Lenta lenta, piano piano, camminava una carrozza per
le vie di Palermo, con le briglie del cavallo in mano, tutto annoiato in
quel caldo pomeriggio del mese di Agosto, andava senza meta, guardando
un po' quà un po' là.
Dentro la carrozza, Juan Francisco, un nobile dei
tempi dei Borboni, al suo fianco seduto c'era il suo servo fidato,
Gualtiero. Con un sbadiglio Juan Francisco dice a Gualtiero:"Guarda
Palermo! Come tutta la gente è indaffarata, con i suoi lavori, i suoi
problemi". Si vedevano i carretti girare per le strade pieni di
carbone, grano, farina. Videro un carro trainato da due muli con dentro
due otri di pelle d'animale piene di olio. Un uomo, alle briglie dei due
muli gridava una cantilena:"v'accattativi l'ugliu bunu, fattu da li
ma ulivi, e st'ugliu....", con una voce squillante. Si vedevano le
Juanne aprire le porte, e con dei piccoli gierretteli, fatti di creta,
in mano per comprare l'olio.
Juan Francisco con il servo guardavano tutta quella
gente, così intenta a comprare chi olio, chi la farina o il carbone, ma
poi ad un tratto il nobile borbone, dice a Gualtiero: "Ma dove
siamo di preciso? In quale zona di Palermo ci ha portato Olivero, questo
cavallino così bizzarro e spaurito che col suo capestro trainava il
carrozzino e noi, infatti il cavallino Olivero aveva due anni di vita,
ed era la prima volta che trainava la carrozza con il suo padrone. Juan
Francisco, per le vie del paese lo stava svezzando, a collaudarlo come
si dice, a portare il carrozzino, e scherzo a parte lo aveva messo alla
prova se era veramente pronto a diventare l'amico del suo carrozzino,
delle sue passeggiate quando ne aveva voglia.
Juan Francisco, ancora, parlando verso Altiero gli
dice: "Non sono mai stato da queste parti di Palermo, dove ci
troviamo esattamente?". Altiero, con la risposta pronta, guardando
a destra e a sinistra dice: "Padrone, nemmeno io ho idea di quale
parte siamo. Veramente, come punto di riferimento, penso di essere
vicino alla zona del "Ballarò". Tutto sorpreso Juan
Francisco, toccando il dorso del cavallo con una mano, come per una
carezza, dice: "Guarda dove ci hai portato Olivero! Facendoti
camminare a modo tuo, lasciandoti la piena libertà di portarci tu a
spasso in questo pomeriggio, così caldo e annoiato, senza fare niente,
e ho pensato a te caro cavallo di darti la prima lezione, a portarmi a
spasso per le vie di Palermo". Il cavallo Olivero, con passo
lentissimo, faceva sentire i suoi zoccoli al ritmo delle ruote del
carrozzino, strisciando nel terriccio, così sporco e fangoso di quella
zona, molto pietosa. Si vedeva tutta quella povera e malconcia gente,
quei poveri bambini, con quegli occhi tristi, mal nutriti e mal vestiti,
senza scarpe e senza vestiti. Infatti avevano addosso solo un tunica, di
diversi colori e poi con quel caldo erano tutti gettati a terra davanti
alle loro porte di abitazione. Con occhi increduli Juan Francisco
guardava tutto questo con disgusto. Spalancò ancora di più gli occhi
nel veder spuntare da un vicolo, un ragazzino a cavallo di un grosso
maiale, e dietro una decina di piccoli maialini e tanti ragazzini della
sua età che gridavano: " Nino, Nino, a cavallo ad una troia".
Al grugnire di quel grosso animale si sentiva il grido dei suoi dieci
piccoli rispondere al richiamo della madre. Mentre quella ciurma di
ragazzini, ripetendo ininterrottamente quella frase, attraversava la
strada costringendo la carrozza di Juan Francisco a fermarsi. Il nobile
fermo sulla carrozza guardava con molta tristezza quel gruppo di
ragazzi, gridare al loro compagnetto, come un gioco. Juan Francisco
guardò uno ad uno quei ragazzi e pensò con molta tristezza e molta
pena a quella cultura che si diceva primitiva. E guardando quella scena
così cruda nei suoi confronti chiuse, per un secondo, gli occhi dicendo
a Dio: "Non ho visto mai una cosa simile". Aprendo gli occhi,
Juan Francisco vide, a pochi passi dalla sua carrozza, un ragazzino che
zoppicava dalla gamba destra, essendo caduto per seguire gli altri
compagni. Egli lo vide a terra, tutto impaurito e tremante, guardare il
cavallo davanti a lui e con un grido di paura: "Pietà! Sono
caduto". Si vide intorno la gente uscire dalle porte, e correre nei
pressi del cavallo gridando: "Pietà! Non lo fate.". Mentre
una donna, tutta presa dal panico, prese il bimbo in un baleno e lo
tirò con forza, ed abbracciandolo lo baciò con tanto amore. Si
vedevano le donne prendere ognuno il suo bambino in braccia e correre
verso le loro case gridando: "Si sono i nobili dei Borboni. Presto
inchiudimmuni intra". Juan Francisco era un giovane di quei tempi,
appartenente alla famiglia dei regnanti in Sicilia, i Borboni spagnoli.
Era un nobile ragazzo di 22 anni. Infatti oggi era proprio il suo
compleanno e, i suoi genitori Pablo e Quanita Ingrassia gli avevano
regalato quel splendido cavallo con il carrozzino portante l'effige
della loro famiglia. Egli lo stava inaugurando per le vie di Palermo
assieme ad Altiero, più un amico e compagniero di vita che il suo servo
fidato. A guardare quella scena di terrore, animata da tutta quella
povera gente, disse ad Altiero: "Hai visto tutta questa povera
gente, com'è terrorizzata nel vederci? Ma cosa pensano di noi, che
siamo veramente senza cuore? Che siamo veramente così crudeli a far
passare il cavallo con tutta la carrozza sopra quel povero e disgraziato
bambino". E continuando: "Ma dimmi, Gualtiero, forse i miei
fanno degli abusi su questa povera gente? Maltrattano questa gente così
sofferente di una povertà spaventosa, nel vederli mi viene una presa di
coscienza". "Dimmi, Altiero, nessuno a mai pensato a questa
povera gente? Che vive così senza sapere se sono esseri umani o
animali? Nel vederli mi si rattrista il cuore, nel pensare a tutti noi,
a quanto lusso a quante cose belle. In quei salotti, nelle nostre case,
a fare delle feste, con quelle nobile donne, tutte imbambolate e
incipriate, con quei vestiti a sfoggiare la loro vanità. Con quella
spavalderia di apparire sempre belle, con quelle parrucche in testa,
tutte ordinate. Fare le civetterie di donne amancipate ed
aristocratiche". "Guarda, Altiero, che cosa pensi tu di questo
mondo all'inverso? Se tu fossi al suo posto, come io, come la
penseresti? Se fossimo al loro posto, saresti un rivoluzionario contro i
Borboni? Io credimi, caro Gualtiero, quando sento certi discorsi in
certi salotti, della situazione dei ribelli, della paura se ci fanno la
pelle, penso alla Rivoluzione francese, alla rivoluzione contro la
monarchia, e che, con la ghigliottina, non hanno risparmiato
nessuno".
Si sentì, con voce sottomessa e con parole contate,
Gualtiero parlare: "Padrone! Non sò proprio giudicare la
situazione di cui Lei parla, sò soltanto di essere seduto alla sinistra
del mio buon padrone, e di ubbidire al suo ordine, quando mi comanda, e
fare tutto quello che desidera. In quel momento si sentì il nitrito di
Olivero il cavallo, che appena vide una fontanella cominciò a muovere
la testa, come per far capire che aveva sete. In quell'istante Juan
Fransisco vide una fanciulla intenta a prendere l'acqua dalla fontanella
con una grande broccca di creta, il nobile osservò la ragazza per un
minuto da capo a piedi fino ad incontrare i suoi bei occhi, di un
azzurro così intenso, paragonabili, per Juan Fransisco all'azzurro del
mare di Portella, una località che si incontra uscendo da Palermo e
proseguendo per Misilmeri. La ragazza tutta impacciata, vedendosi
osservata da quel nobile, prese la brocca non ancora totalmente piena
d'acqua, fuggendo di corsa per la sua casa. Juan Fransisco seguì con
gli occhi la ragazza fino alla sua porta, stupefatto dalla sua bellezza
e dalla sua semplicità nel vestire, si sentì ribollire il sangue in
tutto il corpo, e così imbambolato diceva: "Oh! Che linda
fanciulla. Oh gueppa de ciga". Poi si rivolge a Gualtiero
esclamando: "Non ho mai visto in vita mia una ragazza così bella e
linda, così semplice nel vestire e nei modi di fare".
Gualtiero rivolgendosi al suo padrone
disse:"Come mirava bene a quella cica! La vedo molto attento a
parlare di lei, si vede da come la osservava, che è interessato".
Juan Francisco subito rispose "Non so di preciso ma se è come dici
tu sono molto precipitoso, e non voglio riflettere, vorrei andare subito
a casa sua ed entrare da quella porta per paciere il motivo per cui è
scappata via, vedendoci alla fontana, per capire perchè hanno paura nel
vederci".
Gualtiero con voce sommessa replicò al suo
padrone:"Ma davvero, Juan Francisco vuole andare a casa della
ragazza? Pur sapendo della sua paura, e come spiegherà la sua presenza
alla sua famiglia?. Ve lo sconsiglio padrone, non sia impredudente
specialmente in questo periodo, in cui cova il fermento della
rivoluzione, quì tutto è circondato di spie e c'è molto scontento nei
suoi riguardi". Gualtiero continuò:"Suo padre, Juan Francisco
ha ragione di ordinarmi di guardavi a vista e, dirmi che voi siate
ancora un ragazzo e che non capite la vita. State attento non fate
grossi sbagli possono costare la vita stessa se non siete prudente. Non
sappiamo in quale via ci troviamo e quale pericolo è difronte a noi,
guardate dal momento in cui ci hanno visto sono fuggiti via tutti, la
strada sembra un deserto. Non sappiamo nemmeno se usciremo vivi da
questa zona. Se lei fa come dice caro padrone andare in casa della
ragazza qualcuno penserebbe che voi voleste approfittare di lei e, senza
pensarci un momento, cercherebbero di ammazzarla".
Juan Francisco interrompendo il suo servo dice:
"e tu come sai tutto questo?". "Oh padrone, si vede che
non ha ancora capito bene il problema.Con la rivoluzione ci vogliono
cacciare via tutti i costi facendoci molta violenza. Quindi bisogna
essere preparati a tutto". Juan Francisco ribatte seccato:"Io
capisco tutto Gualtiero, ma in questo momento ho solo in testa la
ragazza, so di essere impulsivo e pur di rivederla rischierei la vita
perchè questa è la ragazza dei miei sogni, con la sua semplicità e
purezza some ho visto dentro i suoi occhi.", il nobile continuò
"Caro Gualtiero tu non puoi capire, ma nel vederla ho pensato
subito alla differenza tra una ragazza di questa società e del rango a
cui appartengo, al ribrezzo che provo solo nel vederle col loro modo
civettuolo di fare innamorare un giovane. Con i loro metodi per farli
cascare ai loro piedi.. Ma con me caro Gualtiero non attaccano,
solamente nel guardarle quando ci troviamo in una festa o in una
riunione di famiglia o a fare una passeggiata in campagna mi viene la
nausea. Anzi, Gualtiero, ti dirò di una volta, quando avevo ancora 18
anni, mi ricordo come se fosse ora, mia madre aveva organizzato una
festa per il compleanno di mia sorella Costanzia, ed aveva invitato
tutta l'alta nobiltà facendo dei preparativi raffinati. Io ero vestito
in modo perfetto da sentirmi il più corteggiato e ammirato di quella
serata, e non sopportavo di vedermi coccolato da quelle ragazzine.
C'èra una che era molto appiccicosa col suo modo di fare, mi ricordo
che si chiamava Fernanda ed era la nipote della mia zia Florenza. Nel
vedermi così indifferente ed innocuo si avvicinò al mio orecchio e con
voce sommessa mi disse: "Sei un essere innocuo, sei un diverso. Lo
capisci come mi hanno giudicato! Come sono spacciate e senza
pudore". Mentre Gualtiero finiva di abbeverare il cavallo vide gli
occhi del suo padrone puntati alla porta in cui era scomparsa la
ragazza. Juan Francisco continuò:"Lo capisci ora Gualtiero perchè
voglio conoscerla?". "Lo capisco, padrone" rispose
Gualtiero, "ma questo non è il momento adatto per la vostra
sicurezza, faro io il possibile per farla incontrare, così lei potrà
dire del sentimento che le ha suscitato nel vederla". Juan
Francisco pensando che la prudenza non è mai troppa prese le redini del
cavallo spronandolo, e poi continuò a chiedere al suo servo Qualtiero
informazioni sulla ragazza, trovando la risposta positiva del suo
aiutante, che le ricerche sulla giovane andavano avanti, finchè una
mattina Gualtiero con molta discrezione bussò alla porta della giovane.
Si vide aprire la porta da un povero uomo di circa 50 anni. Quell'uomo
si chiamava Pietro ed era un povero falegname intento a riparare sedie,
tavoli e porte, vedendo Gualtiero disse:"Penso che avete sbagliato
porta". "No!", rispose Gualtiero "siete voi che
riparate infissi?". "Si" rispose il buon Pietro
"sono personalmente io". "Posso entrare?" ribattè
Gualtiero. Si vide il vecchio spostarsi sulla destra per far accomodare
quel signore sconosciuto, borbottando: "La prego". Pietro
subito prese la parola dicendo quale fosse lo scopo della sua visita.
Gualtiero entrando in casa diede un rapido sguardo a tutta la stanza per
vedere se la ragazza era in casa. Era proprio là , seduta vicino ad un
tavolo con una sedia in mano, intenta a passare una cordicella di spago
attorno alla quadratura della sedia. Gualtiero rivolgendosi a Pietro lo
invita a fare qualche lavoretto di riparazione in casa dei nobili;
Pietro sorpreso rispose:"Non sono all'altezza di lavorare dal
vostro padrone, sono un povero falegname, forse avete sbagliato uomo. Il
povero vecchio non credeva alle parole di Gualtiero, a quel lavoro
presso la casa dei nobili Ingrassia. Pietro capì subito che l'invito di
quel lavoro fosse soltanto una scusa per adescare la ragazza, subito si
adirò e cercò un'arma per uccidere quell'uomo. Gualtiero capì e
disse:"Ha ragione Pietro, sono venuto per tua figlia, ho avuto
ordini dal mio padrone di prenderla e portarla e portarla con me per
farla divertire un po'". Gualtiero in quel momento fu tentato di
dire che il suo padrone era innamorato di quella ragazza, della sua
semplicità nel vestire, e nel modo di fare, innamorato dal punto di
sposarla. Si voltò di scatto e vide Pietro prendere un martello,
fermandogli la mano prima che lo colpisse. Si vide la ragazza alzarsi di
scatto e dire:"Pietà Eccellenza per mio padre.Io ho solo lui, mia
madre è morta quand'ero piccola, vi supplico". Gualtiero
rassicurò la ragazza, ma in quel momento il padre stringe a se la
figlia e tenendola forte tra le braccia disse: "Non darò mai in
pasto mia figlia a quei vigliacchi dei vostri padroni! Andate a dire che
non ho paura, lotterò fino in fondo a costo della nostra vita".
Gualtiero vedendo quella scena pensò subito all'amore che legava quelle
persone e sottovoce li rassicurò dell'affetto del suo padrone nei
confronti della ragazza, e per questo si spiegava la sua presenza in
quella casa.Del fatto che Juan Francisco non voleva approfittare della
purezza della giovane. A quel punto ella disse:"Il mio nome è
Rosalia". Ribattè suo padre:"Rosalia Gorgone di Pietro e
Carmela Spinnato". "Ho capito", rispose Gualtiero
"ciò che voglio dire e che il mio padrone vuole prendere in sposa
questa fanciulla". Gualtiero spiegò al padre come il suo padrone
si innamorò della fanciulla e continuando a parlare chiese che età
aveva la ragazza; Pietro rispose: "non importa sapere l'età di mia
figlia, piuttosto andatevene da questa casa prima che finisca
male". Gualtiero pensò che era molto difficile far comprendere le
vere intenzioni del suo padrone al buon Pietro, e avviandosi ad uscire
si rivolse per l'ultima volta alla ragazza dicendo:"pensa al tuo
avvenire, il mio padrone è veramente innamorato, ma come spiegarlo a
quel testardo di tuo padre?" A quelle parole si vide Pietro
prendere un pezzo di legno e scagliarlo contro Gualtiero che se non era
lesto a scansarsi avrebbe rischiato la rottura della testa. Il falegname
furioso si avventò contro quell'ospite indesiderato, fermato solo dal
pianto e dalle parole della figlia:"Papà, merita veramente di
morire a casa tua quest'uomo per le parole che ha detto?".
Gualtiero nel vedere più calmo il falegname continuò
dicendo:"Vedi, caro Pietro, io ti capisco, capisco la tua morale e
i tuoi principi, ma pensa che se sono quì personalmente è per dirti
dell'amore del mio padrone per tua figlia. Ti chiedo di avere fiducia in
me che sono anch'io padre. Capisco i tuoi sacrifici per tirare avanti e
per proteggere la tua ragazza". Così dicendo Gualtiero camminava
in lungo e in largo per la stanza e prendendo dei chiodi caduti a terra
continuò:"Pietro, il mio padrone potrebbe cambiare radicalmente la
tua vita".
