzolaio, Bacaranu il carrettiere, con sei figli di cui
una tisica per fame, Donna Rosina che si ostina a non voler dare la
propria figlia Antonietta a un picconiere ed infine Don Basilio, il
proprietario della miniera che muore di infarto proprio mentre i
minatori occupano la miniera per chiedere il pagamento dello
straordinario, acqua bevibile, l’istituzione della commissione interna
ed il ritiro dei licenziamenti.
In Petyx i minatori trovano il loro cantore, il loro
drammaturgo, il loro poeta sinfonico che sa tradurre in parola e quindi
in libro i loro sentimenti.
Il libro può definirsi anche un’opera di
formazione, della formazione di Paolo, un minatore
che attraverso i libri che gli dà la sua amata si incontra con la
cultura, prima con Grazia Deledda "Marianna Sirca" e poi con
altri libri dell’illuminismo francese che fanno conoscere al nostro
Paolo i concetti della libertà borghese che ispirarono la rivoluzione
francese e quindi contribuirono a creare la nostra società.
Ci sono le aspirazioni di un ceto proletario e
contadino che sognò il riscatto in nome del comunismo e del sol dell’avvenire,
sogno che si infranse per molti a Marcinelle e nelle miniere di carbone
del Belgio dove la migliore gioventù siciliana emigrò in cambio di un
sacco di carbone e non per delusione di amore, come è accaduto a Paolo.
Paolo Todaro come
tanti altri prima di lui, scrive il Professore Giovanni Milazzo, come
tanti altri dopo di lui. La fuga, la fuga per amore. Crescere e fuggire;
allora crescere è fuggire? La fuga dalla storia? Dopo tanto vivere,
dopo tanto impegno? Era così che bisognava dunque fare? Non c’era
più speranza, bisognava quindi, entrare soli, negli anni del boom e del
nuovo impegno? Entrare da soli nella maturità. La sorte di Paolo è
quella del protagonista de "La luna si mangia i morti" di
Antonio
Russello che esce per riuscire. (Cu nesci arrinesci). E’ la storia di
tutti i giovani siciliani anche di quelli di oggi. Nulla è cambiato
dopo sessanta anni. La sola differenza è che oggi emigrano soprattutto
gli intellettuali impoverendo sempre più la nostra terrà che forma i
cervelli per poi esportarli.
Nel libro c’è la sfiducia in Dio di Bacaranu che, nella sua ignoranza
dice, "credi che se fossi Dio farei soffrire la fame alla gente?
Non gliela farei soffrire no, perché non sono quell’uomo cattivo che
credi…..
….Tutto quello che so è che se fossi Dio non farei
soffrire la fame alla gente e non la farei ammalare. Forse mi costerebbe
un centesimo?
E Cacasenno dice " E’ difficile che una
persona istruita parli di santi e di Dio. Sono gli ignoranti che credono
ci siano dei santi che fanno i miracoli o che Dio creò il mondo dal
nulla. Ma gli istruiti…
….Sbagli, perché ci sono uomini istruiti e intelligenti che credono
nei santi…
Il libro di Petyx è anche il libro dell’amore, l’amore
di Paolo per Antonietta che si svolge in una maniera delicata e senza
toni drammatici. Petyx, come tutti gli scrittori siciliani di grande
statura, rifugge il sesso per cui l’amore è solo un fatto sublime che
si infrange nelle concezioni sociali piccolo borghesi. Antonietta non
può sposare un picconiere ma deve sposare uno del suo ceto, Frischetta
deve uccidere la moglie che lo tradisce anche se la ama ancora e
vorrebbe mantenere viva la sua famiglia con i suoi figli, perché così
vuole pirandellianamente la società siciliana.
Il chiarissimo Professor Mineo pone il libro nel
periodo del "post" "neorealismo" e quindi lo ascrive
alla corrente del realismo.
E’ chiaro che leggendo questo tipo di letteratura,
a cui apparteneva anche Antonio Russello con "La luna si mangia i
morti", che piacque a Vittorini che lo pubblicò nella Medusa della
Mondadori, risaliamo subito al Verismo di Verga e di Capuana e quindi al
realismo francese di Emile Zola che tanto influenzò la nostra
letteratura.