Era una gelida notte d'inverno quando la carrozza di
Juan Francisco si fermò davanti alla casa di Rosalia. Era infatti la
notte in cui il nobile avrebbe incontrato la sua amata. La giovane con
il padre prima di salire sulla carrozza ritornarono in casa pensando di
aver dimenticato una cosa di molto importante: la fotografia di sua
madre. La ragazza prendendola e portandola al petto disse:"Sarai
sempre con noi ed insieme a noi per tutta la nostra vita". Pietro,
rammaricato diede l'ultimo sguardo alla sua casa, pensando agli della
sua gioventù passati felici e alla sua piccola casa che rappresentava
la sua unica proprietà. Chiuse dietro di se il guscio e salì sulla
carrozza. Il cuore di Rosalia si stringeva nel sentore il rumore degli
zoccoli dei due cavalli che trainavano la carrozza, rumore che
echeggiava con il soffiare del vento. La sua mente era invasa da tanti
tristi ricordi e dall'incertezza del suo futuro. Juan Francisco
tenendola per mano disse:"Vedrai l'accoglienza di zia Florenza e
vedrai com'è bella Napoli". Il padre Pietro si accorse che il
nobile si rivolgeva alla figlia chamandola Rosalinda. Al che decise di
sottolinearlo al nobile, egli fu fermato dalla mano di Gualtiero e
rassicurato che quella era la cosa migliore e che non aveva da pentirsi.
Molte volte durante la rimanente vita, Pietro
ricordò questa frase. La carrozza entrò nel porto, facendosi spazio
tra la folla per poter attingere al postale diretto per Napoli fermo al
molo del porto di Palermo. La nave era tutta illuminata e in alto si
vedevala scritta <<Francese>>, si vedevano anche dei nastri
collegare la passerella alla nave, mentre i scaricatori di porto erano
intenti a stipare nella nave ogni tipo di merce. Erano così tanti che
Rosalia faceva fatica a contarli, era infatti sua abitudine contare
tutto ciò che vedeva per potersi distrarre dai brutti pensieri che
assipavano la sua mente. Finalmente poteva vedere la nave, oggetto di
tante discussioni, nelle serate a casa sua, quando fu distratta dalla
stretta di mano di Juan Francisco, che con voce rassicurante
dice:"Siamo arrivati, Rosalinda". I quattro scesero dalla
carrozza, Juan Francisco ammirò la ragazza, ella infatti aveva
indossato il vestiario da lui regalato, un bel vestito bianco sporco,
con bottoni colore oro, una mantello nero, fermato al collo da un grosso
fermaglio, cappello alla marinara con una sottile striscia di bottoncini
colore oro, e stivalette intonate al resto.
Che stupore lesse il nobile nello sguardo di
Rosalinda quando arrivarono alla cabina loro assegnata, e mentre
Gualtiero scaricava il loro bagaglio annunciava al suo padrone che tutto
procedeva bene. Il buon Pietro meravigliato dal lusso della stanza,
pensò anch'egli ai racconti fatti dal suo amico, Juan Carmelo
<<ò siggiaru>>, delle storie di pirati e della somiglianza
di tutto ciò che vedeva con essi. Juan Francisco nel congedarsi, si
raccomandò a Gualtiero che tutto procedesse nel migliore dei modi, e di
fare loro da guida fino all'arrivo a Napoli, dove impazientemente
aspettava zia Florenza. Poi prendendo per la mano la fanciulla e
accorgendosi dell'arrossire delle sue guance, spiegò con molta
gentilezza le ragioni del cambiamento del nome, del fatto che per lui
ella era così semplice e linda, così pura da confrontarla alla
bellezza del suo roseto in maggio, quando le rose sbocciano ed emanano
il loro profumo. Continuò, spiegando alla ragazza l'esigenza di un
comportamento pari alla sua nobiltà, anche se Juan Francisco non
condivideva molte cose, del fatto che lei si doveva preparare per
diventare la sua signora. "Ma cosa dico mai! Non sto forse
esagerando" disse Juan Francisco temendo di spaventare la sua
amata, e continuò"Ora io ti saluto ci rivedremo qui a Palermo tra
un mese, e ti presenterò come mia cugina venuta da Napoli per visitare
questa splendida città". "Spiegherò che per l'onore del
Regno delle Due Sicilie mi sono perdutamente innamorato, e reciteremo
fino in fondo la nostra commedia".
Salutò con un baco la ragazza e con una stretta di
mano il padre Pietro e Gualtiero. Quest'ultimo si raccomandava al
padrone della loro presenza sulla nave, del fatto che dovevano viaggiare
in incognito. La nave si staccò dal porto e si vide Juan Francisco
mandare un l'ultimo bacio con la mano a Rosalinda.
La ragazza guardava quel ritaglio di mare dall'oblò
della sua cabina, mentre suo padre Pietro Gorgone seduto su una sedia
quasi sonnecchiando. Ad un tratto Gualtiero entrò nella cabina con il
pranzo e con modi garbati cominciò ad allestire la tavola. L'odore dei
spaghetti al pomodoro fecero sobbalzare il vecchio dalla sedia ed il
servo disse con un sorriso:"Guarda Pietro come si mangia bene nelle
tavole dei nobili".
Durante il pranzo Rosalinda si informò dell'ora di
arrivo a Napoli, Gualtiero la rassicurò dicendo che la nave
attraccherà al porto tra le tre e le quattro del pomeriggio. Ad un
tratto si sentì bussare alla porta, era una figura di cameriere,
chiedere se serviva altro. Con stupore tutti si accorsero che era Juan
Francisco con quegli abiti non adatti al suo rango. "Non ce la
facevo a lasciarti Rosalinda, voglio dividere con te questo primo
viaggio. Ora potrò farti vedere questa meravigliosa nave senza essere
riconosciuto" Gualtiero con voce irritata ricordò al suo padrone
dell'imprudenza e del pericolo che stava correndo. Il vecchio Pietro
disse ai due che anche loro erano dei passeggeri e che non dovevano
preoccuparsi. "Ma come non capite, la nave appartiene ai nobili
borboni ed è tutta affollata di gente di alto ceto. Anche voi Pietro,
da questo momento, farete parte del casato del Re di Puglia e il tuo
nome sarà quello del Principato cioè Fernando La Raya di Lodrigos di
Espana". Gualtiero continuò dicendo:"puoi ringraziare la
fortuna e la buona stella e se sarai furbo ed abile, potrai
rappresentare bene questo principato". A questo punto con voce
calma Juan Francisco borbottò:"Non è la fortuna, nè la buona
stella è soltanto il mio amore per questa ragazza, io non voglio
cambiare la sua semplicità e la sua purezza costringendola ai modi
ipocriti a cui sono costretti i miei pari. E capisco i sacrifici che
questa ragazza deve fare per farsi accettare dalla società".
Gualtiero subito rispose:"Padrone, si vede che voi amate questa
fanciulla però il vostro è un comportamento sovvertivo verso la vostra
famiglia, sapete bene che bisogna rispettare le regole e che tutti
dobbiamo sacrificare qualche cosa".
Un lampo balenò nella mente di Rosalinda pensò alla
sua trascorsa misera vita. Pensò a sua cugina Ninetta quando suo marito
Alfio si ammalò gravemente fu costretta a lavorare per mantenere a
stento i due figlioletti. Si avvicinò lentamente a Juan Francisco e
guardando i suoi limpidi occhi disse con voce tremante:"Non sono
infelice e non faccio dei sacrifici se questo è il mio destino. Non
siate impaziente di farmi vedere questa splendida nave, so che Dio ci
darà molto tempo per vivere felici insieme e che io sarò la vostra
sposa".
Juan Francisco tirò fuori dalla tasca della sua
casacca un libro, invitando la ragazza a leggere. Capì subito che ella
non era capace. "Non preoccuparti Rosalinda. Questo è un
sillabbario, imparerai presto a leggere e a scrivere". Fu così che
durante il viaggio Juan Francisco fece da maestro a Rosalinda e fu molto
felice scoprire che oltre che bella, la sua amata era molto
intelligente, imparava infatti molto velocemente.
Juan Francisco scese per primo al porto di Napoli,
quando la nave era già attraccata al molo. Il suo sguardo era rivolto
alla passerella affollata da molti passeggeri. Si preoccupò dopo circa
15 minuti di vana attesa infatti ancora non si vedeva la fanciulla con i
due uomini. Preoccupato decise di aspettare ancora 5 minuti. Non
immaginava quelle scenario si sarebbe presentato ai suoi occhi.
Uno sconosciuto infatti, aveva afferrato la ragazza
trascinandola con forza. Juan Francisco non vedendo il suo servo
Gualtiero e Pietro decise di affrontare lo sconosciuto.
Fu un attimo di paura e di panico fra i passeggeri,
finchè il bruto fu costretto a buttarsi in mare. Si vide il nobile
portare a braccia la ragazza fino alla banchina del molo ed un gruppo di
curiosi circondare i due.
La bella giovane si svegliò in una carrozza e subito
notò una figura nobile parlare della sua bellezza e rassicurare Juan
Francisco che ormai tutto era finito. Era zia Florenza che
diceva:"Tutto è bene quel che finisce bene, ora ci aspetta una
bella cena e riposo per tutti".
Rosalinda Martin Rodrigos, figlia di Pedros e di
Maria della corte di Ferdinando di Spagna e con questo titolo che zia
Florenza presentava a tutti la bella ragazza, già trasformata in una
vera nobile dal portamento raffinato.Gli abiti alla moda che Rosalinda
indossava aumentavano di molto la sua affascinante bellezza. Non le
mancavano mai i complimenti delle nobili amiche. Anche suo padre Pedros
aveva assunto atteggiamenti nobili, portava con se sempre l'effige dello
stemma del casato di appartenenza, non mancavano però, specie nelle
lunghe passeggiate in campagna, i ricordi della precedente vita vissuta
in povertà.
Zia Florenza raccontava per corrispondenza al nipote
Juan Francisco i cambiamenti impensabili nel comportamento della
fanciulla, anzi presa di entusiasmo li confrontava a degli attori che
hanno imparato bene la loro parte, dicendo che ormai erano pronti per
l'incontro. Con un po' di preoccupazione però asseriva che la ragazza
ormai era irriconoscibile. Ora oltre alla bellezza aveva assunto
atteggiamenti e un po' della superbia dei nobili, trasformandola in
un'unica straordinaria ragazza degna della vostra famiglia. "Quindi
tra una settimana saremo a Palermo ed io prenderò le veci di sua zia e
cognata di suo padre residenti in Spagna, venuti a Palermo per visitare
questa bella città". La nobile Juanna concludeva la lettera
dicendo che la nave arriverà al porto di Palermo Martedì 23 in tarda
serata, concludeva con un abbraccio al nipote.
Contentissimo Juan Francisco ordinò i necessari
preparativi suscitando anche la felicità dei suoi genitori nel vederlo
così impaziente e allegro. Tutto si svolse nei tempi definiti, il
postale <<Margherita>> arrivò puntuale al porto di Palermo.
Ad attenderla c'era Juan Francisco con la sua famiglia che salutarono
con tanto affetto mostrando loro tanto rispetto.
Juan Francisco in quel momento fu distolto da una
mano che si appoggiò sulla sua spalla e girandosi vide suo cugino Vanni
Josè Salviato. Anche lui era intento a guardare la bella giovane, cosa
che diede fastidio a Juan Francisco, ed infatti egli pensò sono
innamorato ma anche geloso, spiegò a suo cugino il rapporto di
parentela con Rosalinda. Vanni Josè disse a Juan Francisco la sua
intenzione di conoscere la ragazza e senza aspettare che qualcuno lo
presentasse si presentò dinnanzi a lei prendendole la mano e
baciandola. Tutta indignata Rosalinda sottolineò l'impertinenza di quel
giovane e l'irruenza nel presentarsi. Tutto ciò lasciò di stucco Vanni
José che ebbe però il coraggio di reagire con un largo sorriso.
Avvicinandosi a suo cugino Juan Francisco sottolineò:"É bella ma
anche intelligente".
Juan Francisco fu l'ultimo a salire sulla cazzorra
aiutando sua zia Florenza quando sentì la voce, ormai indesiderata, di
suo cugino che avvicinandosi diceva:"Caro cugino non vedo ancora
arrivare la mia carrozza con Ludovico, fatemi il favore di darmi un
passaggio". Juan Francisco con un atteggiamento scortese
dice:"Non vedi che siamo al completo e che non ci sono più
posti"."Ma che significa", risponde José c'è un posto
davanti col cocchiere". "No caro cugino quel posto è del
cognato di mia zia, cioè il padre di Rosalinda". Capì subito di
essersi tradito, infatti ora Vani José conosceva il nome della ragazza.
Mentre Pietro Gongone prendeva posto davanti col cocchiere, il cugino
José si confidò con Juan Francisco, del sentimento che nutriva per
Rosalinda e di essere impaziente di conoscerla meglio per fidanzarsi con
lei anzi, chiedeva il favore a suo cugino per fare da mediatore, e
dirgli le sue intenzioni e del fatto che apparteneva ad una potente
famiglia.Juan Francisco irritato congedò subito Vanni con una risposta
positiva, ma in verità pensò all'intero anno passato ad aspettare
Rosalinda, al momento in cui l'avrebbe rivista. Provò un senso di
rabbia nel pensare che sarebbe stato proprio lui a parlare di un'altro
uomo.Avrebbe voluto picchiare con rabbia suo cugino ma la calma ebbe il
sopravvento, si congedò e si accinse a salire sulla carrozza quando
ancora insistentemente fu fermato dalla mano di Vanni José che gli
rinnovò la supplica, a questo punto Juan Francisco cieco di rabbia
afferrò con forza il corpo del cugino scuotendolo, dicendogli che era
il momento di lasciarlo in pace.
Per un attimo gli sguardi minacciosi dei due giovani
si incontrarono, e un ricordo balenò nella mente di Juan Francisco del
fatto che suo cugino anche da ragazzo e da adolescente era stato sempre
invadente, ma poi tutto finì con una risata, ma non la solita risata
che facevano da ragazzi, questa era una risata sarcastica e piena di
malizia. Juan Francisco pensò come mai egli si trovava nella nave
insieme a Rosalinda e suo padre ma poi fu distratto dalla voce di
Gualtiero che annunciava al suo padrone che ormai tutto era a suo posto
e che si era pronto a partire. Il nobile guardando dal finestrino vide
il cugino salire sulla sua carrozza, con rabbia si morse il labbro
pensando all'inganno architettato da Vanni José.
Arrivarono a casa tutti allegri e pieni di gioia,
Juan Francisco non finiva mai di guardare la sua amata, mostrandole
molta attenzione. Anche lei si sentiva obbligata da tutto quell'affetto,
infatti ripeteva sempre di non avere parole per dimostrare questo suo
amore e della grande gratitudine, dicendo che non deluderà le sue
aspettative. Un lampo balenò, per un attimo nella mente del nobile
infatti pensò a suo cugino e alla corte che faceva a Rosalinda, ma poi
nel vedere l'azzurro degli occhi della ragazza ogni dubbio svanì.
A sentire dice a Rosalinda:"Non so come voi mi
volete" Juan Francisco prese le mani della giovane e l'attirò a
se:"Cara Rosalinda non ha ragione di dire tutto questo, so soltanto
che sono felice che tu diventi mia moglie al più presto".
Baciandola in bocca risvegliò in lui tutto l'amore che sentiva in
cuore, tanto da stringerla più forte e ribaciarla, subito vide la
ragazza scostarsi di scatto e dire:"Mi dispiace ma non siamo
sposati, e poi non so baciare". Ma il nobile insistentemente
continuò a stringerla e la baciò.
Juan Francisco non pensò più a suo cugino Vanni
José, intenti com'erano ad organizzare il fidanzamento ufficiale, in
quella splendida villa della casato degli Ingrassia. Tutto era pronto
per il lieto evento, la villa e , specialmente, la sala da ballo era
stata allestita con tanti lumi.
Juan Francisco nel primi otto giorni preparò i
biglietti di invito in carta pergamena pregiata e con la scritta in
caratteri d'oro zecchino, annunciando che il fidanzamento di terrà il
28 di questo mese con la signorina Rosalinda Martines Rodrigos dei
nobili di Spagna. Il nobile fu aiutato in questi giorni da sua madre,
donna Quanita. Nell'elencare la lista degli invitati la donna si accorse
che mancava il nome dello zio Aleandro, e chiese spiegazioni al figlio.
Juan Francisco voleva dire alla madre che non sopportava quella famiglia
specialmente il nipote Vanni José e che non li voleva alla sua festa,
ma tutto questo non lo disse alla madre, anzi si scusò di averlo
dimenticato.
La festa ebbe inizio nel grande salone della villa,
parteciparono tutti i nobili borboni, con i loro vestiti alla moda
bellissimi, attorniati di merletti, coralli, perle e pajett. Juan
Francisco vedeva con disgusto tutta quella gente intenta a pavoneggiarsi
con i loro discorsetti piccanti. Tutti chiedevano quando avrebbero
riconosciuto la fidanzata, e in che modo Juan Francisco l'aveva
incontrata. Egli non fece altro che ripetere che Rosalinda era una
nobile discendente del casato reale, e non distolse mai lo sguardo da
quella scala dove avrebbe dovuto scendere la fidanzata.