Del resto nessuno scrittore siciliano di quel periodo
può sfuggire all’influenza dei grandi padri della letteratura quali
Verga e poi Pirandello che è tanto presente nel libro di Petyx e
soprattutto nella vicenda di Frischetta che perdonerebbe i tradimenti
della moglie per non distruggere la sua famiglia, ma che è costretto ad
uccidere la moglie per "dare soddisfazione alla gente" che lo
definiva cornuto e lo derideva in ogni occasione.
Su questa collocazione nel filone del realismo
italiano non ci sono dubbi di sorta e questo ce lo dimostra il fatto che
Vittorini lo pubblicò nella sua collana della Mondadori dove trovarono
collocazione i grandi scrittori del tempo che facevano capo al neo
realismo e al realismo e dove non poteva trovare spazio "Il
Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa che ha altra dimensione e altra
collocazione letteraria che certamente non poteva piacere a coloro che
tenevano nelle mani la cultura, i cui riferimenti si trovavano a
sinistra.
Petyx e Russelo furono gli ultimi di questa corrente
perché poi venne Pasolini che mise da parte la classe operaia e mise al
centro della questione politica e quindi della letteratura, il
sottoproletariato urbano.
Ma questo è un altro discorso che esula dal nostro
autore nei confronti del quale vorremmo aggiungere un’altra nostra
osservazione che riteniamo di principale importanza. Petyx, per noi è
uno scrittore minimalista e questo lo si evince leggendo "La
miniera occupata" e "I racconti" che sono veri e propri
capolavori.
La letteratura mondiale afferma che il padre del
minimalismo sia lo scrittore americano Carver ma noi vogliamo pensare
che il vero padre del minimalismo sia stato Petyx ed in tal senso noi
lanciamo una sfida al Professor Mineo e alla Professoressa Gigliola
Nocera, che insegna lingue e letteratura nordamericana e inglese all’Università
di Catania, acchè venga studiata più attentamente la narrativa del
nostro scrittore per stabilire che, in fondo, il vero primo scrittore
minimalista è Petyx che, come Carver ( riportiamo integralmente le
parole che su Carver scrisse Sergio Nazzari sul La Sicilia) " è
scrittore che con il suo stile scardina ogni tradizione, eliminando
quanto di eccessivo, artefatto, ridondante possa appesantire la
scrittura, ogni inutile incrostazione, per affidarsi invece totalmente
al ritmo delle proprie emozioni e liberare la nuda e seducente vitalità
della parola"… ed ancora sempre parafrasando Sergo Nazzari e
trasferendoci dall’America di Carver alla Sicilia di Petyx: Qual è la
Sicilia da lui dipinta? Una Sicilia sommersa, lontana dall’immagine
propagandata dai mass media, nella quale però milioni di persone si
identificano.
E’ la Sicilia della fascia più povera, della
classe operaia che vive nei profondi paesi del sud dove è difficile
vivere e portare avanti una famiglia numerosa e dove è difficile anche
amare. I protagonisti di Petyx e quindi di Carver non sono eroi nel
senso classico ma impersonano l’ eroismo della quotidianità con la
loro capacità di barcamenarsi tra le difficoltà di tutti i giorni, con
il loro continuo stato di tensione.
E questo lo diciamo anche se comprendiamo
perfettamente che i contesti sociali in cui vissero e operarono i due
autori sono profondamente diversi ma i canoni letterari sono gli stessi.
Da questo nostro incontro spero che possa nascere un
nuovo interesse su Angelo Petyx
nella cetezza che i lettori e gli studiosi di letteratura italiana
vorranno porsi il problema di questa nuova prosa di Petyx e di questa
epopea degli straccioni che si trovano in Carver, in Lorca, in Russello
ed altri, affermando il fatto che Petyx è stato minimalista prima degli
altri americani.