Ad un tratto dalle due colonne che separavano la
stanza dall'entrata si vide spuntare il cugino Vanni José con la sua
famiglia. Gli occhi di Juan Francisco si accesero di rabbia nel vedere
che suo cugino era vestito in modo identico a lui. Indossava infatti, un
vestito colore blù notte ed al collo teneva un bel foulard fermato da
uno splendido brillante, accecato dalla rabbia nel vedere che anche le
scarpe del cugino erano identiche alle sue Juan Francisco si chiese se
era pura coincidenza tutto ciò oppure egli tramava qualcosa di
ignobile, voleva farlo arrabbiare e rovinare quella bella serata tanto
attesa. Ma si promise di non cedere e di far crepare il cugino di
invidia.
Fu distolto dai suoi pensieri dal battere delle mani
degli invitati si voltò e vide a metà scala la sua fidanzata. Il padre
Pietro la zia Florenza con il marito. Rosalinda era bellissima e ci fu
un attimo di silenzio, poi si sentì lo stupore della folla. Tutti
guardarono la bellezza della fanciulla che per l'occasione aveva
indossato un abito lungo fino alla caviglia di colore verde smeraldo,
indossando delle scarpe con tacco rialzato rivestiti della stessa stoffa
del vestito. Il suo era un abito inusuale, infatti era stato allestito
da un noto sarto di Madrid che aveva riprodotto la moda di Parigi.
Questo abito sarà portato tra non molto da tutte le signori borghesi di
Parigi, aveva detto zia Florenza a Rosalinda. Era infatti un'anteprima
in assoluto della moda che avrebbe calcato le scene dei nobili per i
prossimi decenni. Come accessorio all'abito, Rosalinda, aveva un
mantello che finiva a pochi centimetri dal vestito, allestito con la
stessa stoffa dell'abito e circondato in tutta la circonferenza da due
sottili strisce nere e da una un po' più larga di perline tutte
attaccate l'una con l'altra. Rosalinda non portava la parrucca, come era
usuale in quei tempi, ma i suoi capelli di colore biondo rame erano
stati adornati in modo da sembrare egli stessi una parrucca. Infatti zia
Florenza aveva preteso che fosse Angelica, una parrucchiera di moda
della città ad effettuare l'acconciatura.
Era stata proprio lei a sconsigliare alla giovane di
indossare la parrucca dato che aveva dei capelli così belli,
assicurandola che sarebbe stata la più osservata della serata. Infatti
aveva detto a zia Florenza che doveva usare un uguento meraviglioso
contenuto in un barattolo di alluminio. Quella pomata era stata
inventata da un francese ed era composta da elementi naturali che davano
lucentezza e splendore al capello. Era un composto di cera d'ape, di
petali di violette, di erbe selvatiche e di bucce di mandorla verde, che
con un procedimento particolare e dopo fatto essiccare al sole per un
giorno davano questa pomata miracolata. Rassicurando la giovane che mai
avrebbe più fatto uso delle parrucche.
E fu veramente così, Rosalinda non smise mai di
ricevere complimenti da parte degli ospiti. Juan Francisco la prese per
mano e cominciò a presentarla agli ospiti elencando i suoi titoli
nobiliari e del fatto che l'aveva conosciuta a Caserta. Tutti si
chinarono al suo cospetto e difronte a suo padre, Pietro Gorgone e
quando Juan Francisco annunciò che la madre della sua fidanzata era
morta prematuramente ci fu un attimo di silenzio. In quel momento sia la
ragazza che suo padre pensarono alla povera mamma, e come sarebbe stata
felice di trovarsi in quel posto. Ma poi i brutti pensieri svanirono con
l'intonare da parte dell'orchestra del valzer do Mozart. Tutti i festali
fecero spazio al centro della sala, infatti erano i due fidanzati ad
aprire le danze. Juan Francisco era così felice di coronare il suo
sogno, infatti lo diceva all'orecchio della sua fidanzata, ma non poteva
fare altro che pensare anche a suo cugino Vanni Josè, nel vedere il suo
sguardo pieno di odio, pensò che se fosse stato fuoco avrebbe ridotto
in cenere suo cugino Josè. Quando se lo vide al suo fianco, era infatti
finito il valzer e l'orchestra intonava una polka spagnola, Vanni José
disse che sarebbe felice fare il secondo ballo con Rosalinda. Un grande
odio si accese nell'animo di Juan Francisco nel vedere l'impertinenza di
suo cugino tanto da pensare di prenderlo a pugni e di rovinare quella
splendida festa. Ma poi con calma fu costretto a cedere la sua fidanzata
a quell'odioso uomo. Tutti gli altri invitati cominciarono a ballare
quella sfrenata polka e Juan Francisco vide suo cugino stringere al sua
fidanzata ballando all'impazzata. IL nobile preferì avvicinarsi al
tavolo del buffé per bere qualcosa quando si sentì toccare la spalla,
girandosi vide che era sua zia Florenza, che gli diceva perchè era in
collera, e che tale stato d'animo si vedeva a distanza di un miglio, e
che non doveva considerare l'antipatico cugino. Anzi piuttosto gli
ricordava i numerosi complimenti che la ragazza riceveva insieme al
padre Pietro, che aveva suscitato l'interesse di molte zitelle e in
special modo quello di Madalene la nipote di zio Manolo. Ma Juan
Francisco aveva sempre rivolto lo sguardo alla sua fidanzata costretta a
ballare con José.
Angosciato Juan Francisco pensò a come si sentiva
male il suo cuore, a vedere quella scena, quando sua zia Florenza
avvicinandosi disse:"Lo so quello che hai fatto e che continui a
fare per lei, e so che sposandola tu sarai capace di dargli il meglio e
di più bello della vita, ma anche Rosalinda ti ama, quindi non
preoccuparti e non avvilirti per le sciocchezze di tuo cugino". E
continuò:"Anzi, guarda sta cominciando un'altro ballo, corri da
lei". Il nobile ascoltando le parole di sua zia si avvicinò alla
sua amata che costretta a quel ballo ora stava visibilmente
divincolandosi dalla stretta di Vanni José. Quest'ultimo non ancora
soddisfatto, chiede di essere intensionato a replicare la danza,
avanzando delle pretese e trattenendo a se Rosalinda. Juan Francisco a
questo punto non potè resistere, si vide esplodere tutta la sua rabbia
che aveva dentro, sbattendo a terra suo cugino. Ci fu un attimo di
terrore nel vedere crollare Vanni José vicino al tavolo del buffè, con
un rivolo di sangue che usciva dal naso.
Rosalinda fu portata in un'altra stanza dalla zia
Florenza e da suo padre Pietro. Si vedeva che era sconvolta da quella
terribile scena, e di come era andata in fumo quella bella festa,
addossandosi la colpa dell'accaduto per aver accettato l'invito a ballo
di Vanni José. Il padre la calmò dicendo che egli era ubriaco.
Vedendosi a terra Vanni Josè, rifiutò l'aiuto di
suo padre, e davanti tutta quella gente pieno di collera, prese una
bottiglia e si scagliò verso suo cugino Juan Francisco, quando fu
fermato dalla mano del marito di zia Florenza, che con energia
neutralizzò l'intento del giovane. A questo punto i genitori di Vanni
José indignati, sfidarono a duello sia Juan Francisco che suo zio.
Soltanto la sapiente mediazione dei genitori dei due
cugini, in seguito, fece svanire questo tragico evento. Però Vanni
José continuò sempre a pensare alla ragazza e a coltivare odio per suo
cugino per avergliela portata via.
Infatti per Vanni, non l'aveva detto a zia Florenza,
lui era stato il primo a notare la bellezza della fanciulla sulla nave.
Vanni notò una giovane intenta ad osservare l'orizzonte.Notò subito la
sua bellezza e fu colpito dal biondo dei suoi capelli, attraversati dai
rossi raggi del sole calante. Vanni voleva avvicinarsi a lei, ma
desistette per la presenza costante di due uomini.Anche quando ci fu
l'occasione di un primo incontro, quando Vanni José imprudentemente
domandò il nome della ragazza in quello scenario maraviglioso del
tramonto e della nave che gli andava incontro, si vide posare una mano
nella spalla,e girandosi, notare un figura maschile, avvertirlo di
girare alla larga da lei. Durante il viaggio Vanni José cercò di
capire che fosse la ragazza e fu notato anche da zia Florenza e dal
padre Pietro. Si vedeva che Vanni non osservava la fanciulla come
facevano gli altri, il suo sguardo era più intenso e morboso, tanto da
dirglielo in faccia a suo padre Pietro:"Vostra figlia è fortunata,
caro signore, ella ha la dote che tutte le ragazze vorrebbero sempre
portare dietro "la bellezza".Ecco perchè nella sua mente
Vanni pensava che suo cugino l'avesse portata via da lui. Ignaro com'era
dei preparativi precedenti e del fatto che Rosalinda era venuta a
Palermo proprio per sposarsi con Juan Francisco.
Intanto era arrivato il giorno del matrimonio, si
stava celebrando nella Cattedrale di Palermo. Rosalinda era splendida
nel suo semplice vestito bianco, ornata di merletto e di velo
trasparente, portava in testa una corona di fiori freschi. Ella era
accompagnata all'altare da suo padre, vestito alla moda, con un abito
colore nero di velluto, vi erano anche dei bambini, due maschi e due
femmine vestiti come gli sposi, che precedevano il corteo.
La madre di Juan Francisco aggiustando il foulard del
figlio e attaccandoci una spilla di brillanti, diceva:"Sembri
proprio un siciliano, figlio mio".Juan Francisco appariva alla
sposa vestito con un bellissimo abito blu chiaro con i bottoni colore
oro. I testimoni furono zia Florenza con il marito e la sorella di Juan
Francisco con il fidanzato.
Gli occhi di Rosalinda brillarono nell'incontrare
quelli di Juan Francisco, quando si unirono in matrimonio, e quando
l'organo intonò la marcia nuziale qualche lacrima si vide tra gli
invitati. Anche Pietro pianse pensando alla vita precedente e a sua
moglie, come sarebbe stata felice nel vedere la figlia sposarsi. Ma poi
fu distratto nei suoi pensieri, dalla stretta di mano degli invitati, si
procedeva infatti ai rituali auguri agli sposi. Tutti si complimentavano
con lui della sua splendida figlia e del fatto che ormai faceva parte
della famiglia Ingrassia.
Al ricevimento gli invitati, rallegrati anche da quel
vinello aromatizzato portoghese, chiesero l'usuale discorso del padre
della sposa, ma fu lesto il padre di Juan Francisco ad alzarsi, e
spiegare che anche se felice in quel momento, Pietro pensava alla moglie
che non c'era. Egli cominciò ad elencare la discendenza nobiliare della
sposa, dicendo il grado di nobiltà dei discendenti. Ma lo sgomento fu
grande in Juan Francisco, nel sentire che il padre aveva sbagliato il
nome di Pietro, soltanto il fido Gualtiero fu lesto a battere le mani e
a gridare "evviva" così da coprire la voce dell'annunciatore.
Juan Francisco ringraziò il suo fedele servitore, dicendogli di
essergli grato, e fu felice sentirsi rispondere da Gualtiero che egli
era onorato nel servirlo.
Poi il nobile si informò se tutto procedesse nel
migliore dei modi, infatti era preoccupato nel vedere che Vanni José
non era presente in sala pur essendoci tutta la famiglia. Ma rassicurato
dalla risposta positiva di Gualtiero pensò:"in fondo meglio
così".
Juan Francisco amava veramente la sua sposa per lui
era tutto nella sua vita ed anche Rosalinda lo ricambiava.Egli fu molto
felice di apprendere che la sposa sarebbe diventata mamma. Infatti
diedero la notizia al terzo mese di matrimonio. La madre Quanita e il
padre Pietro Gorgone furono molto felici della notizia e con quanta
attenzione prepararono il corredino. Rosalinda in quelle condizioni
sembrava ancora più bella e quante cure riceveva dal suo sposo.
Vivevano in una bellissima villa con i genitori di
Juan Francisco nella loro proprietà fuori Palermo tra Piaggio e
Giacalone.
La villa era grandissima ed arredata con mobili stile
barocco tutti artigianalmente intarsiati con le pareti rivestite di una
sottile stoffa di seta intonata con i divani e le tende che abbellivano
la villa.
Tutti quanti i balconi erano ornati con gerani e
piccole margherite. Rosalinda passava la gran parte delle sue giornate
nella stanza da letto in cui le pareti erano tappezzate in giallo oro,
con i fiorellini rilevanti di colore celeste chiaro a cui s'intonavano i
portali di stoffa del baldacchino del letto.
Le spalliere del letto erano in ferro battuto di
colore verde lavorato come foglie di vite, e intonandosi con il comò,
comodino e l'armadio. Rosalinda indossava dei magnifici abiti quando suo
marito la portava a Palermo o nelle passeggiate in carrozzino o in
spiaggia.
Rosalinda diceva a Juan Francisco che era nata a
Palermo ma non lo conosceva, infatti nella sua scorsa vita non aveva mai
visto le bellezze della città. Si vedeva dai ragionamenti che Rosalinda
era una ragazza semplice e senza malizie, si vedeva di come parlava agli
altri senza far pesare il suo ceto.
Passavano i giorni ed ella si sentiva sempre più
impacciata col crescere del suo pancione, aveva l'ansia tipica delle
madri al primo parto. Ormai le era stata assegnata una cameriera fissa,
si chiamava Caterina ed era un po' più grande di lei, sempre pronta per
servire Rosalinda. Scherzosamente tutti la chiamavano "Nerina"
ma era una cameriera perfetta sempre pronta a servire la sua padrona.
Lei era cresciuta in quella famiglia, e aveva preso il posto di sua
madre che lavorava in lavanderia, il suo nome era Antonina, ma tutti la
chiamavano Nina. Con l'avvento degli sposi lei passò in cucina a fare
la cuoca, mentre le altre mansioni erano svolte da Ceccina l'altra
inserviente.
Infatti erano Nerina e la madre a servire il pranzo
ai loro padroni, Nerina era considerata come una di famiglia tanto era
la fiducia che le davano, teneva infatti, tra l'altro, le chiavi del
magazzino. Anche Pietro notò Nina, certe volte quando la incontrava
nelle stanze della villa sentiva la necessità di parlarle, ma non lo
fece mai pensando che ormai lui non era Pietro Gorgone, bensì, sua
eccellenza Cav. Martines Rodrigos. Egli durante la sua vita nella villa
di dedicò ai cavalli, era intento infatti a selezionare dei stalloni
infatti aveva una bella mandria di puledri di razza araba unica nella
zona.
Era ormai un esperto, era contentissimo quando gli
altri nobili gli chiedevano certi consigli. Era nei Giovedì del mese di
febbraio. La giornata era quasi primaverile e la gente si riversò per
le strade di Palermo tutta contenta, visto che nelle due precedenti
settimane aveva piovuto a dirotto. C'era tanta allegria nell'aria, visto
che era arrivato il circo in città, si vedevano sfilare i claun sopra i
bastoni alti due metri, le fanciulle vestite di fata ed altri giocolieri
annunciando i loro numeri nonché i favolosi fratelli trapezzisti di
Spagna.
Continuavano dicendo di aver girato tutta l'Europa e
di essere per la prima volta in città. Pietro Gorgone trovandosi in
carrozzino per le vie di Palermo poté assistere a quello spettacolo. Si
accorse di vedere tra la folla alcuni suoi vecchi conoscenti. Si
rattristò nel vederli mal vestiti e mal nutriti e disse tra
se:"come ho fatto a dimenticare quella povertà" quardando il
carrozzino tutto allestito ed il suo lussuoso abito.
La gente si faceva da parte nel vedere il carrozzino
del nobile, quando il destino volle che Masi il cugino di Pietro si
trovasse a poca distanza dalla carrozza. Osservando per alcuni istanti
il nobile Masi disse ad un suo amico:"guarda che somiglianza ha
questo nobile con il mio cugino Pietro"."già è vero rispose
l'altro ma che fine avrà fatto lui e sua figlia, non si è saputo più
niente".
Pietro nel sentire quelle parole fu accarezzato
dall'idea di svelare il suo segreto a suo cugino Masi.
Ma poi la carrozza si allontanò e tutto svanì.
Pietro arrivò alla villa e fu molto felice di vedere la figlia vestita
di un ampio abito, lei domandò come mai non era rientrato a pranzo,
Pietro la informò del circo e delle primizie a cui si poteva assistere.
Il padre invitò la figlia ad andarci. Ma ricevette la risposta negativa
della figlia, asserendo, dietro il consiglio della suocera, che quello
non era spettacolo per una gestante.
In quel discorso Rosalinda si accorse che il padre si
rivolgeva a lei chiamandola col vecchio nome: Rosalia. Fu molto stupita
anzi chiese spiegazioni al padre e con modi un po' bruschi lo invitò a
non replicare quel nome. "Ti sei dimenticata delle tue origini, del
tuo vero nome" gli chiese suo padre Pietro. Ricevette la risposta
secca della figlia "Ormai non mi importa più della precedente
questa è la mia vita, guardati attorno ormai siamo cambiati e poi pensa
al mio bambino che nascerà nobile e con tutto ciò che comporta. Non
gli mancherà niente sarà rispettato da tutti. Guardati anche tu padre
com'è cambiata la tua vita, quindi non permetterti mai più di
pronunciare il mio vecchio nome, anzi siamo fortunati che nessuno ci ha
sentito. Il padre Pietro amareggiato rispose: "lo so figlia mia le
condizioni agiate in cui viviamo, ma oggi ho pensato alla nostra vecchia
vita, lì nel quartiere di Ballarò. Oggi mi è successo di vedere i
miei vecchi amici ed in particolare Masi, che mi guardava negli occhi
quasi come se mi avesse riconosciuto. Come abbiamo fatto a dimenticare
tutti i nostri amici, come abbiamo fatto a dimenticare le nostre
origini. Io noto la differenza che c'è con questi nobili, pensano solo
alla ricchezza alla loro potenza, sono orgogliosi e ipocriti e non hanno
l'umanità della povera gente". Rosalinda a sentire le parole di
suo padre replicò seccamente: Come osi padre di parlare male di questa
gente loro che ci hanno fatto conoscere la vera vita, che ci hanno
insegnato a vivere circondati da queste belle cose. E poi non mi importa
di quello che hai visto oggi a Palermo, nel quartiere di Ballarò e se
ti fa male pensarli, tu non lo fare guardati attorno tutto quello che
abbiamo, non è colpa nostra se loro non hanno avuto la fortuna che è
capitata a noi. Io mi sento felice con questa gente specialmente con
Juan Francisco". Concludendo con un sorriso Rosalinda dice:
"non voglio più sentirti fare certi discorsi insensati". Juan
Francisco amareggiato rispose: "hai ragione figlia mia a pensare
così, sono più che sicuro che questa è vita, ma ricorda che non hanno
cuore". I due furono distratti da Juan Francisco, che entrando
salutò la sua sposa con un bacio nella guancia e accarezzando il
pancione della moglie disse: "come stanno le mie due
creature?" La sua mano sentì le vibrazioni del bambino. Egli
annunciò l'intenzione di fare una passeggiata in quella splendida
giornata primaverile, anche se era ancora febbraio. I due salirono nel
carrozzino, Juan Francisco accarezzando la criniera di Oliviero dandogli
una zolletta di zucchero si rivolse a Rosalinda e disse: "dove vuoi
andare mia cara?" Rosalinda rispose: "al circo, mio
caro". Juan Francisco rivolgendosi al cavallo disse: "la
nostra padrona vuole essere portata a vedere il circo", e tirando
le briglie fece partire il carrozzino. Arrivando al porto si vedeva già
la gente comprare il biglietto per lo spettacolo, Rosalinda asserì di
essere molto felice di trovarsi in quelle circostanze. Juan Francisco
aiutò sua moglie a scendere dal carrozzino. Un signore, vestito
elegantemente informò ai due che lo spettacolo sarebbe iniziato tra
mezz'ora annunciando anche che tutto lo spettacolo era riservato alla
nobiltà borbonica. Entrando nel palchetto d'onore l'orchestra cominciò
a suonare una caratteristica marcia di Carnevale. Si vedeva che
Rosalinda era spaesata, era infatti la prima volta che entrava in un
circo, vide tutta quella nobile borghesia seduta nelle poltrone, a forma
di ferro di cavallo, intende a chiacchierare fra loro. Rosalinda pensò
alle sue condizioni, era forse per questo tutto quel mormorio. Si
accorse di un signore, appartenente al circo portare due cuscini per
alleviare le sofferenze di Rosalinda. Era vestito di tante campanelline
e dopo aver svolto il suo compito fece un sfarzoso inchino facendole
suonare, intonando una musichetta allegra. Suscitò l'allegria e le
risate di tutto il pubblico. Anche Juan Francisco era molto felice. Tra
la folla accorsa per il circo, c'era anche Vanni Josè, che nel vedere
Rosalinda in quelle condizioni e suo cugino ridere spassionatamente,
ebbe un sentimento di odio e di rancore. Egli infatti non fu considerato
dalla coppia. A quel punto si sentì lo squillare delle trombe entrarono
infatti nell'arena del circo tante piccole scimmiette ammaestrate,
suscitando l'ammirazione del pubblico. Rosalinda in quel momento pensò
a quella povera gente vista all'entrata del circo, chiedere l'elemosina.
Lei aveva riconosciuto tutti i suoi amici di Ballarò pensò con
tristezza alla loro misera condizione. Il pensiero balenò alle parole
che suo padre da poco le aveva detto, pensò anche a quella vecchietta
con quel suo abito tutto rammentato, ai suoi occhi simili a quelli di
zia Assunta quanto un nobile la frustò dicendogli di scansarsi. Mentre
tutti erano attenti allo spettacolo Rosalinda avvertì un forte dolore
allo stomaco, preoccupata chiese aiuto a suo marito. Juan Francisco
rassicurandola, inesperto com'era, chiese se quelle fossero le doglie e
se il bambino stava per nascere. Alla seconda fitta avvertita da
Rosalinda i due decisero di andar via, Juan Francisco prese subito la
carrozza e aiutando con dolcezza la propria moglie partirono dal porto
avviandosi verso casa. La corsa sfrenata si arrestò davanti al cancello
della villa, Juan Francisco scendendo dal carrozzino gridava chiamando
aiuto al proprio personale. Tutti gli inservienti corsero verso la
carrozza dove Rosalinda aiutata dal marito scendeva lentamente. C'era
anche Ninetta che aiutando la sua padrona le disse: "come mai Juan
Francisco siete usciti da casa? Non vedete che c'è la luna piena".
Juan Francisco ordinò al giardiniere di correre ad avvertire il
dottore, Ignazio La Grue. Ninetta aiutando la sua signore ad adagiarsi
sul letto si rivolse a Juan Francisco dicendo: "non si preoccupi
mio signore io me ne intendo a far nascere bambini". Nel sentire le
grida di Rosalinda la cameriera ordinò alla figlia di portare subito
dell'acqua calda, mentre preparava dei panni e delle fasce. Ella
sollecitò ancora che le venisse portata l'acqua calda infatti il parto
era vicino. Juan Francisco era scioccato nel sentire le grida della
moglie e nel vederla così agitata. Fu rassicurata dalla donna
dicendogli che tutto era normale. Rosalinda sconvolta dal dolore
implorò, in parole strettamente in dialetto, la propria madre. Nina nel
sentire quelle parole si rivolse alla figlia dicendo come mai quella
nobile donna parlasse in dialetto stretto di Ballerò. Fu fermata dalla
presenza di Juan Francisco che con tanto amore rassicurò sua moglie che
tutto sarebbe finito in poco tempo e con un panno le asciugò il sudore
della fronte, dicendo: "si Rosalinda se ti fa bene parla il
dialetto palermitano come ti ha insegnato Sura Rosa quando veniva a casa
tua quand'eri piccola". Rosalinda in quell'immenso dolore si sentì
svenire, ma in quel preciso momento si senti bussare alla porta. Era il
dottore, che subito si mise a lavoro rinvenendo la giovane con due
schiaffi nelle guance. Dopo una dolorosa fitta si sentì Rosalinda dire
con tanto spasimo se il bambino era già nato, ricevette la risposta
positiva di Juan Francisco. Ma mentre Nina già lavava il neonato nella
bacinella si senti dire il dottore che c'era un altro gemello. Erano due
maschietti, perfettamente uguali e ben nutriti. Con molta maestria il
dottore prendendo i due neonati a testa in giù disse scherzosamente:
"benvenuti in questa terra, in questa città di Palermo",
facendo i complimenti a Rosalinda e Juan Francisco. La felicità fu
grande quando tutti rientrarono dal circo e si trovarono davanti quello
spettacolo. La nonna Quanita non si stancava mai di guardare i suoi
nipotini, anche Pietro era molto felice nel vedere quelle due creature,
egli pensò alla propria moglie quando diede alla luce Rosalinda.
Il dottore entrò nella stanza e si complimentò con
i parenti e salutando prese il cappello e andò via.
Quanta felicità e quanta gioia portarono quei
bambini identici. Infatti Pablo e Pedro si assomigliavano come due
goccie d'acqua, erano uguali in tutto nella lunghezza, nei modi di fare,
nella carnagione e per i loro occhi. Rosalinda era aiutata dalla serva
fedele Nerina anche quando andavano in campagna e al mare. Nerina era
una donna non bella ma neanche brutta, era vivace ed intelligente, al
punto che capiva tutto soltanto con lo sguardo, ma di lei non si
riusciva a leggere il pensiero, però era da tutti apprezzata per la sua
affidabilità e fedeltà. Era una donna bassa di statura e di circa 30
anni, era sempre disponibile ed allegra, ma aveva un difetto:faceva la
spia, era la sua professione speciale. Tutto le andò bene finchè
nessuno se ne accorse, ma certe volte il tempo ed anche la giustizia
divina si rivolta contro a chi fa del male.
CAPITOLO II°
Juan Francisco era seduto nella sua scrivania con gli
altri suoi collaboratori intendo a discutere in quella seduta politica.
Era infatti diventato amministratore in prova per due mesi. Incarico
datogli da suo padre il procuratore generale della Sicilia Pablo
Ingrassia. Infatti Pablo e sua moglie Quanita erano partiti per due mesi
di vacanza in Spagna. Partendo i genitori diedero molte spiegazioni e
raccomandazioni al figlio. Era infatti un periodo burrascoso, covava tra
la popolazione dei moti di rivolta antiborbonica. Juan Francisco infatti
stava spiegando i minimi dettagli del suo progetto agli altri politici,
infatti voleva prendere delle misure antisommosse.
Erano passati due anni dalla nascita dei due gemelli
e Juan Francisco era sempre felice nel vederli così irrequieti. Non
smetteva mai di guardarli e di dire loro che insieme a Rosalinda erano
tutto nella sua vita, baciandoli uno ad uno, era molto felice Juan
Francisco quando sedeva a tavola insieme alla sua famiglia, quando
Nerina serviva le portate, imparando insieme alla madre i modi e i
comportamenti a tavola, mentre diabolicamente ascoltava i dialoghi tra
marito e moglie non solo a tavola ma anche nei momenti di intimità, lei
origliava nelle porte dei corridoi. Era così brava Nerina da non farsi
accorgere persino a spiarli nella loro camera da letto. Lei ormai
conosceva a memoria le dolci parole che Juan Francisco diceva alla sua
sposa, e come era lesta a riferire a suo cugino Vanni Josè.
Quell'essere vigliacco e anche invidioso, sempre pronto ad infamare
quella felice famiglia con l'aiuto della fedele buona Nerina.
Juan Francisco era solito fare una passeggiata dopo
il pranzo insieme con la moglie e i suoi adorati figlioli, lungo il
viale della sua villa, in quei giardini fioriti di maggio di margherite
e rose, con le aiuole e quelle palme trionfanti. C'erano delle panche,
all'ombra molto utili per chi voleva riposarsi o rilassarsi come fece
Juan Francisco quella volta., infatti era da solo non c'erano nè la
moglie nè i figliotti. Juan Francisco era quasi in dormiveglia in quel
bel giorno di maggio così caldo quando fu distratto dalla voce del suo
maggiordomo, che scusandosi per il disturbo porgeva un pacchetto
indirizzato personalmente a lui. Juan Francisco sbadigliando disse al
maggiordomo di portarlo al suo studio, per poterlo poi vedere, ma
ripensandoci chiamò Sebastiano così si chiamava il suo maggiordomo,
prendendo in mano il pacchetto e girandolo e rigirandolo per vedere chi
lo spediva. Invano cercò il nome del mittente infatti nel pacchetto
c'era scritto soltanto:"Alla sua Eccellenza Juan Francisco
Ingrassia". Incuriosito e anche un po' agitato Juan Francisco aprì
il pacchetto e con sorpresa trovò alcuni indumenti intimi di sua
moglie, per istinto li rilesse subito dentro il pacchetto e si girò a
destra e sinistra per vedere se qualcuno si era accorto.
Nervosamente si alzò e andò nel suo studio, dove
ormai solo riaprì quel presente togliendo anche l'involucro laterale e
con sorpresa si accorse di un foglio di carta. Incuriosito Juan
Francisco lesse quella lettera, quanto stupore e rammarico nel sentire
che era scritta da suo cugino Vanni Josè. Era riportato nei minimi
particolari gli incontri amorosi con Rosalinda, dicendo che lui solo era
capace di dargli l'amore che lei voleva, di soddisfarla come donna.
Concludeva dicendo di non volergli male a Rosalinda e che lui ormai era
lontano da quel luogo.
Sconcertato Juan Francisco cadde sul divano con quel
foglio di carta in mano non sapeva cosa fare. Egli non voleva credere a
quelle parole ma rileggendo le lettera con tutti quei intimi particolari
e con quegli indumenti che appartenevano proprio a sua moglie. Erano
incise infatti le iniziali di Rosalinda, e poi erano confezionate a mano
da una delle più note sarte di Palermo.
A costatare tutto ciò Juan Francisco si sentì
umiliato e amareggiato, sconfitto. Voleva piangere di rabbia e gridare
forte, voleva fra le mani il cugino per strangolarlo, poi pensò al viso
della sua amata donna capace di tradirlo con il suo peggior nemico.
Pensò di essersi illuso, in fondo lei apparteneva alla peggior peble
del quartiere di Ballarò. Egli maledisse il giorno in cui l'aveva
incontrata e ricordò le parole di sua madre quando si raccomandava di
essere sicuro di ciò che faceva.
Juan Francisco girava in lungo e in largo per la
stanza, non sapeva più a cosa pensare, ormai era sicuro che la propria
moglie lo tradiva, che lo pugnalava alle spalle, egli pensò:"Brava
Rosalia Gorgone!", chiamata con disprezzo con il suo vero nome
"hai sbagliato e devi pagare a caro prezzo, dimentico che sei la
madre dei miei figli e avrai la punizione che ti spetta: la
morte!". "Anche a te caro cugino Vanni Josè, sarai
soddisfatto, non avrai mai il mio perdono, verrà il giorno in cui ci
incontreremo, io ti ucciderò con le mie mani".
Poi si calmò, si sedette sul divano e accese un
sigaro quando, sentì bussare alla porta, era Rosalinda che lo chiamava.
Juan Francisco non rispose e quando sentì sua moglie allontanarsi,
scoppiò a piangere. Juan Francisco amava molto sua moglie, e nel vedere
le lacrime bagnare quel foglio di carta pensò che sarebbe stato meglio
avere dei consigli dal suo migliore e fedele amico Qualtiero.
Si asciugò le lacrime ripetendo tra se di non essere
debole, di avere la spina dorsale, si avvicinò al tavolo delle bibite e
riempiendosi un intero bicchiere di liquore lo bevve tutto in un sorso.
Il maggiordomo nel sentire tossire il suo padrone si
avvicinò bussando alla porta dicendo cosa aveva bisogno e, che c'era la
moglie Rosalinda che lo cercava per tutta la casa. Juan Francisco
rispose di essere intenzionato ad uscire e di avvisare sua eccellenza
Rosalinda. Si diede un contegno ma dentro il suo cuore Juan Francisco
soffriva.
Uscito dalla villa egli cercò in tutti i modi di
evitare di incontrare la moglie avviandosi alla stalla. Juan Francisco
accarezzando il suo ormai vecchio cavallo Olivero si rivolse a lui,
dicendo che non saranno più possibili quelle belle passeggiate con la
padroncina.
Arrivarono tutti e due sudati, sia Juan Francisco che
il cavallo e Gualtiero con stupore nel vederli disse:"Come mai, mio
padrone, siete venuto in questo vostro feudo a quest'ora?".
Erano infatti le otto di sera di quel giorno del mese
di maggio, Qualtiero prendendo le redini del cavallo e avviandosi verso
la stalla si vide raggiungere dal suo padrone che gli dice:"Hai
ragione Qualtiero c'è qualcosa che non va", "É la
politica?" rispose il suo fidato servo. "Magari fosse la
politica! Mio caro Qualtiero" replicò il nobile "Sei da solo
in casa? Non c'è nessuno del personale? Devo assolutamente parlarti da
solo, sei l'unica persona che può capirmi. Dobbiamo far morire mia
moglie e farlo sembrare un incidente".
Qualtiero finendo di dar da mangiare al cavallo e
togliendosi le pagliuzze rimaste nei capelli si avvicinò al suo padrone
dicendo:"Mio caro Juan Francisco forse vi è dato di volta il
cervello? Siete diventato pazzo?". "Cosa dite mai",
mentre diceva quelle parole continuava a guardarlo incredulo, quando fu
preso sottobraccio da Juan Francisco:"Non sono diventato pazzo, il
mio cervello è al suo posto, ti spiegherò tutto". Qualtiero con
la massima prudenza e con un po' di paura si guardò dietro, nel vedersi
tirare con tutte le sue forze dal suo padrone.
Si preoccupò ancora di più quando entrarono in casa
e arrivando nella stanza delle riunioni si divincolò dalla presa del
suo padrone. Juan Francisco nervosamente camminava per la
stanza:"Non sono pazzo, amico mio". Qualtiero vedendo il suo
padrone fuori di se cercò di calmarlo, dicendo che quello non era il
suo carattere, non era il suo modo di esprimersi. E mentre Qualtiero si
lavava le mai, Juan Francisco si sedette vicino al tavolo e chiamò il
suo servo accanto a lui. Il nobile prese in mano quel pacchetto e lo
buttò nel tavolo e con voce tremante disse:"Giudica tu, Gualtiero,
quale morte merita Rosalia Gorgone".Gualtiero prendendo
quell'involucro e guardando il suo contenuto si rivolse al suo padrone
dicendo ancora di no capire. Fu così che Juan Francisco prese quel
foglio di carta e invitò il suo servo a leggerlo, Gualtiero
disse:"Padrone non voglio essere così indiscreto da leggere
qualcosa che è a voi indirizzato", a questo punto Juan Francisco
arrabbiato urlò:"Ma insomma Gualtiero sono venuto fin quì a
quest'ora. Voglio che anche tu sappia il mio segreto così saremo in due
a condannare questa donna senza cuore. Come siamo stato noi due a farla
diventare la signore Rodrigos".