La prosa de La miniera occupata è così scarna,
così semplice, e la parlata così vicino al parlar comune degli
zolfatari e del nostro popolo di Sicilia che si può essere indotti a
pensare che ci si trovi dinanzi ad uno scrittore "minore" ed
incapace di altri modi più alti di esprimersi.
Non bisogna commettere l’errore di valutare
negativamente questo modo di raccontare del nostro scrittore che anzi
questa prosa è la caratteristica principale e più affascinante di
Petyx che non si attarda ad usare il siciliano come si usaoggi, a
sproposito, da parte di tanti scrittori.
Se mai troviamo alcuni modi di dire siciliani che
vengono italianizzati come: "La pentola mi bolle. Ce la posso
calare?"(pag. 45), "preparare il sugo" (pag. 53),
"qui ci vuole un carico di undici, quello con i pampini"
(pag.57), E’ voluto bene da una ragazza come l’oro e mi va a cercare
Pitullina" (pag.62), "Ne ha coda il maccherone?"
(pag.109), "perciò Don Basilio è morto così, di morti
subita?". Questi modi di dire che sono tipici della nostra parlata
di Sicilia ci fanno sentire il Petyx come uno dei nostri.
Anche le descrizioni dei paesaggi hanno qualche cosa
di particolare, sono brevi, semplici, incisive, pittoriche come la
pittura minimalista. Sentite: "Ora la piazza era disseminata di
fiammelle, vere lucciole palpitanti di spasimo, e la folla ondeggiò
vociando e cantando l’inno dei lavoratori".
Oppure: "La luna era tramontata da un pezzo, il
buio aveva tinto di nero le cose e io, nel mio stupore sbigottito e
affranto, guardavo e guardavo le stelle scintillare nel vuoto nero,
lontane lontane e piccole e belle, d’una bellezza ineffabile e
misteriosa, si che nel silenzio che mi circondava sentivo la mia
piccolezza travasarsi nel nulla." Ed ancora: " il cielo a
oriente si era fatto viola e le stelle impallidivano, la campagna si
disegnava nelle sue forme stravolte e congestionate. L’aria era piena
di pigolii, di trilli di fischi e di gorgheggi; le stelle si facevano
sempre più rare, senza più la bellezza sfolgorante di prima."
E poi i concetti espressi dagli zolfatari o dagli
operai nei loro discorsi non devono essere considerati nascenti da
concezioni filosofiche ma discorsi nascenti dal senso comune. I discorsi
sulla morte, sui poteri di Dio fatti da Bacaranu nascono appunto dal
sentire popolare, dal rovello degli ultimi, dalla filosofia della fame e
della disperazione ed anche in questo Petyx deve essere considerato un
minimalista, tenendo presente che il minimalismo ha anche connotati
tipici del realismo.
Carver, scrittore strano, disordinato, dedito al
vino, per un certo periodo della sua vita, volle rifiutare le concezioni
astrattiste della letteratura e volle descrivere l’America degli
emarginati che erano esclusi dal consumismo sfrenato ed in questo fu
maestro, anche se prima di morire a cinquanta anni, abbandonò il
minimalismo.
Nel 1957, quando il libro di Petyx vide la luce,
Carver aveva 19 anni e quindi l’autore americano certamente non poteva
essere conosciuto da Petyx e per questo la scrittura e lo stile
letterario di Petyx sono frutto di originalità e questo speriamo che
venga riconosciuto dall’accademia e dalle nuove cattedre di
"letteratura comparata" che si vanno istituendo nelle nostre
Università.
Per finire voglio dire il libro non si può
raccontare perché lo si deve vivere intensamente leggendolo e lo devono
vivere i vecchi siciliani che hanno conosciuto quei tempi tristi, lo
devono leggere i giovani per capire dove affondano le loro radici e lo
devono leggere assieme ai racconti che sono veramente gioielli di alta
scrittura.
Io ho potuto dire solo queste cose che mi sgorgano
dal cuore, cercando di inquadrare il libro nel momento storico e
letterario in cui è nato e che è tra i più interessanti della nostra
letteratura e
della nostra cinematografia.
Agrigento,lì 21.11.2005
gaspareagnello@virgilio.it