Gualtiero restò per qualche minuto in silenzio dopo
aver letto quella lettera, poi con voce soffusa dice:" Ma voi siete
sicuro?". Juan Francisco a quel punto prende Gualtiero per il
colletto della camicia e tirandolo a se dice:"Ma queste sono le
dolci parole che il dicevo in intimità a Rosalinda, e questi sono i
suoi indumenti". Gualtiero rispose che prima di condannare una
persona bisogna almeno interrogarla personalmente, ma Juan Francisco con
un sorriso fra le labbra rispose:"Caro Gualtiero le tue parole sono
sagge, ma quì i fatti parlano chiaro, ci sono le prove della sua
colpevolezza, io non voglio ne sentirla ne vederla".
Il foglio di carta cadde fra le mani di Gualtiero a
sentire quelle parole, poi Juan Francisco si avvicina e gli
dice:"Sono stato duro con te Gualtiero.Ma io non posso farlo
perchè l'ho amata tanto. Tu mi hai giurato ubbidienza e fedeltà per
qualsiasi cosa, e ora io ti chiedo questo favore".
Gualtiero avvicinandosi al suo padrone gli
dice:"Va bene, obbedisco alla sua volontà, ucciderò sua moglie ma
a condizione che sembri un incidente. So che vostra moglie è devota a
Santa Rosalia e va spesso sul monte Pellegrino con la carrozza, io la
butterò nel baratro e diremo che è stata una disgrazia. Juan Francisco
pensando alle parole del suo servo disse: Ma lei va con i miei figli,
non voglio rischiare la loro vita".
Dopo qualche minuto di pausa Qualtiero dice al suo
padrone:"Mi è venuta un'altra idea. Sarò questa sera a dire a
vostra moglie di recarsi al monte Pellegrino dove voi l'aspettate per
passare insieme una bella serata". Juan Francisco annuì accettando
quel progetto, vani furono i tentativi per dissuaderlo del fidato servo,
ormai lui aveva deciso.
Gualtiero prima di uscire dalla stanza si voltò
verso il suo padrone e lo vide nascondere la lettera e gli indumenti in
una fessura vicino la tenda. Poi si avviò con la carrozza verso la
villa.
Un lampo balenò nella mente di Gualtiero, pensò a
sua moglie che dopo otto mesi di matrimonio era sparita nel nulla. Fu
distolto da l suo pensiero e disse fra se:"cosa vado a pensare dopo
ventun anni che è successo il fatto". Correndo con la carrozza
verso la villa Gualtiero pensò anche al suo futuro, infatti dopo il
delitto era costretto a scappare via e lasciare tutto quello che aveva.
Pensò dinuovo al delitto che stava per commettere
dicendo tra se che stava ubbidendo al suo padrone e a ciò che avrebbe
detto agli altri, che la signora era caduta nel precipizio perchè si
era molto esposta per vedere il paesaggio.
Arrivato alla villa egli bussò al cancello,
Rosalinda era seduta nella veranda a godersi la frescura della serata.
Fu avvertita dal maggiordomo della presenza di Gualtiero. Nerina era
intenta a far giocare i bambini quanto Gualtiero annunciò alla signora
le intenzioni del marito, di avere organizzato una veglia al monte
Pellegrino, e di volerla con se al suo fianco. Rosalinda dopo il primo
imbarazzo ordinò a Nerina di preparare i bambini, essendo intenzionata
a portarli con lei.
Gualtiero asserendo che c'era molta strada da fare e
che la serata sarebbe stata lunga consigliò a Rosalinda di lasciare i
bambini a Nerina.
Rosalinda accettò il consiglio di Gualtiero e andò
a prepararsi. Nerina aveva assistito a tutta quella scena e nella sua
mente balenò il ricorso del suo tradimento, le poche ore d'amore
trascorse con Vanni Josè e le promesse non mantenute di quest'ultimo.
Concluse che ormai avrebbe recitato fino in fondo la sua parte, aveva
ancora in mente le parole di Vanni Josè di non parlare mai con nessuno
a costo della vita.
Rosalinda ritornò subito, pronta ad uscire dando gli
ultimi ordini a Nerina per i figlioletti e rassicurandola che sarebbe
rientrata al più presto.
Un lungo brivido attraversò la schiena di Gualtiero
a sentire quelle parole, sapendo che lei non sarebbe più rientrata. Si
avviarono verso l'uscita quando Rosalinda ritornò indietro per
abbracciare e baciare ancora per un istante i suoi gemelli.
Arrivati alla carrozza Rosalinda disse a Gualtiero di
essere intenzionata a sedersi al suo fianco davanti nella carrozza per
prendere un po' di aria fresca. Durante il viaggio Rosalinda chiese
delle spiegazioni per quella improvvisa idea venuta al marito, Gualtiero
evitava di guardare la signore per non avere rimorsi. Voleva morire al
suo posto pur di non farle del male a quella bella fanciulla. Egli ad un
tratto capì sentendola parlare che era innocente ed era sincera.
Rosalinda si accorse che Gualtiero non aveva imboccato la strada per il
monte Pellegrino e lo fece presente. Non ebbe risposta da parte di
Gualtiero e lo ammonì dicendo che avrebbe detto a suo marito quel
comportamento insolito. Ma il buon servo pensava che non voleva uccidere
quella donna. Dopo ripetute grida da parte di Rosalinda e acclamazioni
per il suo marito, Gualtiero indignato disse:"Voi volete quì
vostro marito, ma è proprio vostro marito a volervi del male. A volere
che io vi uccida.". Incredula Rosalinda diceva mentre piangeva che
quella non era la verità e che suo marito no la voleva morta e che
l'amava. Che avevano molto lottato per essere uniti e che lui ne era il
testimone. "Lo sò, cara signora" rispose Gualtiero, "io
morirei al suo posto, pur di salvarvi la vita".
Dopo Rosalinda chiese al servo il motivo per cui Juan
Francisco la voleva morta. Pensò alle parole del padre Pietro quando le
diceva come usano fare i ricchi, prendere una giovane, soddisfare le
loro voglie e poi ucciderla. "Ditemi la verità, Gualtiero, abbiate
pietà, perchè mi vuole uccidere", ripeteva disperata Rosalinda.
"Non so il motivo che a spinto a questa
decisione suo marito, sua eccellenza Rosalinda", rispose Gualtiero.
A sentirsi chiamare in quel modo la donna ebbe un risveglio d'orgoglio:
"Non voglio più essere chiamata sua eccellenza Rosalinda, il mio
vero nome è Rosalia Gorgone di Pietro e Carmela, e voglio essere la
ragazza che ero prima, vestita di stracci e povera, come ero nel
quartiere di Ballarò". Rosalinda cadde in ginocchio e si rivolse
ai suoi figli dicendo che sarebbe stata sempre con loro, anche da morta,
e volere che non appartenessero a quella stirpe così cattiva.
Poi ad un tratto pensò a suo padre e chiese a
Gualtiero cosa ne sarà di lui dopo la sua morte, se anche lui farà la
sua stessa fine. Gualtiero non parlava e pensava che veramente quella
povera Juanna era innocente, voleva interrogarla, ma poi alla fine
pensò al suo padrone, e di non avere altra scelta.
Rosalinda era sdraiata a terra, sembrava quasi morta,
quando Gualtiero la guardò. Poi di scatto e alzò e rivolgendosi alle
stelle disse: "Guardate voi stelle la faccia di questo
carnefice", poi guardando verso il porto , scorse una nave che
stava per partire, pensò subito al Postale "Margherita", alla
sua felicità e speranza di cambiare vita, quando quel giorno con il
padre partirono per incontrare Juan Francisco. Voleva fuggire ma capì
che ormai tutto era inutile.
Si avvicinò a Gualtiero e guardandolo negli occhi
cominciò a supplicarlo di lasciarla andare, che sarebbe scomparsa da
Palermo, che nessuno avrebbe saputo più nulla di lei, implorando anche
i Santi del Paradiso, i suoi figli. Poi piangendo disse a Gualtiero che
proprio lei era stata ad avere fiducia in lui quando nella povera casa
di Pietro Gorgone credette alle sue parole e fermò il braccio armato di
martello del padre. Rosalinda continuò dicendo che se fosse libera
avrebbe preso la nave che stava per partire dal porto di Palermo.
"Si, ma Juan Francisco vuole le prove"
disse Gualtiero "vuole vedere il sangue".
Poi pensando un po' continuò "Avete dell'oro
addosso? Collana, bracciale, orecchini?". Rosalinda si scrutò con
le mani e si tolse la collana di diamanti, l'anello e gli orecchini
dandoli a Gualtiero, che le intimò di sdraiarsi dentro la carrozza in
modo che nessuno la vedesse. Si avviò verso il molo dove c'era la nave
in partenza.
Arrivati al molo Gualtiero scese dalla carrozza
dicendo a Rosalinda di aspettare di nascosto. Ritornò dopo esattamente
15 minuti, aveva con se degli abiti da cuoco e una forbice. Spostò la
carrozza in un angolo buoi del molo, e rivolgendosi a Rosalinda gli
disse di indossare quell'abito e di tagliare i capelli più corti che
poteva, poi passò sulla faccia della donna un po' di creta per dare un
diverso colorito alla carnagione. "Da questo momento in poi tu ti
chiamerai Manolo Lorca e sarai il cuoco speciale di questa nave
spagnola, gli diede anche una carta di riconoscimento.
Trascorsi pochi minuti il servo si vide comparire
davanti un giovanotto vestito da cuoco, fu molto sorpreso Gualtiero nel
vedere quella trasformazione, diede gli ultimi consigli a Rosalinda
spiegando che quei diamanti erano stati veramente utili, che egli era un
nobile giovanotto di Spagna costretto per motivi di vita o di morte a
fuggire di nascosto da Palermo. Si raccomandò di non svelare mai la sua
identità e che sulla nave avrebbe ricevuto maggiori informazioni.
Rosalinda commossa chiese raccomandazioni per i suoi
figli e per suo padre che non subissero del male. Mentre i due
salutavano Gualtiero di accorse che Rosalinda portava ancora la fede
nuziale con dietro inciso il nome del Casato, si preoccupò di dire che
sarebbe stato meglio che quella fede scomparisse, Rosalinda togliendolo
dalla mano si rivolse al buon servo dicendo di buttarlo lui nel mare
come avrebbe fatto pochi minuti prima con lei.
Varcò la passerella della nave Rosalinda, vestita in
quegli abiti inusuali, e già c'era qualcuno pronto ad accoglierla . La
nave salpò dal molo di Palermo, e quanta tristezza c'era nel cuore di
Rosalinda vedendosi allontanare dalla suoi figlioli e dalla sua città.
Gualtiero dall'altra parte si allontanava dal porto con la sua carrozza,
augurando buona fortuna a Manolo Lorca.
Era appena l'alba quando Gualtiero arrivò alle terre
del feudo di Juan Francisco, e già si vedevano i mietitori a lavoro
intenti a tagliare il grano, quest'ano maturato due settimane prima.
Quanta fatica per questi poveri lavoratori costretti dall'alba al
tramonto a chinarsi per falciare il grano, senza alcun diritto di
riposarsi un momento.
Ad un tratto si levò una canzone, era usuale infatti
che i mietitori cantassero delle belle canzoni in dialetto stretto per
alleviare le sofferenze della giornata.
Attenti e cuntenti cumpagni,
sintiti allegria ca lu Signuri
e ghiuntu di mia.
Pocu addimura e veni ni tia.
Cantati, cantati
ca c'è Santa Rusulia,
ca na iuta a travagliari
a tutta sta cumpagnia
quantu biddrizzi
avi Santa Rusulia
nu po paragunari a Gesù
e Giuseppe, Maria
Santa Rusulia cu tanti
angeli e virgineddi
ponnu fari, spari
pi aiutarini
su suduri pi asciucarini
poi Santa Rusulia cu Maria, a l'acqua vannu
vannu a lu vaddruni
mittiri li liami a muddru
pi rifriscarisi li manu
pi li frustati a li feriti a sagnu
Cantammu e ludammu
a nostru Signuri
ca mmà gniri a manciari
pipuddra e pani duru.
Priammu ca caddu su suli infernali
ca quantu fa callu
ca nun si po' suppurtari.
TRADUZIONE:
- Attenti (al lavoro) e contenti Compagni, provate
allegria che il Signore è arrivato da me, poco si trattiene e viene da
te.
- Contenti cantate che è arrivata Santa Rosalia, che
ci aiuta a lavorare (meglio) a tutta questa compagnia.
- Quanta è bella Santa Rosalia, ma non si può
paragonare (alla bellezza di) Gesù, Giuseppe e Maria.
- Santa Rosalia con tanti angeli e verginelle,
giocano a pari e dispari (tirano a sorte) per aiutarci e per asciugare
il sudore della nostra fronte.
- Poi Santa Rosalia con Maria (Madonna) vanno al lago
per riempire le scorte d'acqua e a tenere a mollo i legacci(per i covoni
di grano appena mietuti), così almeno si rinfrescano le mani
sanguinanti, per le ferite causate dalle frustate.
- Cantiamo e lodiamo Nostro Signore che oggi possiamo
(grazie al lavoro) mangiare cipolla e pane duro.
- Preghiamo che tramonti questo sole infernale. Che
fa così caldo che non riusciamo a sopportarlo.
Gualtiero arrivò alla villa e scendendo dalla
carrozza staccò il cavallo e si avviò nella stalla. Fu lì che sentì
i passi del suo padrone. Infatti Juan Francisco non era andato via,
aveva preferito aspettare il suo ritorno. Juan Francisco aveva il volto
segnato quando disse se lei aveva sofferto nel morire. Gualtiero
indignato prese un sacco contenente gli indumenti di Rosalinda sporchi
di sangue e li mostrò al suo padrone. Juan Francisco si portò le mani
in viso dicendo che non voleva vedere quel sangue della sua amata
moglie, non voleva soffrire ancora di più.
Gualtiero guardava quell'uomo distrutto dal dolore,
non era più quel nobile sicuro di se, potente ben vestito e ascoltato
da tutti, in quel momento era un uomo disperato e troncato dal dolore.
CAPITOLO III°
Juan Francisco con voce piangente disse a Gualtiero
se lei in punto di morte aveva confessato il suo peccato, e se non era
il caso di lasciarla libera, magari imbarcandola in qualche nave.
Gualtiero, furbo com'era intuì il tranello del suo
padrone, infatti lui voleva essere sicuro che il delitto fosse stato
commesso. "Ormai è troppo tardi, mio signore!" rispose subito
il servo, tutto è stato commesso. "Sapete benissimo che io eseguo
sempre i vostri ordini" Juan Francisco soddisfatto della risposta,
manifestò che ora vi era un'altro problema bisognava eliminare Pietro
Gorgone. Un pensiero balenò nella mente di Gualtiero, tutta la notte ad
architettare quel piano, l'uccisione del coniglio per sporcare gli abiti
di Rosalinda, quelle bugie e già il suo padrone parlava di eliminare
un'altro uomo. Con voce secca rispose: "Padrone, sinceramente io
sono molto scosso da questa faccenda e ci vorrà molto tempo per
dimenticarla, non voglio parlare di un'altro delitto". Juan
Francisco disse che sarebbe stato clemente con Pietro Gorgone, ma non
voleva trovarselo sempre tra i piedi a chiedere informazioni sulla fine
della propria figlia. "Scusate padrone", rispose Gualtiero
"ma voi fareste bene a preoccuparvi dei vostri figli quando
vorranno la loro mamma e della vostra coscienza".
"Basta!" esplose Juan Francisco "io
sono un nobile non un santo è ho il dovere di far rispettare il nome
del mio casato". "Io ho pensato che non voglio spargere altro
sangue, tu lavori per me, fai una vita agiata e sei ben pagato, inoltre
hai giurato fedeltà alla mia persona, voglio che tu metta un'abbondante
dose di sonnifero nel vino di Pietro e quando lui si addormenta lo
vestirai di stracci e lo porterai in gran segreto in una località tra
Bagheria e Casteldaccia lasciandolo tra gli scogli" Poi continuò
"Svegliandosi, gli sembrerà di aver sognato di essere stato un
nobile del casato di Caserta".
Il destino di Pietro fu proprio così in quella
mattina di martedì della prima settimana di giugno, in quella barca che
ondeggiava da uno scoglio all'altro. In dormiveglia egli chiamò la
cameriera e allungando la mano per prendere il campanello si trovò
tutto bagnato dall'acqua marina. Sbalordito ed incredulo Pietro si
strofinò gli occhi con le mani e si vide in quella barca vestito di
cenci, pensò di sognare ad occhi aperti e continuò a chiamare Nerina,
poi la figlia Rosalinda e Juan Francisco. La brezza marina che colpiva
la sua faccia lo portò alla realtà, tristemente usò le braccia come
rime per portarsi a riva e sedendosi su di uno scoglio si accorse di
essere a piedi nudi e tutto bagnato. Riflettè per un attimo e il suo
pensiero andò alla figlia Rosalia, pensò che fine avesse fatto. Portò
la testa fra le ginocchia continuando a dire "che fine ha fatto mia
figlia".
Si trovò dopo circa un'ora nella spiaggia infuocata
dal sole di giugno ormai quasi ceco dalla follia nel pensare al destino
della sua amata figlia.
Un pescatore di nome Ciccio lo trovò a bocconi sulla
spiaggia, completamente fuori di testa, gli diede del vino che portava
sempre con sè in un fiaschetto, e per pietà cristiana e umana lo
trascinò fino ad una grotta, adagiandolo in un giaciglio di paglia al
coperto dal sole cocente, capì che quell'uomo era pazzo, ripeteva
infatti sempre la stessa frase.
Rosalinda era sulla nave "Lolita" le sue
mansioni oltre a quelle di cuoco erano anche di inserviente, portava
infatti le portate a quei nobili ricchi. Infatti la nave stava
effettuando una crociera ed ospitava tutta l'alta borghesia di quel
tempo. Rosalia nel servire le portate alla tavola dei nobili notava gli
atteggiamenti dei commensali, come certe volte rifiutavano quel buon
cibo.
La sua giornata era sempre piena di lavoro, ma questo
non dispiaceva a Rosalia infatti lei stava sempre a contatto con le
persone ed evitava di pensare al suo passato e anche al suo futuro. Si
ritrovava però certe volte a guardarsi allo specchio e di vedere quella
figura esile, vestita in rosso e con quel cappello in testa. Per gli
altri era una bella figura di giovanotto con i suoi occhi incantevoli,
ma lei pensava come si era ridotta, e quanta tristezza, quanta
malinconia e quanto dolore nel pensare ai propri figli e al destino di
suo padre.
Guardando dall'oblò della nave, nell'incrociare le
coste di Marsiglia, Rosalia pensava a cosa facessero ora i suoi gemelli.
Ormai avevano cinque anni, ed era naturale che non ricordassero più il
volto della madre. Rosalia pensava però sempre ai suoi figlioletti,
sentiva quasi la loro voce, e pregava sempre il Signore che un giorno li
avrebbe rivisti. Sperava che i suoi cari figli, un giorno fossero
portatori di pace.
Fu distolta da quei pensieri dal collega Manolo, che
le diceva di essere chiamato in coperta, perchè i nobili desideravano
dei cocktail.
Era brava Rosalinda a preparare le bevande ed il capo
cuoco lo sapeva, ecco perchè incaricava sempre lei. Rosalinda corse in
un baleno in cucina e con sicurezza preparò i cocktail versandoli in
raffinati bicchieri e servendoli in coperta in un vassoio d'argento. I
nobili erano intenti a discutere del movimento sovvertivo che era in
atto nel Regno delle due Sicilie. Rosalinda si sentì mancare io respiro
nell'accorgersi che quei nobili c'era il padre e la madre di Juan
Francisco, insieme a zia Florenza con il marito, e credette di svenire
quando girandosi vide suo marito con i due gemelli vestiti in ugual
modo. C'era anche Nerina che si scusava con Juan Francisco del ritardo
dicendo che si era trovata dall'altro lato del ponte della nave. Juan
Francisco era premuroso con i suoi figlioletti e facendoli sedere al suo
fianco disse"Ora ci beviamo le bevande portate da questo bel
giovanotto". Rosalinda si sentì mancare a sentire quelle parole,
servì con raffinatezza, come era abituata, e corse giù in coperta dove
si scusò con il capocuoco, dicendo che sarebbe mancato per un attimo.
Rosalinda si recò in bagno dove stringendo il viso tra le mano scoppiò
in un pianto a dirotto. Pregava il Signore e Santa Rosalia per aver
rivisto i suoi tesori, come erano cresciuti e come erano belli,
"Vorrei abbracciarvi e stringere forte al mio petto e dirvi che
sono la vostra mamma, chissà se si ricordano ancora di me. E a te Juan
Francisco che mi hai condannato ingiustamente a morte direi che non sono
il bel cameriere che hai visto davanti ai tuoi occhi, ma tua
moglie", e continuando a singhiozzare, affranta dal dolore
continuava "Signore non sopporto la sua presenza, non c'è la
faccio a rivedere i miei figli senza riuscire ad abbracciarli, mi
scoppia il cuore".
Mentre continuava a piangere, Rosalinda sentì
bussare ripetutamente alla porta del bagno, lei non diede risposta, e
quando uscì, piena di dolore si vide avvicinare dal suo collega Sancez,
che lo prende sottobraccio dicendo:"Cosa ti è successo? Ti senti
male, Manolo?", "Non è niente, Sancez" rispose
Rosalinda, "ogni tanto mi vengono dolori allo stomaco, e questo è
stato un po' più forte del solito". Il collega lo accompagnò alla
sua cabina stendendolo nel letto e dicendo di essere intenzionato a
chiamare il medico di bordo. "No! Fa niente, è tutto passato"
rispose Rosalinda alzandosi di scatto dal letto e cominciando a fare
delle capriole, come era solito fare nelle gare che si tenevano fra
camerieri e cuochi. "Vai a capire cosa succede nel tuo corpo"
disse Sancez "un attimo fa stavi male ed ora fai delle
capriole". I due si recarono in cucina dove trovarono il capo-cuoco
Michel già pronto con la cena per i passeggeri.
Tutto era pronto secondo il menù ed i passeggeri
già si trovavano nella sala mensa seduti ai loro tavoli. Si sentivano
delle voci in quella immensa stanza delle persone intende a prendere
l'aperitivo. E già i camerieri cominciavano a servire il menù, con
quei abiti rossi, facendosi spazio tra la folla. Manolo era anche lì,
con quelle spalle rette, tenendo però la testa un po' bassa, con quel
suo modo di fare perfetto seguendo tutte le norme del galateo. Rosalinda
aveva chiesto al capo-cuoco, visto le sue non perfette condizioni di
salute di rimanere in cucina come aiuto al cuoco, infatti non si sentiva
di servire la cena.
Diede uno sguardo al menù del tavolo numero 93, dove
desinavano otto persone, di cui sei adulti e due bambini. Avevano
ordinato pastina in brodo di pollo, e pollo lesso.
Rosalinda era tentata di andare a servire
personalmente la cena a quel tavolo, tanto forte era il richiamo dei
suoi figli. Si diceva tra se che prima non era preparata a tale incontro
perché fu una cosa inaspettata, ma ora con un po' di coraggio avrebbe
trattenuto i suoi istinti di mamma. Quando ad un tratto si vide spuntare
in cucina, Sancez che annunciava che due ragazzini, di età non
superiore a sei anni, avevano il mal di mare, ed erano molto irrequieti,
bisognava servire loro la cena nella loro cabina. Rosalinda afferrò
quell'occasione, che le si presentava al volo, prese il vassoio e
scappò via. Si sentì la voce di Sancez:"La cabina è la numero14
al corridoio est".
Nel corridoio Rosalinda si raccomandò a se stessa di
essere forte e di assaporare quel momento che aveva tanto aspettato, tra
poco avrebbe rivisto i suoi adorati figli. Giunta davanti la porta della
cabina, si fece il segno della croce si raccomandò al Signore e bussò.
La porta fu aperta da Juan Francisco, che con gentilezza fece accomodare
il cameriere, ringraziandolo per aver portato la cena. Rosalinda fece un
rapido giro con gli occhi in tutta la cabina e vide che i due gemelli
stavano a letto dormendo. Juan Francisco avvicinandosi a loro dice:
"Sveglia, guardate c'è il cameriere che vi ha portato la
cena", vedendo che i due ragazzi non si svegliavano gli scuote
leggermente. Rosalinda, che in quell'attimo si era un po' avvicinata al
letto vide spalancarsi davanti quegli occhini azzurri simili ai suoi, si
strinse tra se, raccomandandosi di non fare sciocchezze, voleva scappare
via da quella cabina, ma fu molto forte, fece l'inchino e varcò la
soglia. Uscendo dalla cabina Rosalinda vide le sue lacrime scorrere nel
viso, ormai pensava questa è la mia vita, Rosalia e Rosalinda Martinez
non esistono più, appartengono al passato, ora io sono un cameriere di
sesso maschile. Poi si chiese come mai quella famiglia si trovava in
quella nave, e perchè erano saliti al porto di Corsica, non prendendo
la loro nave personale.
Durante il viaggio e quando la nave entrò nel golfo
del Leone, Manolo osservava sempre i suoi gemelli, che stavano su in
coperta con Juan Francisco seduti o appoggiati alla sponda della nave,
vedeva il padre indicare quel tratto di mare e dare loro delle notizie
del luogo. Come sono cresciuti bene, pensava Rosalinda, e come li stà
indirizzando bene alla vita Juan Francisco.
Rosalinda non si stancava mai di osservare i due
figli, anche quando arrivati ad un porto i passeggeri sbarcavano per
poche ore, per fare delle compere, lei aspettava impazientemente il loro
ritorno.
La nave attraversò molti porti in quella crociera
fino a giungere nel porto di Barcellona, con quanta tristezza Rosalinda
si accorse di tutti quei passeggeri pronti a sbarcare, essendo la nave
già attraccata al porto. C'erano anche i suoi gemelli con Nerina che li
teneva per mano, e dietro Juan Francisco con i genitori e con zia
Florenza con il marito. Come voleva gridare Rosalinda dall'alto della
veranda della nave, di essere Rosalinda, ancora viva e vegeta. Scrutò
il volto dei due figli seduti nella carrozza insieme al padre. Era una
carrozza bellissima, bianca con delle striscie azzurre e al centro dello
sportello vi era in colore oro lo stemma del casato, trainata da due
splendidi cavalli di colore marrone chiaro.
Rosalinda salutò i due gemelli con un largo sorriso
pensando "Addio miei adorati, voglia il Signore che non ci
incontreremo mai più come cameriere e voi come passeggeri".
Ad un tratto Rosalinda si sentì bussare alle spalle,
girandosi si accorse che era il capitano della nave, facendo un vistoso
inchino e togliendosi il cappello Manolo salutò quella figura d'uomo
che disse: "Manolo siamo tutti contenti di averti in questa nave da
crociera, e siamo soddisfatti del tuo servizio impeccabile tanto da
suscitare molti complimenti da parte di questi nobili. Devo dirti che il
Procuratore di Valencia, Manuel Pineda vi vuole nel suo casato a far
parte dei sua servitù ad ogni costo, dicendomi che il salario è
abbondante. Stupito Manolo rispose: "Signore, lo sò che ai nobili
è difficile replicare, ma questa nave per me è tutta la mia vita, io
mi ci trovo bene, e poi in quel palazzo mi sentirei un pesce fuor
d'acqua".
"Mi dispiace figliolo", rispose il Capitano
"ma ormai è tutto deciso, e poi ti troverai bene in quel casato,
non scoraggiarti, sono delle persone affidabili". Manolo voleva
dire al capitano che quei nobili non erano affatto affidabili, visto
quella sventura che gli era capitata, ma poi pensò di accettare a
malincuore il fatto.
In quel caldissimo giorno di luglio si vedevano i
passeggeri contenti scendere dalla nave e trovare una folla ad
aspettarli al porto di Malagà. Infatti quella nave faceva sempre la
rotta turistica, ed era acclamata per la sua bellezza e la sua
comodità, toccando molti porti come Almeria, Cortegena, Murcia, Cullera,
Valencia, Castellon, Tortosa, Torregona, Barcellona, S.Sebastiano, Golfo
del Leone e Marsiglia, poi entrava nel mare d'Italia approdando al porto
di Genova e attraverso il Mar Tirreno giungeva in Corsica a Malagà in
Spagna. Manolo conosceva bene quell'itinerario e tutti quei porti visto
che erano trascorsi circa 10 anni dal momento in cui si era imbarcato.
Pensava ai suoi figlioletti che ormai avevano 12 anni, infatti Rosalinda
contava tutti gli anni che trascorreva lontano da loro. Aveva passato
anche momenti felici in quella nave, specialmente quando vide per la
prima volta i suoi figli. Ora era costretta a lasciare l'imbarcazione
non avrebbe più rivisto quel mare azzurro, quelle città meravigliose,
come Barcellona con la sua splendida vista, Valencia una città
adorabile con tutti quei fiori e tutte quelle belle ragazze. Ora era
costretta a non rivederle mai più, in fondo queste città erano
portatrici del segreto di Rosalinda, infatti lei si confidava a loro
della sua condizione e del suo dolore. Pensava al tempo trascorso a
piangere in quella Chiesa di Murcia, seduta nel nudo banco. Manolo
salutava per l'ultima volta ogni città attraversata, pensando chissà
se un giorno le avrebbe dinuovo visitate, e così che Manolo salutò per
l'ultima volta la città di Marsiglia.
I suoi colleghi salutarono per l'ultima volta Manolo
ed ognuno porgendo un piccolo ricordo e augurando buona fortuna. Si vide
poi comparire la figura di un uomo bel vestito, era l'incaricato per
portare Manolo alla residenza del Procuratore Generale del Regno di
Napoli.
Stupito Manolo dice: "Ma questa nave non approda
mai al porto di Napoli", "lo so" rispose con un largo
sorriso quell'uomo "faremo scalo in Corsica, poi proseguiremo per
Napoli con la nave "Florance" la più bella nave che abbia
solcato il mar Tirreno".
Rosalinda pensò al destino, sapeva che doveva fare
il cameriere per quel Casato ma perché proprio a Napoli, poi pensò
alla nave Florence, la conosceva bene, perchè vi aveva viaggiato come
Rosalinda Martinez Rodigros era la nave dei nobili del Regno delle Due
Sicilie, la nave preferita da Juan Francisco, non voglio ricordare
pensò Rosalinda non voglio ancora soffrire. Ho passato molti momenti
tristi e difficili supererò anche questo. Ma quello che non le dava
pace era come mai questo nobile aveva scelto proprio Manolo per la sua
servitù.
Il nobile aveva osservato Manolo sulla nave la scorsa
estate insieme alla moglie Clementina e alla figlia di 26 anni Rosita,
quando avevano fatto quella gita turistica, molto preferita dai nobili
di quel tempo, con quel splendido mare e quelle meravigliose città,
avevano osservato Manolo quando questi serviva loro le portate del
pranzo, apprezzando i suoi modi gentili e la sua raffinatezza. Fu la
figlia Rosita a volerlo nella casa del padre, pensando che sarebbe stato
l'ideale quel giovanotto affascinante nei suoi modi di fare, per la
servitù. Il padre Raffaele Pineda conosceva bene il carattere
capriccioso della figlia Rosita, infatti faceva di tutto pur di ottenere
qualche cosa.
Manolo era ansioso di cominciare il suo nuovo lavoro
in quel casato, anche gli altri camerieri lo aspettavano con molta
impazienza, ma di più Rosita, quella donna capricciosa era molto
contenta di avere un bel giovanotto, con quei bei occhi azzurri in casa
tutto per lei. Erano infatti quegli occhi che avevano fatto perdere la
testa a Rosita Pineda.
Manolo lasciò la nave Rosita con grande rammarico,
"Questo è un triste giorno per me" pensò allontanandosi con
quello sconosciuto e già si vedeva attraccata ad un'altro molo la nave
Florence, grandiosa nella sua maestosità, piena di bandiere che
sventolavano e con quei vessilli facevano di lei la nave più bella e
più rara.
Manolo camminava con il sacco sulle spalle in quel
vestito un po' vecchiotto accanto a quell'uomo ben vestito e
dall'aspetto imponente, con quel capello a cilindro nero e il bastone in
mano.
Ad un tratto quel nobile osservando per un po' di
tempo disse a Manolo? "Ma scusate ma voi per caso siete nato senza
barba?", Manolo a sentirsi dire quella domanda ebbe dei brividi di
freddo ma poi con calma rispose: "É un fatto un po' strano, voi
non ci crederete ma la mia barba cresce ogni otto giorni diventando
folta all'istante", "Sarà" rispose quell'uomo "ma
questo fenomeno mi è totalmente nuovo". Rosalinda pensò alla
barba artificiale che per qualche periodo fu costretta a mettere per
darsi un'aria più da uomo, quando aveva molta paura di essere scoperta.
Quante volte Rosalinda aveva pensato al suo destino, al fatto che per
tutta la vita era costretta a mentire e non svelare la sua vera
identità di donna, certe volte presa dallo sconforto si voleva
suicidare buttandosi a mare, specialmente quando vedeva delle belle
ragazze contente a fianco del loro marito.
Salirono nella nave, Manolo diede la precedenza al
signore, e durante l'imbarco le tenne sempre la destra in forma di
rispetto, salutava tutti con un vistoso inchino, tanto da farsi notare
dal suo accompagnatore che gli disse che sarebbe felice di averlo a casa
sua, non come cameriere ma come maggiordomo di fiducia, ma sapeva
benissimo che tutto ciò era impossibile "Nel caso avete delle
difficoltà, la mia casa è sempre aperta, presentatevi al corso delle
palme davanti la statua di Federico II e chiedete di don Ferdinando Lo
Russo", Manolo ringraziando rispose:"Grazie, se avrò bisogno
del vostro aiuto verrò a bussare alla vostra porta".
La nave salpò dal porto di Corsica in perfetto
orario, con tanti passeggeri tutti di alta nobiltà, seduti in quei
lussuosi divani, chi fumava la pipa, chi animava un discorso, ci giocava
a carte o a scacchi. Manolo spaesato seduto in un angolo si guardava
attorno senza farsi notare tanto. Manolo pensò alla sua barbetta finta
dicendo che quella era l'ora di usarla, per evitare che qualcuno lo
riconoscesse tra i presenti. Quando scorse un uomo ben vestito, con la
catena dell'orologio che usciva fuori dal panciotto fumando un bel
sigaro, lo riconobbe, era Gualtiero.
Erano passati più di dieci anni e Gualtiero non era
cambiato. Manolo vide avvicinarsi l'uomo che l'aveva prelevato e portato
in quella nave, e parlare con Gualtiero poi allontanarsi.
Rosalinda, travestita da cameriere, corse giù in
coperta domandandosi come mai quell'uomo conosceva Gualtiero, e si
vedeva bene che lo conosceva da molto tempo.
Infatti Ferdinando era il fiduciario del Procuratore
Raffael Pineda di Napoli e Gualtiero era il fiduciario di Juan
Francisco, procuratore di Palermo. Si incontravano sempre nelle riunioni
politiche sia a Napoli che a Palermo essendo le braccia delle due forze
politiche.
Rosalinda pensò subito ad una trappola. Infatti ebbe
il timore che qualcuno l'avesse riconosciuta nella nave Lolita, e che
fosse una scusa la nuova destinazione di lavoro, vedendo come si
conoscevano Ferdinando Lo Russo e Gualtiero.
La nave navigava in quel mare calmo e meraviglioso e
le persone a bordo erano impazienti di arrivare a destinazione in
orario, Manolo con le sue preoccupazioni di essere assalito e ucciso da
un momento all'altro se ne stava in silenzio in un angolo e sempre in
guardia, stava sempre dove c'erano molte persone, e non parlava mai
anche quando si vedeva avvicinato da qualche bella ragazza, fuggiva via.
Ma quel comportamento strano fu notato da Ferdinando
che lo diceva a Gualtiero: "Questo ragazzo ha qualcosa di strano,
forse deve avere qualche guaio con la giustizia", Gualtiero
replicò a quel signore: "Sai questo ragazzo non ha niente di
strano, ha avuto in passato qualche piccolo problema, ma ora è in cerca
soltanto di lavoro e di fortuna. Infatti Gualtiero riconobbe la sua
padrona, fin dal momento in cui salirono con Ferdinando, riconobbe la
sua camminata. Ebbe in quel momento Gualtiero un sospiro di leggerezza
nel vedere che Rosalinda era ancora viva e che cercava di non farsi
riconoscere da alcuno.
La nave attraccò al molo di Napoli e Gualtiero dal
finestrino in coperta, osservava quella gente scendere, ma di più
osservava quei due uomini allontanarsi dal porto, e pensava tra sè che
non aveva dubbi quell'uomo era Rosalia Gorgone, e non voleva più
chiamare con il nome da nobile che tanta sfortuna le aveva portato. Si
augurava che la nuova vita fosse più fortunata. "Come passa il
tempo, la Rosalinda Martinez Rodrigos è morta davvero ed è da tutti
dimenticata. Come dice il proverbio palermitano:<<i morti testa cu
testa e i i vivi fanno festa>>, nessuno ormai cara Rosalia ti
pensa, nemmeno i tuoi figli, vabbene che erano piccoli e che non possono
ricordare, ma nessuno parla loro di te, non esiste nessuna fotografia.
Juan Francisco pur avendo molte donne non ha voluto risposarsi,
dicendomi di non essere ancora pronto. Ti auguro un mondo di bene cara
Rosalia". Gualtiero proseguiva con la nave per Palermo dove sarebbe
giunto l'indomani mattina. Ora sapeva che Rosalia era a Napoli e sapeva
dove cercarla. Guardava i due che si allontanavano dal porto.
Manolo guardava Napoli mentre camminava in compagnia
di quell'uomo, pensò quando era stata la nelle vesti di Rosalinda e mai
si sarebbe immaginata di tornare sotto un'altro nome e addirittura
travestita da uomo.
Ad un tratto quell'uomo fermandosi disse: "Siamo
arrivati", e bussando al cancello che Manolo conosceva, infatti era
stata là con zia Florenza, quando furono invitati per una festa di una
ragazza che compiva il sedicesimo anno di età. Venne ad aprire un
maggiordomo che Manolo riconobbe, mentre varcava la soglia Rosalinda
pensò alle condizioni in cui molti anni prima era entrata in quella
casa, tutta ben vestita insieme a sua zia Florenza e a suo padre Pietro,
accolta con tutti gli onori. Manolo fu accompagnato dal maggiordomo in
cucina, dove salutò tutti gli altri camerieri che lo aspettavano,
ricevendo le congratulazioni di fare parte ormai della dipendenza di
quella nobile famiglia. Mentre desinava Manolo ricevette molte
raccomandazioni sul lavoro che si apprestava a fare, poi con cortesia si
scusò dicendo di essere stanco e di ritirarsi per riposare.
Fu accompagnato alla sua camera e mentre varcava la
soglia il maggiordomo gli disse che quella era ormai la sua dimora
notturna. La camera era accogliente e ben in ordine, rimasto solo Manolo
si gettò nel letto, e capì di trovarsi veramente nella terra ferma,
abituato com'era al rollio della nave e al rumore del mare. Manolo per
un istante pensò alla prima volta che si era imbarcato nella nave
Lolita, e che non dimenticherà mai quegli anni.
Poi pensò di essere finita in una trappola, e che
sarebbe stata uccisa perchè riconosciuta.
Rosalinda pensando che ormai non c'era altro da fare
si raccomandò al Signore, perchè solo Lui la poteva evitare. Si girava
e rigirava in quel letto, poi ad un tratto scoppiò a piangere maledendo
il giorno in cui era nata. Poi stanca si addormentò. Sognò di essere
Rosalia Gorgone in casa quando era piccola in compagnia della madre
Carmela Spinnato e di suo padre Pietro Gorgone, in quel povero quartiere
di Ballarò a Palermo, mentre la madre intrecciava i suoi capelli
proprio davanti l'uscio, e quando le altre donne si avvicinavano.
C'erano tutte la zà Lucia, la zà Mela, la zà Turuzza la zà
Giuvannina, intenti a discutere scherzando. Quando ad un tratto Rosalia
si svegliò di sobbalzo, e con quanta nostalgia si accorse di aver
sognato, ma contenta di aver rivisto i suoi genitori. Ripensò a quel
sogno scherzoso, a zà Assunta e suo marito ziu Bastiano e a sua figlia
Concetta di 12 anni, quando insieme cantavano una canzone dialettale:
" iu ni sta vanedda
ci passi e spassu picchì
ciaiu lu drittu
picchì ciaiu la mia carusa
e lu miu ritrattu
affacciati Nofria
nun ti scurdari
ca ce lu to carusu
ca ti voli taliari"
TRADUZIONE:
Passo e ripasso (per questa strada) perché ne ho il
diritto. Perché vi abita la mia ragazza ( a cui ho dato ) il mio
ritratto. Affacciati al balcone, Onofria, e non temere poichè qui c'è
il tuo ragazzo che ti vuole ammirare.
Cantavano sempre marito e moglie, quando un giorno
sentirono un venditore ambulante gridare "vaccatatevi i purciuddi
di razza, l'hai sti purcudruzzi", il venditore infatti aveva dei
maialini da vende. "Ci accattammu un purciduzzu du chissu"
disse il marito, "unni la mammittiri. Cosa, cosa, e pua si lu
curica sottu lu liettu nostru, lu criscimmu e ni facimmu la sansizza, la
saimi, le costolette e tanti antri cose" rispose la moglie, poi
continua " ca ni la mammanciari, caru maritu, la ma andare a
vinniri, ca na fari li scarpi novi e poi la vestinedda a Concetta".
Ma compare Bastiano disse alla moglie "per ora compriamolo poi si
ni parla"I due lo chiamarono informandosi del prezzo del bestiame,
"due tari, compare Bastiano" rispose il venditore".
"Se me lo date per un taro e mezzo lo compero" rispose
Bastiano. Il venditore che fino ad allora non aveva ancora venduto un
porcellino accettò l'offerta. Così quel porcellino diventò una
proprietà di quei coniugi, per poi poterci guadagnare quando sarebbe
cresciuto e rivenduto.
In pochi mesi il maialino alimentato dai pochi resti
di quella famiglia e aiutato anche dal vicinato, crebbe abbondantemente
tanto da pesare a dicembre circa 120 Kg. Bastiano ed Assunta erano molto
contenti, e speravano in un buon ricavato dalla vendita del maiale.
Fu infatti per questo che Bastiano alle cinque di
quel mattino , prendendo al guinzaglio il grasso maiale si avviò verso
la fiera del bestiame che si teneva in una località chiamata la
"Rocca" tra Morreale e Boccadifalco. La fiera era tutto un
movimento di animali e uomini, che vendeva capponi, agnelli, capretti,
galletti, conigli visto che si avvicinavano le ricorrenze natalizie. Vi
erano delle persone che vendevano frutta secca come fichi seccati al
sole, castagne, noci, mandorle, garrubbe. Si trovavano anche pistacchi e
dei legumi. Tutti i venditori erano intenti a gridare la loro mercanzia.
Bastiano faceva fatica a tenere a bada il grosso maiale infastidito dal
rumore di quella gente. Quel maialone era l'attrazione della fiera, era
raro vedere infatti una bestia di tali proporzioni. A chi si avvicinava
e domandava il prezzo di acquisto dell'animale, Bastiano rispondeva che
voleva 60 tari.
In quella fiera così animata c'era anche un frate
del Convento di San Martino delle scale, tutto incappucciato nel suo
saio era intento a scrutare i prezzi della merce, per comprare la più
conveniente. Accorgendosi di quel grosso maiale, rimase stupito padre
Cosimo, subito si girò pensando che fine avesse fatto il giardiniere
del Convento, lo chiamò tra le folla e si accorse che Masi il
giardiniere era intento a comprare lenticchi da una bancarella.
Avvicinandosi padre Cosimo disse: "c'è una bella occasione, di un
uomo mai visto prima in fiera con un grosso maiale, e visto che le feste
nataliezie sono vicine, voglio che ci facciamo una bella festa con una
bella abbuffata, so io come cucinare in tanti modi questo maiale,
salsiccia, cotolette, costolette, cotiche", Masi rispose: "
frate Cosimo ma dobbiamo rubare come ogni anno il maiale". "Se
noi rubiamo una volta l'anno chi c'è li fa assaggiare le salsicce e poi
il Signore ci perdona".
Fu così che frate Cosimo indiscretamente si avvicina
al povero Bastiano e con furberia osserva attentamente il maiale dicendo
tra se, ma ad alta voce: "É un porco o è uno scampirro? Bo!",
ripeteva sempre quella frase mentre girava e rigirava osservando
quell'animale. Bastiano infuriato e cieco per i nervi, nel sentire
denigrare il suo animale disse al frate: Ma cosa dite mai frate questo
mio animale è un porco", il padre serenamente dice:"il vostro
bestiame è un vero scampirro"; "No! Questo è un vero
porco", rispose Bastiano. Avvicinandosi ancora di più frate Cosimo
tocca il maiale come per disprezzo dicendo: " Non ci sono dubbi è
uno scampirro". "Come si vede che non avete mai visto un
maiale, non sapete distinguerlo da una scampirro", ribattè seccato
Bastiano. Il frate con l'aria di chi la sa lunga rispose: "guarbate
le orecchie, le sembrano quelle di un maiale. Guardate il muso, non
sembra quello di un maiale, guardate la coda e le zampe come sono
sgraziate, questo è una scampirro". Bastiano nel vedere
disprezzare quel suo animale ce aveva allevato con cura e con sacrifici
da parte di tutta la famiglia, molto seccato dice: "Se voi, caro
padre asserite che questo non è un porco, allora scommettiamo. Se
questo animale è uno scampirro come voi asserite io ve lo regalo, ma se
è un vero maiale voi mi date 60 tari". "Accetto la
scommessa" disse subito il frate, "vedete quell'uomo,
chiamatelo, vedremo se il vostro animale è un vero maiale".
Inferocito dall'ira Bastiano dice di essere disposto a chiamare quello
sconosciuto, ma che tutto questo era compito del frate. Frate Cosimo
sicuro di se fa cenno a quell'uomo di avvicinarsi, era Masi. Dopo una
lunga chiacchierata dove fu spiegato a quell'uomo che si trattava di una
scommessa su quell'animale, e sottointesi i patti della scommessa, Masi
cominciò a guardare e riguardare quel grosso animale, con l'aria di un
vero intenditore poi ad un tratto disse: "Mi dispiace per voi, caro
Bastiano ma questo non è un porco ma uno scampirro".
Sconcertato Bastiano pensò a quanta cura aveva messo
per crescere quell'animale sapendo che fosse un vero maiale.
Con l'aria soddisfatta, frate Cosimo afferra il
guinzaglio della bestia e si dilegua nella folla, felice di aver vinto
la scommessa.
Molti furono di dubbi di Bastiano circa la veracità
dell'accaduto, ma poi da vero gentiluomo non disse nulla e si avviò al
suo paese. Dove si mise ad aggiustare le scarpe. Arrivata la zà Assunta
si informò dove fossero di denari della vendita del porco, e non
ricevendo la risposta del marito, continuò a chiedere spiegazioni.
Bastiano raccontò di come era passato di fesso in quella scommessa.
Infuriata donna Assunta si tirava i capelli dalla testa e poi
avvicinandosi al marito scagliava contro le scarpe in riparazione.
Tutto questo Manolo Lorca lo ricordò in sogno, e si
raccomandò di essere calmo e di affrontare al meglio il suo nuovo
lavoro. Dopo un poco si sentì bussare alla porte, era la cameriera che
puliva tutte le stanze, ricordando a Manolo che ormai era tardi e che
doveva presentarsi in cucina. Si scusò per la mezz'ora di ritardo,
precisando che non ci sarebbe stata una seconda volta con il cuoco
Amedeo, che gli presentò il vassoio della colazione dicendo:
"Questo sarà il tuo nuovo lavoro, servire per tre volte al giorno
i nuovi padroni, a colazione, pranzo e cena, e qualche volta il
pomeriggio quando prendono il thé". Continuò Amedeo. "Vieni
con me ti porto nella sala da pranzo dove aspettano i nostri
padroni", dandogli anche la divisa da cameriere.
Manolo servì con molta attenzione e con molto garbo
per la prima volta quei nobili, e osservandoli attentamente riconobbe la
ragazza, era infatti quella fanciulla per cui si era allestita la festa
di compleanno, a cui aveva partecipato con zia Florenza.
Manolo Lorca nel tempo diventò sempre più sicuro di
sé nel servire quei nobili, anzi acquistò la fiducia di quella casa al
punto tale da venire considerato quasi come uno di famiglia.
L'unico suo pensiero e problema era la signorina
Rositas, con le sue pretese e i suoi capricci, specialmente quando
Manolo era costretto a rifiuare le avance della ragazza, così
innamorata di lui ma anche desiderosa di sesso. Specialmente quando era
da sola a colazione quando lo guardava e con le labbra piene d'amore gli
diceva: "Sto morendo per te mio adorato Manolo! La mia vita sta
rinascendo da quando ci sei tu, quanto vorrei amarti se tu volessi,
darei tutta la mia vita. Fammi sentire solo per un attimo la tua mano
nella mia", e donna Rositas prendeva la mano di Manolo con tanto
amore.
Il cameriere sempre con rispetto si scansava dicendo:
"Mi scusi signora Rositas, la ringrazio per aver regalato queste
belle parole d'amore, che certo sono per un nobile del suo ceto, io non
sono altro che un povero cameriere al suo servizio e tale voglio
esserlo.
Ma Rositas afferrando le due mani di Manolo continua:
"caro Manolo se tu sapessi quanto sono folle di te, come di
desidero, fammi accarezzare la tua barbetta." A quel punto il
cameriere si allontana bruscamente da lei, suscitando l'ira della donna,
che si alza di scatto e molla due sonori ceffoni a Manolo "Come osi
rifiutarmi, sporco di un cameriere", poi ritornando in se continua:
"Sei molto egoista a non darmi l'amore che ti chiedo, ma tu non
devi vedermi come una nobile ricca, ma come una donna desiderosa di
amarti". A questo punto Manolo senza dare altre spiegazioni si
allontana da quella stanza.
Rositas le corse dietro tentando ancora di
convingerlo, dicendogli di essere disposta a partire come per le lontane
Americhe in certa di fortuna". Manolo a sentire quelle parole
pensò a come era stata tutta contrariata la sua vita, prima illusa da
quel nobile che era Juan Francisco, che dalla povertà l'aveva portata
alla ricchezza, ora corteggiato da questa nobile, a lei che era una
donna e pergiunta povero. Rositas aspettava ancora una risposta da parte
di Manolo che continuava a testa bassa a guardare le ceramiche dentro il
vassoio che lui portava. Quando Rositas gli si avvicina all'orecchio e
gli dice se stava pensando alla sua proposta. "No! Non stavo
pensando alla sua proposta" ribattè seccato Manolo, "anzi non
voglio andarci nemmeno in America con lei, mi piacerebbe ma il nostro
amore è impossibile". "Perchè hai degli scrupoli"
continuò Rositas "forse hai una moglie e dei figli?".
Manolo a sentire quelle parole, pensò al
comportamento che avevano i nobili non guardavano i sentimenti degli
altri, arrabbiato disse che non voleva e che non l'avrebbe mai fatto.
Rositas vedendosi così rifiutata in quel modo, cieca
dalla rabbia fece volare il vassoio con le ceramiche urlando "Ti
farò punire per questo affronto, ti farò frustare fino alla
morte". Sentendo quelle parole Manolo Lorca pensò che in fondo la
morte era il suo destino, cominciò a gridare istericamente, tanto da
suscitare l'attenzione di don Raffaele Pineda e di sua moglie che
entrarono nella stanza in tutta fretta dicendo: "Cosa vi è
successo caro Manolo di gridare così, forse qualche dispetto della
signorina Rositas?, parlate non abbiate timore". E continuando
"forse Rositas ha passato i limiti coni suoi capricci, lo capisco,
non abbiate timore e non fateci caso". Anche donna Clementina che
conosceva bene il carattere di sua figlia, si avvicinò a Manolo e con
tanta gentilezza le dice: "Parlate, non avete mai fatto così da
quando siete in servizio in questa casa siete il cameriere più
affidabile". Dopo Raffaele vedendo Manolo raccogliere i pezzi di
ceramica da terra gli dice: "Perchè avete disubbidito a donna
Rositas". Ad un tratto si vide entrare come un fulmine Rositas
nella stanza e con tono raccapricciante dice ai genitori: "Mi fate
schifo, non sembrate dei veri nobili ma bensì dei missionari ad avere
pietà di questi miseri vermi, mostrate la vostra potenza e la vostra
superiorità, siate superiori alla comune razza umana". Donna
Clementina a sentire quelle parole pensò in se stessa che non sarebbe
mai cambiata. Rivolgendosi alla madre Rositas continuò: "Forse
avrai pietà di quest'uomo così sicuro di se, da fare capricci alla sua
padrona, non sapete cosa è stato capace di fare costui alla sua
padrona". Manolo non sapeva a cosa si rivolgesse la signorina con
quelle parole, tutto poteva pensare tranne che di essere accusato di
molestie nei confronti della signorina Rositas, mentre serviva la
colazione.
A sentire quelle parole i genitori dissero che per
quel fatto non c'era clemenza e che Manolo meritava la frusta.
A questo punto il cameriere, con tutto il sangue che
bolliva dentro, disse: "Ma come fate a dire queste parole? Non
avete un briciolo di coscienza accusandomi di un gesto che non ho
commesso".
Poi corse vicino alla donna Clementina e
inginocchiandosi, disse di crederle, che era una donna di circa 30 anni
e non era il servo che conosceva, di essere una ragazza molto sfortunata
"Voi donna Clementina che siete così buona e comprensiva,
aiutatemi, capite la ragione perchè non sono stato io a molestare
vostra figlia" e rivolgendosi a Rositas disse: "Era questa la
ragione quando le dicevo, mi piacerebbe ma non è possibile".
Ad un tratto, conoscendo la verità la signorita
Rositas si avvicinò a Rosalinda prendendola per la mano "Non sono
abituata a dire scusa, però farò del mio meglio per capirvi ed
aiutarvi".
Ormai Manolo Lorca non esisteva più e Rosalinda
raccontò tutti i particolari della festa di compleanno di Rositas molto
tempo addietro, finendo per raccontare tutta la sua triste storia. Di
non aver nessuna notizia dei suoi figli e di suo padre. Com'era triste
portare quella maschera di uomo sapendo che dentro era una donna. Poi
concluse con la storia di Manolo, dicendo che era disposta a rimanere
tale se era di loro piacere.
Concluse con un grande sospiro, dicendo di essere
disposta a fare tutto ciò che loro volevano.
Con tenerezza Rositas e donna Clementina prendono per
le braccia Rosalinda dicendole delle parole di conforto, e che da oggi
la sua vita cambierà, "Faremo di tutto perché voi siate la donna
che desiderate di essere". A questo punto don Raffaele disse a
Rosalinda che si sarebbe preoccupato personalmente perché lei avesse
giustizia e che l'avrebbe fatta pagare a Juan Francisco, "Sarò io
a scoprire la vostra innocenza e vi farò diventare come voi volete
essere, Rosalia Gorgone o Rosalinda Rodrigos.
Rosalinda disse che il suo cuore era diviso, lei
voleva restare Rosalia in quel quartiere di Ballarò insieme a tutta la
sua gente, ma voleva anche rivedere i propri cari figli.
Fu così che don Raffaele con tutta la sua influenza
di Procuratore di Napoli insieme alla moglie Clementina e alla figlia
Rosita architettarono un piano per portare alla luce l'innocenza di
Rosalinda.
Dapprina don Ferdinando fece delle ricerche sulla
vita passata di Juan Francisco, Procuratore di Palermo. Il suo
informatore di fiducia raccontò tutto quello che aveva scoperto, cioè
che Juan Francisco era vedovo della moglie morta in un incidente mentre
si recava al monte Pellegrino.
CAPITOLO III
"Da oggi in poi non sò come chiamarvi"
disse tutta allegra donna Rosita a quel bel giovanotto che era il Vice
Procuratore di Napoli, tutto vestito elegantemente. A guardarlo sembrava
veramente un giovanotto con quei baffetti sottilissimi finti, con il
sigaro in bocca e con quegli occhiali rotondi in oro.
"Giratevi, fatevi vedere" disse don
Raffaele a Rosalinda camuffata in quel modo "da oggi in poi sarete
il vice Procuratore di Napoli, faremo un viaggio insieme alla mia
famiglia a Palermo. E voi, caro Ferdinando Ferrante, infatti questo
sarà il vostro nome, farete l'ultima scena e l'ultimo personaggio di
questa storia".
Rosalinda si guardò allo specchio era difficile in
quel travestimento trovare la donna che si celava sotto quegli abiti.
"Farò tutto quello che il mio destino mi sta offrendo per
riscattare la donna che realmente sono".
Partirono per Palermo, come viaggio di amicizia e per
vedere la politica siciliana adottata dal Procuratore delle due Sicilie,
ad accompagnare don Raffaele c'erano la moglie la figlia e Rosalinda. Si
imbarcarono in un traghetto riservato ai nobili.
La loro visita era molto attesa in quel giorno
primaverile del mese di aprile, e in quel periodo di agitati movimenti
politici, c'era la banda, i fuochi d'artificio, nonchè delle ragazzine
con delle ceste piene di fiori. Ad attendere il postale c'era anche Juan
Francisco con Gualtiero.
La nave approdò al porto di Palermo, e Ferdinando
Ferrante nel vedere Palermo ebbe una fitta al cuore tanto da piangere
nel pensare ai momenti felici trascorsi in quella città. E rivolgendosi
alla sua città pensò che non l'avrebbe lasciata più che quello era un
viaggio pieno di speranza.
Scesero dalla nave "Margherita" e
Ferdinando Pineda si girò a salutare la nave che l'aveva portato nella
sua amata città, poi si chinò fino a baciare la terra di Palermo.
Quanta gente e quanta confusione c'era al porto ad aspettare quei nobili
e tra la banda e quella miriade di ragazzini i primi a scorgere Juan
Francisco furono don Raffaele e la sua famiglia. Vedendolo attorniato da
tutti quegli esponenti politici e dai suoi gemelli ebbero un tonfo al
cuore. Infatti erano così cresciuti, Ferdinando Ferrante si trovò
davanti a Juan Francisco che lo salutò con garbo dandogli la mano. Una
forte emozione attraversò il corpo di Rosalinda con quel contatto e nel
sentire dopo tanti anni ancora la voce di Juan Francisco, poi si rivolse
stringendo la mano ai suoi gemelli. Rosalinda riconobbe Pablo da Pedro,
stringendo loro la mano. "Sono proprio loro, i gemelli" disse
Rosita alla madre Clementina a bassa voce quando Juan Francisco diceva
il suo discorso di benvenuto.
Mentre si apprestavano ad entrare nella carrozza, si
sentì una voce paonazza tra la folla: "Via, fatemi largo voglio
vedere il Procuratore di Napoli". Era un povero straccione che
sgomitava tra la folla, che lo colpiva con pugni e calci. Ferdinando
Ferrante tese l'orecchio per sentire ancora quella voce, poi di scatto
le corse incontro facendosi anch'egli largo tra la folla. Trovò un
povero vecchio ansimante a terra tutto calpestato, avvicinandosi sentì
ancora quella voce: "Fatemi vedere il Procuratore di Napoli. Voglio
giustizia. Voglio sapere dov'è mia figlia". Non c'erano dubbi in
Rosalinda quello era suo padre, accarezzandogli la barba lo guardò
negli occhi. La gente sbigottita da quel gesto nobile cominciò a
suonare all'unisono: "Viva Viva il Procuratore di Napoli". I
nobili presenti nel vedere quella scena si indignarono. Non capivano
perchè un nobile si preoccupasse tanto per uno straccione, al punto
tale che Juan Francisco si avvicina a Ferdinando, dicendogli di assumere
un comportamento più adatto al suo rango, e chiamando i gendarmi ordina
che quel povero vecchio fosse portato via.
I quattro salirono nella carrozza, Rosalinda si
accorse che don Raffaele e la sua famiglia avevano capito che quell'uomo
era suo padre. Anche il cocchiere che aveva assistito a quella scena
capì l'accaduto. Era un uomo anziano ma con l'occhio ancora sveglio.:
Gualtiero.
Egli si preoccupò sapendo che se tutta la storia
fosse venuta a galla egli sarebbe morto da vigliacco.
Con molto rispetto Gualtiero aiutò quei nobili a
scendere dalla carrozza appena arrivati al Palazzo del Governo.
Ferdinando Ferrante e gli altri accompagnatori entrarono nel palazzo e
attraversarono un'immensa stanza, e quando Gualtiero cercò di far
accomodare nella sala da pranzo gli invitati disse sottovoce a
Ferdinando Ferrante: "Benvenuta signora Rosalinda Fernandes
Rodrigros", facendo capire di averla riconosciuta.
Entrarono in quella vasta stanza, dove aspettavano
molti invitati, mentre l'orchestra cominciava a suonare delle belle
musica, quando Ferdinando Ferrante con molto garbo invita una bella
ragazza a ballare. Vedendo quella scena Gualtiero ebbe dei dubbi circa
la vera personalità di quell'uomo, poi preferì non pensarci più.
Dopo aver ballato gli ospiti presero posto nella
tavola ben imbandita di buon cibo.
Rosalinda stava molto attenta per vedere se qualche
signore si sedesse vicino a Juan Francisco visto che le mogli degli
invitati sedevano al fianco dei rispettivi mariti. Nessuno si accostò a
Juan Francisco tranne i suoi gemelli. Con tanto stupore Rosalinda
guardava i figli seduti a tavola desinare con tanto garbo, quando don
Raffaele parlando sottovoce dice a Ferdinando: "Pensa Juan
Francisco mi ha appena detto che tu e mia figlia formate una bella
coppia".
Dopo aver cenato Ferdinando tirò fuori dal suo gilet
dei buoni sigari offrendoli agli ospiti e per primo a Juan Francisco.
Dopo un po' , essendo provati dal viaggio i quattro
si congedarono dal resto della comitiva, per andare a riposare.
Rosalinda pensava a quel giorno pieno di sorprese, ma
il suo pensiero principale era rivolto a suo padre.
Rosalinda disse a don Raffaele di prendirsi cura di
quel vecchio, perchè era in pericolo di vita visto che sospettava che
qualcuno in quella serata l'avesse riconosciuta."Allora diamoci da
fare" disse subito don Raffaele "da dove cominciamo?",
Rosalinda rispose: "prima di tutto vorrei la presenza di mio padre,
per capire cosa gli è successo". Ferdinando poi scusandosi con i
nobili presenti continuò rivolgendosi a Juan Francisco: "noi
arrivati a Palermo abbiamo visto due facce della realtà, quella nobile
che ci faceva tanto festa e tutta ben vestita, e quella dei poveri che
chiedevano giustizia. E quel mio gesto verso quel povero vecchio non
deve essere visto come debolezza ma come atto di umanità verso il
prossimo che soffre". "Voi parlate di quel povero pazzo che
era al molo oggi?" rispose Juan Francisco imbarazzato.
A questo punto intervenne, con tutta la sua
autorevolezza don Raffaele dicendo:"Lo sò che potrebbe sembrare un
problema da nulla tutta questa faccenda, ma io voglio vedere chiaro e
voglio interrogare quel vecchio che chiedeva giustizia". Juan
Francisco contrariato si alza in piedi e dice: "Mi sembra che voi
esagerate a dare così importanza ad un povero vecchio, visto che Napoli
come Palermo ne è piena". Molto seccato don Raffaele
concluse:"Avete ragione, anche Napoli è piena di poveri
straccioni, ma perché non volete che io interroghi quel poverello?, per
sentire le sue ragioni". A questo punto i nobili presenti si
alzarono approvando quello che aveva detto poco prima don Raffaele.
Infatti lui era sicuro di ciò che stava accadendo ed aveva incaricato
un suo servo fidato di andare a prelevare quel povero vecchio, che era
già nell'altra stanza che stava aspettando.
Lo fecero entrare nella stanza dove vi erano tutti
quei nobili e don Raffaele disse se qualcuno era disposto ad
interrogarlo. A questo punto Juan Francisco contrariato borbotta:
"Basta! Ma cos'è questa pagliacciata, condurre quì questo
mendecatto". Seccamente don Raffaele lo interruppe dicendo se era
intenzionato lui per primo ad interrogare quell'uomo ammunendolo di
guardarlo bene, se lo riconosceva."Osservatelo bene, perchè voi
dovreste conoscere quest'uomo che chiede giustizia", disse don
Raffaele. "Vi ricordate del suo nome, vi ricordate che questo è
vostro suocero e che voi siete sposato con Rosalinda Martinez Rodrigos.
Quei due poveretti che voi li avete trasformati in due nobili per poi
farne cosa?". Un cupo silenzio calò nella stanza. Juan Francisco
ascoltava a testa bassa le parole di don Raffaele, pensando come mai
quel nobile sapeva questi particolari.
Don Raffaele avvicinandosi a fianco di Juan Francisco
dice ad alta voce: "Cosa ne avete fatto di sua figlia? Che fina ha
fatto vostra moglie?". Juan Francisco rispose:" Lei è morta
circa 18 anni fa. Ma voi cosa siete un giudice un avvocato o
cosa"."
"Piuttosto rispondete, com'è morta vostra
moglie?". Juan Francisco non rispondeva e stava a testa bassa
mentre Rosalinda pensava che fosse molto arrabbiato per essere sotto
torchio e che finalmente avrebbe saputo la verità.
"Rispondete, vi prego!" ripeteva con
insistenza don Raffaele, "É stato un incidente, cadendo dalla
carrozza nel monte Pellegrino". "Ora spiegatemi perchè avete
umiliato così vostro suocero, facendolo passare per pazzo? Pur essendo
il nonno dei vostri nipoti?". Fu a quel punto che Juan Francisco
accecato dalla rabbia si alzò in piedi e urlò: "Perchè odiavo
tutti e tutto, non sopportavo l'idea di essere tradito da mia moglie con
il mio cugino Vanni José".
A sentire quelle parole Rosalinda senza esitare
disse: "Come fate ad essere sicuro del tradimento di vostra moglie.
Lei vi amava tantissimo". "Voi", rispose Juan Francisco
come mai siete così sicuro dell'amore di mia moglie?".
Fu a questo punto che senza esitare Rosalinda ti
toglie i baffi finti e si dà una strofinata ai cappelli e andando
vicino a Juan Francisco dice: "Perchè è la verità , è la sò
soltanto io che è un'infamia provocata da quel verme di tuo cugino
Vanni José. Perchè io sono Rosalia Gorgone".
Juan Francisco e gli altri ospiti restati inibiti
davanti a quella donna, quando Juan Francisco disse:"Non è
possibile, mia moglie Rosalinda è morta, c'era anche il mio fidato
servo Gualtiero che l'ha uccisa". "Non è vero, Gualtiero mi
ha salvato la vita lasciandomi in vita. Sono proprio io, ora io non
voglio il vostro amore, ma soltanto rivedere i miei figli ed
abbracciarli come madre".
Senza parole e visibilmente commosso Juan Francisco
abbraccia la moglie piangendo come un bambino. Vedendo quella scena
commovente anche gli invitati piansero, mentre la famiglia di don
Raffaele contenta e molto provata per aver riuscito a portare a galla la
verità si stringe in un lungo abbraccio.
Don Raffaele infine disse: "Tutto è passato,
Manolo, Ferdinando Ferrante, ora esiste solamente Rosalinda, quella
autentica e vera mamma e sposa felice.
Fu veramente così, Pietro Gorgone fu molto felice di
rivedere la figlia così come i due gemelli che ebbero la loro vera
madre.
Passavano molto tempo a raccontarsi la vita passata e
le vicende accadute a Rosalinda, mentre Juan Francisco la circondava di
affetto.
Pensarono che da tramite ci fosse Nerina, quella
brava cameriera che aveva architettato tutto insieme a Vanni Josè.
"Voglio punirli con la morte" disse Juan Francisco alla moglie
"perché ci ha fatto soffrire tanto, datemi voi un consiglio cara
moglie".
Fu allora che Rosalinda, linda e pura come sempre,
disse" Li perdoneremo. Perché come si dice la miglior condanna è
il perdono".